Poco più di una settimana dopo la proposta di Ursula von der Leyen sulla costituzione di un fondo sovrano europeo come risposta all’Inflation reduction act (Ira) statunitense, la situazione nell’Ue appare più che mai caotica.
Il Premier olandese, Mark Rutte, non sembra convinto né dall’idea di un nuovo fondo comune come il Next Generation Eu o lo Sure, né da un allentamento delle regole sugli aiuti di Stato, una soluzione che invece pare essere gradita al Cancelliere tedesco Olaf Scholz, viste le possibilità di spesa della Germania, ma che metterebbe in difficoltà Paesi con spazi fiscali limitati tra cui l’Italia.
Come pensa, quindi, di rispondere l’Ue alla sfida arrivata dagli Stati Uniti? «Per adesso – ricorda Mario Deaglio, Professore emerito di Economia internazionale all’Università di Torino – si può contare sul Carbon board adjustment mechanism (Cbam), su cui è stato recentemente raggiunto un accordo tra Consiglio e Parlamento europeo, che porterà all’introduzione di un’imposta sull’importazione di prodotti provenienti da Paesi con leggi sulle emissioni di CO2 meno severe di quelle dell’Ue. In questo modo si cercherà di riequilibrare i costi produttivi tra le imprese europee ed extraeuropee. Ursula von der Leyen ha anche spiegato che c’è l’intenzione di continuare a trattare con gli Stati Uniti per evitare uno scontro frontale. La paura degli europei è che un certo numero di loro grandi società sposti i propri investimenti in America».
Un timore che non sembra poter essere cancellato da una “carbon tax” europea sulle importazioni…
Non totalmente. Per questo si dovrà fare qualcosa in più, ma al momento ci sono solo proposte abbozzate, posizioni diverse. In ogni caso, allentare semplicemente le regole sugli aiuti di Stato rischia di creare dei divari tra i Paesi, vista la differente capacità di spesa che hanno, per questo c’è chi è favorevole e chi contrario.
Si può trovare un compromesso tra posizioni così diverse?
È difficile dirlo, perché non abbiamo mai visto nel passato una situazione del genere. Servirebbe quanto meno una regia europea, ma qui il discorso si complica perché emergono anche questioni più prettamente politiche e geopolitiche in un contesto tra l’altro molto fluido.
Quando c’è stata la pandemia si è trovato spazio sia per fondi finanziati con debito comune che per un allentamento delle regole sugli aiuti di Stato. Non si potrebbe riproporre una formula analoga?
In teoria sì, ma poi sulle cifre complessive e le quantità che spetterebbero ai singoli Paesi non sarebbe affatto semplice trovare un accordo. Bisognerebbe riuscire a vedere oltre questo momento di confusione, ma non abbiamo gli strumenti per farlo.
Anche perché c’è la necessità di trovare un’intesa anche su un altro dossier europeo importante come la riforma del Patto di stabilità e crescita. C’è il rischio che di fatto sullo stesso tavolo si giochino diverse partite cruciali per il futuro dell’Ue e dei Paesi che ne fanno parte?
Sì e purtroppo su questo tavolo coloro che dovrebbero prendere per primi la parola, cioè i tedeschi, non lo fanno, non riescono a esprimere alcuna visione o strategia. Questa è una delle conseguenze dell’eterogeneità della coalizione semaforo. Nei giorni scorsi abbiamo visto che la Spd ha approvato un documento in cui si esprime a favore di fondi comuni europei per rispondere all’Ira, ma poi il Cancelliere Scholz, che è esponente di quel partito, ha frenato l’iniziativa della von der Leyen che andava proprio in quella direzione.
Non potrebbe essere allora la Francia a prendere l’iniziativa?
Il problema è che Macron non ha la maggioranza in Parlamento e stiamo vedendo in questi giorni una forte mobilitazione contro la riforma delle pensioni del Governo. Il Paese è spaccato e il Presidente è un’anatra zoppa in questo momento: è indebolito anche sul fronte esterno, oltre che interno.
Nemmeno la Commissione europea sembra solida, i suoi membri si esprimono spesso con pareri contrastanti o comunque non univoci.
Sì, è così.
Un grande vantaggio per Stati Uniti e Cina…
Forse sì, ma nemmeno questi due Paesi attraversano un buon momento. Il caso dei documenti riservati ritrovati a casa di Biden non è da sottovalutare, ce n’erano anche di riguardanti l’Ucraina e sono noti i sospetti di affari non proprio cristallini tra suo figlio Hunter e Kiev. Un Presidente che cerca la rielezione non dovrebbe avere scheletri nell’armadio o documenti riservati nel cassetto. Anche la Cina non vive un periodo brillante, sia dal punto di vista sanitario che finanziario, con un grosso interrogativo sulle reali condizioni del settore immobiliare. In questo momento, se dovessi individuare un Paese che va bene direi l’India.
Negli scorsi anni la Bce, soprattutto con la guida di Draghi, ha rappresentato in qualche modo un faro nella politica europea. Oggi non può avere lo stesso ruolo?
La Lagarde non è un personaggio di secondo piano, ma non possiamo dimenticare che a settembre ha paventato l’arrivo di una grande crisi, mentre pochi giorni fa a Davos ha sostenuto che non ci sarà. In uno dei due casi ha detto qualcosa di troppo. A questo punto, però, salirà la pressione per mettere un freno alla politica annunciata sui tassi, vista l’incertezza sulla situazione dell’economia.
Da parte italiana questa pressione si è vista. Verrà solo dal nostro Paese?
Penso che almeno mezza Germania sia sulla stessa linea e che anche in altri Paesi ci sia la medesima preoccupazione per un’eccessiva stretta da parte della Bce. Vedremo come andranno le cose alla riunione del Consiglio direttivo di settimana prossima. Sarà anche importante seguire un’altra vicenda che non è economica, ma che, come accennavo prima parlando delle questioni geopolitiche, ha una rilevanza notevole.
A che cosa si riferisce?
Alla guerra in Ucraina. Negli ultimi giorni abbiamo registrato elementi di discontinuità rispetto al passato, dall’ondata di dimissioni nel Governo di Kiev per corruzione al passaggio del comando delle operazioni russe a Gerasimov che sembra aver messo fine ai bombardamenti diffusi delle settimane precedenti. Qualcosa si muove, ma non possiamo che aspettare di vedere quali saranno gli sviluppi di questo conflitto che è molto importante per le questioni economiche e politiche europee.
(Lorenzo Torrisi)
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