Altro passo decisivo dell’Unione europea verso la confisca dei circa 260 miliardi di fondi depositati dalla Banca centrale russa ed altre entità russe in Europa, Regno Unito, Canada e Usa. Gran parte di questi fondi, cioè 191 miliardi di euro in obbligazioni e depositi bancari, si trovano nel depositario belga Euroclear. A soggetti come questo è rivolta la Decisione e il Regolamento adottati ieri dal Consiglio europeo. Chi detiene i fondi congelati deve contabilizzare separatamente le attività finanziarie in deposito e i proventi corrispondenti che maturano nel tempo. A ciò si aggiunge il divieto di corrispondere quei proventi ai legittimi proprietari delle attività finanziarie. Come evidenziato dalla Verità, è un passo preliminare per arrivare alla decisione di confiscare i fondi della Russia.



La società belga ha dichiarato che nel 2023 i proventi sono stati pari a 4,4 miliardi di euro e che stava accantonando e rilevando contabilmente in maniera separata quelle somme. Le norme varate dal Consiglio Ue, comunque, non potranno applicarsi in modo retroattivo ai proventi già maturati, ma solo a quelli futuri che, comunque, potrebbero essere non così importanti come quelli del 2023. Dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, quei beni furono sequestrati, sottratti momentaneamente alla disponibilità dei proprietari, ma senza procedere definitivamente con la confisca. Questione che ha sollevato molte perplessità di natura giuridica in Francia, Germania e nella Bce, ma anche per Fabio Panetta, governatore di Bankitalia. Il rischio è di minare il ruolo dell’euro come valuta internazionale di riserva. Con un precedente di questo tipo, quali altre banche centrali rischierebbero di depositare attività finanziarie in Europa?



PIANO PER CONFISCA FONDI RUSSI: BOOMERANG UE?

Il tema dei fondi russi ha aperto un dibattito molto acceso in Europa e dimostra ciò che nessuno vuole ammettere: nessuno vuole pagare per l’Ucraina e il bilancio Ue è già finito. Da qui l’idea di metter le mani sui fondi russi. Ne ha parlato anche l’economista Sergei Guriev, che insegna presso l’università Sciences Po di Parigi, al Washington Post, dichiarando che «senza l’uso dei fondi russi, saranno i governi ed i contribuenti occidentali a pagare, non c’è altra opzione disponibile». Lo stallo sugli aiuti all’Ucraina è durato a lungo proprio perché non si è riusciti a trovare un modo legale per confiscare i fondi russi e dirottarli a favore della ricostruzione. L’ultima idea è stata prospettata dal Belgio, in un documento circolato tra le capitali del G7: usare gli asset russi come garanzia per emissione di obbligazioni eseguite dai Paesi occidentali o dalla Ue, i cui proventi sarebbero usati per finanziare la ricostruzione dell’Ucraina.



Come riportato dalla Verità, il piano prevede che il capitale debba essere rimborsato dalla Russia e, in caso di rifiuto, sarebbero usati i fondi sequestrati. Il compromesso, però, rimanda i dubbi sull’appropriazione delle attività finanziarie russe, senza risolverli. Il Financial Times nei giorni scorsi ha riportato cosa ha fatto la Russia di fronte all’impossibilità di pagare gli interessi sulle obbligazioni da loro emesse e comprate da numerosi investitori occidentali ben prima del 2022. Si tratta di circa 40 miliardi di dollari di debiti russi su cui i creditori occidentali non riescono a incassare gli interessi. Stanchi di questa situazione, hanno venduto questi titoli a intermediari del Kazakhistan ad un prezzo scontato (intorno al 70% del valore nominale del titolo). Questi ultimi poi li hanno rivenduti ai russi, con un discreto margine. Il risultate finale è che i russi si sono ricomprati il proprio debito a sconto, con guadagni miliardari.