Sul fronte esterno, nei rapporti con l’Europa, in attesa che il Governo risponda ai dubbi sui conti pubblici, il vicepremier Matteo Salvini ha ribadito da Washington che “la flat tax si farà e la Ue se ne farà una ragione”. Anche sul fronte interno, dopo che l’alleanza giallo-verde è diventata più verde che gialla, la scorsa settimana, al termine del Consiglio federale della Lega, Salvini aveva già lanciato un messaggio inequivocabile: “Abbiamo ribadito all’unanimità che i dossier su cui lavorare e ottenere risultati concreti per le prossime settimane sono il taglio delle tasse e la riforma della giustizia”. E in merito al fisco, Salvini intende dar vita a “un taglio delle tasse forte, una rivoluzione fiscale alla Trump”. Un intendimento che farà già parte dei nuovi elementi che il premier Conte e il ministro Tria presenteranno alla Ue? E come reagirà Bruxelles? Dobbiamo aspettarci un muro contro muro con l’Europa sulla flat tax? Lo abbiamo chiesto a Sergio Cesaratto, professore di economia politica all’Università di Siena.



La Ue ha dato una settimana di tempo all’Italia per rispondere sui conti pubblici e il ministro Tria ha detto: “anticiperò i nostri programmi per questo e l’anno prossimo”. Secondo lei, ci saranno indicazioni su clausole di salvaguardia e flat tax?

Mah, per quello che la politica gli consentirà, molto poco, visto che in politica, in particolare in quella italiana, si tira a campare. Potendo dire poco, presenterà dati a legislazione invariata. Probabilmente Francia e Germania non vogliono calcare la mano sulla procedura di infrazione, ma non credo che si accontenteranno delle cifre di Tria.



Sulla flat tax, o almeno sulla riduzione delle tasse, con Salvini è d’accordo anche Di Maio. Ma come ha sottolineato Tria, il nodo resta il deficit e dunque la misura è al momento in stand bye. La Lega terrà duro e la flat tax si farà in deficit? O è possibile rimodellarla?

Una riduzione delle imposte sui redditi medio-bassi può rilanciare i consumi, ma solo se finanziata da maggiori imposte su quelli alti o sui patrimoni. Se invece la riduzione è finanziata con tagli a deduzioni e detrazioni per molti contribuenti il gioco è in perdita. Se poi il finanziamento alla flat tax arriva dai tagli alla spesa sociale, la truffa neo-liberista diventa evidente. Un antico teorema keynesiano suggerisce che se si tagliano imposte e spesa pubblica in egual misura, il reddito cade.



Sarà davvero la misura choc che ridarà smalto all’economia e alla ripresa dell’Italia?

Sì, la flat tax è uno choc, ma non quello che pensa Salvini. O pensa di finanziarsi con i mini-Bot? Di Maio tira a campare: sì alla flat tax, no ai tagli. Una strategia di corto respiro. Il rifiuto del M5s di ogni sostegno intellettuale a proposte alternative li porta a campare alla giornata, un lento suicidio per loro. La vicenda dei “navigator” è sconfortante. Anche un ignorante sa che si tratta di assunzioni inutili: come fa una persona che non trova lavoro a guidare altri alla ricerca di posti che, peraltro, al Sud manco ci sono? Perché non si sono assunti ricercatori universitari?

Finora la Commissione si è mostrata contraria all’ipotesi di una flat tax. Come sarà possibile convincerla? E l’Italia troverà qualche Paese Ue disposta ad appoggiarla in questa richiesta?

Non vedo chi potrebbe avere il minimo interesse a sostenere la flat tax: come potrebbe un governo europeo difendere davanti ai propri elettori un sostegno a una proposta che viene da Salvini e che è volta a ridurre le tasse in un Paese ad alto debito?

Se la Ue dovesse continuare a dire di no alla flat tax, lei pensa che la Lega andrà davvero al muro contro muro con l’Europa fino alla rottura del dialogo con Bruxelles? E se fosse necessario, Salvini potrebbe arrivare anche a far saltare il Governo?

Cosa abbia in testa la Lega non è chiaro. E’ possibile che vogliano andare alla rottura. Ma sanno che non basta l’emissione di mini-Bot – ammesso che non tanto la Commissione, quanto i mercati glieli facciano fare – per consentire al Paese un passaggio relativamente indolore da una moneta a un’altra. Tutti i nostri pagamenti bancari, dai bonifici alle carte di credito, viaggiano su Target 2, una piattaforma elettronica da cui saremmo disconnessi una volta usciti. Per rifarne un’altra servono mesi, con un Pil a zero. Forse sanno di altre soluzioni tecniche. Il mio sospetto è che non abbiano nessuna intenzione di uscire, anche per ragioni di consenso, e che in autunno di fronte all’insostenibilità della flat tax, affosseranno il governo, incolpando Europa e M5s di non  aver voluto il taglio delle tasse e i mini-Bot. Avremo nuove elezioni in un Paese in decrescita e con spread insostenibili.

Alternative?

Ci sono proposte più serie in giro, in particolare quanto autorevolmente detto dal presidente della Consob, Paolo Savona, che è meritevole di attenzione, e non lontano da quanto da me sostenuto nell’intervista della scorsa settimana. Le finanze pubbliche italiane, argomenta Savona, sono ben più solide di quanto si voglia far credere, in primo luogo perché il Paese è un creditore netto verso l’estero, cosa non vera per Francia e Spagna, per esempio. Il problema è che il Pil riprenda a crescere e una ripresa guidata dagli investimenti – inclusi, come dice Alberto Bagnai, quelli in istruzione e ricerca – sarebbe probabilmente più accettabile in Europa.

Perché?

Condizione per stabilizzare, ed eventualmente ridurre, il rapporto debito/Pil è che il debito cresca meno del Pil. Questo è possibile con una significativa riduzione dei tassi sul debito che l’Europa dovrebbe assicurarci. La proposta di Savona è limpida: il Fondo europeo di stabilità potrebbe emettere titoli a bassi tassi con cui rilevare quote dei debiti nazionali. I risparmi sugli interessi aprirebbero spazi fiscali per finanziare gli investimenti e anche i redditi più bassi.

Ma la Ue accetterà questa soluzione?

Per carità, l’ottusità europea è tale che le proposte di buon senso hanno poco riscontro. Ma ora non si sta andando da nessuna parte, e il rischio è un progressivo aggravio della spesa per interessi che peserà negli anni a venire, restringendo sempre più gli spazi fiscali.

(Marco Biscella)