Durante il culmine della crisi economica degli anni ’70, il Governo della Repubblica d’Irlanda decise di approvare misure fiscali volte a rendere più attraente aprire filiali in Irlanda per le imprese straniere.
Apple Inc. (costituita in California, Usa), traendo vantaggio da queste misure fiscali, decise di aprire alcune filiali del gruppo in Irlanda. Apple Operations International è una filiale interamente posseduta da Apple Inc. Apple Operations International possiede interamente la filiale Apple Operations Europe (AOE), che a sua volta possiede interamente la sussidiaria Apple Sales International (ASI). ASI e AOE sono entrambe società costituite in Irlanda, ma inizialmente non erano residenti fiscali in Irlanda. Questo in quanto le attività di ASI e AOE includevano la gestione della proprietà intellettuale di Apple in Irlanda ma le decisioni strategiche in relazione a questa attività venivano svolte da Apple Inc., dagli Stati Uniti.
La controversia tra la Commissione europea e Apple ebbe inizio nel 2016 quando, dopo due anni di indagini, la Commissione ordinò ad Apple di pagare retrospettivamente 13 miliardi di euro di tasse all’Irlanda, considerati dalla Commissione aiuti di stato illegittimi. Nelle sue indagini, la Commissione contestò i metodi di allocazione degli utili dell’Irish Revenue nel calcolo del reddito imponibile di ASI e AOE. La Commissione concluse che tali metodi erano viziati, perché escludevano dal calcolo della base imponibile gli utili generati dall’uso delle licenze di proprietà intellettuale detenute dalle due sussidiarie Apple.
In altre parole, la Commissione ritenne che l’esclusione dall’imposta nazionale di tutti gli utili generati dall’uso delle licenze di proprietà intellettuale detenute da ASI e AOE unicamente perché la sede centrale di tali società era situata al di fuori dell’Irlanda e la gestione di tali licenze dipendeva da decisioni adottate a livello del Gruppo Apple negli Stati Uniti, avesse conferito a tali società un aiuto di stato illegittimo e incompatibile con la buona gestione del mercato unico europeo.
Apple e la Repubblica d’Irlanda fecero ricorso contro la decisione della Commissione al Tribunale, che la annullò nel 2020. Secondo il Tribunale, la Commissione non era riuscita a dimostrare che il trattamento fiscale riservato ad Apple avesse innescato un vantaggio selettivo rispetto ad altre aziende concorrenti, tale da configurare l’esistenza di un aiuto di stato a favore di Apple. Tuttavia, la Commissione, a sua volta, fece ricorso alla Corte di Giustizia, chiedendo che la decisione del Tribunale fosse annullata.
Il 10 settembre 2024 la Corte di Giustizia ha confermato l’approccio della Commissione e ha annullato la decisione del Tribunale. La sentenza della Corte di Giustizia nel caso Apple colloca la giurisprudenza sugli aiuti di stato in un limbo di incertezza giuridica rendendo difficile, sia per gli enti fiscali degli Stati membri, sia per le aziende, comprendere come dovranno comportarsi in futuro o come avrebbero dovuto comportarsi in passato. Infatti, la sentenza del caso Apple sembra essere in contrasto con la precedente giurisprudenza della Corte sugli aiuti di stato in cui, in situazioni analoghe, la Corte aveva negato la presenza di un vantaggio selettivo (per un ulteriore approfondimento sul punto si consiglia Case C465/20 P Commission v Ireland and Others The Apple Tax case against Ireland – A saga of lurking issues, unintended consequences and legal uncertainty, by Berneri and Parks).
Resta da vedere se il caso Apple stabilirà una nuova linea di giurisprudenza sugli aiuti di stato o se sarà relegato unicamente a un’eccezione. Attualmente sono ancora aperte diverse indagini di alto profilo della Commissione, quindi avremo una risposta a questa domanda nei prossimi anni. Nel frattempo è consigliabile che le imprese inizino a collaborare non solo con le autorità fiscali degli Stati membri, ma anche con la Commissione europea, per evitare di trascurare elementi fiscali critici che potrebbero innescare l’applicazione delle norme europee sugli aiuti di stato ai loro affari.
Jack Sheehan ha affermato che dovremmo “pensare alla povera Irlanda, costretta a riscuotere 13 miliardi di euro da Apple contro la sua volontà”. Per quanto possa sembrare folle costringere un Paese a riscuotere denaro che non vuole, il diritto Ue richiede agli Stati membri di recuperare i frutti di un trattamento fiscale favorevole in violazione delle norme sugli aiuti di stato dai beneficiari di tale trattamento favorevole. Infatti, secondo il diritto comunitario, l’ordine di recupero non è una punizione, ma un modo per ripristinare le condizioni del mercato interno alla situazione in cui si trovavano prima della concessione dell’aiuto di stato.
La definitività della sentenza nel caso Apple è stata in qualche modo sorprendente, poiché in molti si aspettavano che il caso fosse rinviato al Tribunale. Tuttavia, la Corte ha dichiarato che la decisione è ormai definitiva. Considerando i problemi che oggi attanagliano l’Irlanda, non da ultimo in tema di infrastrutture, c’è da sperare che il denaro recuperato sia utilizzato saggiamente e “non per acquistare 16 milioni di iPhone, con tanto di scuse ad Apple“.
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