Tensione alle stelle tra Unione Europea e Polonia sullo stato di diritto. Per non aver smantellato la Camera disciplinare dei magistrati – organismo controllato, seppur in modo indiretto, dal potere politico, minando l’indipendenza dei giudici – la Corte di giustizia europea ha infatti annunciato di aver condannato Varsavia a pagare una sanzione di un milione di euro al giorno, la “più alta mai comminata ad uno Stato membro”, come ha ricordato il commissario alla Giustizia, Didier Reynders. Immediata la replica della Polonia: “Non pagheremo un centesimo”.



La Commissione europea aveva chiesto un mese fa le sanzioni dopo che la Polonia ha ignorato le richieste di luglio della Corte di “sospendere immediatamente” il suo sistema di disciplina giudiziaria e Bruxelles si è detta pronta a usare “tutte le misure a nostra disposizione”. Perché si è arrivati a questo braccio di ferro? Dove rischia di portare l’Europa? Ne abbiamo parlato con Alessandro Mangia, ordinario di diritto costituzionale all’Università Cattolica di Milano.



Torna a salire il livello di scontro tra Unione Europea e Polonia. Come va interpretato questo segnale? Scricchiola il progetto europeo?

Beh, direi che nel progetto europeo gli scricchiolii si stanno trasformando in qualcos’altro. E non da oggi.

Da quanto si sentono?

Prima la Brexit, poi le minacce alla Germania di aprire un procedimento di infrazione per le decisioni del Tribunale Costituzionale tedesco sulla questione del Pepp. Adesso la stessa situazione si sta avendo con la Polonia. Con la quale, naturalmente, è molto più facile fare la voce grossa che con la Germania. Tra un po’ la Commissione minaccerà la Commissione di agire al di fuori dai Trattati. E, se volesse essere coerente, dovrebbe aprire davanti alla Corte di Giustizia una procedura d’infrazione contro se stessa. Sa una cosa?



Cosa?

Non lo escludo affatto.

Che cosa glielo fa pensare?

In Commissione sono talmente stralunati dal Pilota automatico che li governa, che potrebbero anche proporre una cosa del genere. Sarebbe molto coerente, se ci pensa, con l’illogica che guida le istituzioni europee da almeno dieci anni.

Addirittura illogica?

Si dice che i padri dell’Europa siano stati Jean Monnet, Robert Schuman e qualche altro. In altri tempi è stato vero. Purtroppo è da qualche anno che le istituzioni europee hanno svoltato. E hanno eletto Alfred Jarry ed Ennio Flaiano a numi tutelari del Continente. Senza nemmeno rendersene conto.

Un esempio d’irrazionalità delle istituzioni Ue?

Provi a chiedere a un funzionario di Bruxelles proveniente da qualche angolo d’Europa con un qualche master in Economia o in Studi europei, sfornato da qualche università sovvenzionata dalla Commissione, se sa chi sono Jarry e Flaiano senza ricorrere a Wikipedia. E avrà la prova di quel che le dico. Questa è la classe dirigente che sta a Bruxelles e che guida un continente guardando tutti con sufficienza. E che distribuisce minacce, pagelle e sanzioni in nome di una sua immagine fantasiosa dell’economia. O, peggio ancora, dello Stato di diritto. Che è il feticcio che si brandisce adesso contro la Polonia. Anzi, ne è la sua caricatura.

Perché dice questo?

Perché è dai tempi della crisi dei debiti sovrani – e cioè, per capirci, dai tempi del Governo Monti, che di quella crisi è stato il frutto più puro – che l’Europa opera fuori dai Trattati. Ed è potuta sopravvivere solo a prezzo di sospendere se stessa. Sia chiaro: che sia sopravvissuta è un bene, visti gli effetti che sarebbero potuti discendere della deflagrazione della Zona euro che si rischiava in quel periodo.

Però?

Però è altrettanto chiaro che da lì in poi si è andati sempre peggio. Il caso della Polonia è solo l’ultimo di una serie di episodi che si sono fatti sempre più vicini nel tempo. E che sono il segno che l’edificio senza fondamenta eretto a fatica nel ’92, dopo la Riunificazione tedesca, non tiene più.

Dove traballa l’edificio europeo?

La verità è che l’Europa è un’istituzione che si sta sgretolando velocemente. E cerca un nemico immaginario per compattarsi. E siccome negli Usa non c’è più Trump, i nemici si cercano all’interno. Ora è il turno della Polonia.

Fino a ieri erano la Germania e la sua Corte costituzionale

La Germania, per quanto sia nel suo momento di massima debolezza dai tempi di Schröder, è ancora un osso troppo duro da rodere.

E con il Regno Unito?

È finita come sappiamo. Un’Europa senza Regno Unito è condannata a essere un topo di terra, come diceva bene Carl Schmitt. Preso fra il Leviatano che governa il Mare, e il Behemoth che governa la Terra.

Ma perché Bruxelles vuole un nemico interno?

Il punto è sempre quello. La natura incompleta dell’Unione. È il nodo mai risolto della sovranità. L’Unione è solo la replica funzionale di una federazione. Ma non è una federazione come lo sono gli Usa. È stata costruita sull’azzardo francese di Mitterrand per ingabbiare la Germania riunita. Ha invertito la logica del vecchio Piano Werner del 1969 sulla moneta unica. Nel 1969, quando ancora si ragionava, si diceva: prima allineiamo le economie e poi sarà naturale fare la moneta unica.

Ma nel 1992 si è scelto di fare il contrario, non è così?

Infatti. Si è scelto di fare la moneta unica dicendo che questo avrebbe costretto le economie europee ad allinearsi. La moneta unica avrebbe generato l’allineamento fra economie, sistema politici e società diversissimi per lingua, storia e cultura. Una follia.

Il risultato?

È stato, come le dicevo, l’avvento di Jarry e Flaiano al posto di Monnet e Schuman. Questa inversione logica, dettata dal terrore francese del vicino tedesco, ha spaccato economicamente il continente una prima volta ai tempi di Monti. E ora, trent’anni dopo Maastricht, e dieci anni dopo Monti e il suo governo, lo sta spaccando politicamente con la Polonia. Anche per cause esterne concomitanti, sia chiaro. Le spiegazioni monocausali sono sempre ridicole. Ma questo è il vizio d’origine di un edificio senza fondamenta come è l’Unione Europea. Alla fine, quando costruisci una Torre di Babele di lingue, culture e interessi diversi su uno chalet senza fondamenta, prima hai gli scricchiolii, poi hai crepe, e poi hai sovraccarichi che portano al crollo.

L’Europa è quindi una Torre di Babele che sta crollando sotto il suo peso?

Sì. E questo è spaventoso per tutti i suoi inquilini. Perché, se non ce ne siamo accorti, gli inquilini del condominio siamo noi.

Torniamo alle tensioni Ue-Polonia. Quanto sono reali le minacce di Bruxelles contro Varsavia? E perché anche Varsavia fa la voce così grossa con Bruxelles?

La Polonia non fa la voce grossa. Semplicemente fa la Polonia e vuole semplicemente continuare ad essere, e a fare, la Polonia. Come ha sempre fatto nella storia europea. I funzionari di Bruxelles possono anche aver studiato qualcosa di storia, ma, se l’hanno fatto, di sicuro non l’hanno capita.

Dove sta il cortocircuito?

La Polonia è un paese con una forte rappresentazione spirituale di sé, nonostante la penetrazione culturale indotta dal modello economico e sociale europeo. E difende solo la propria identità, come lo stesso Trattato Ue le garantisce all’articolo 4, comma 2 del Tue. Ma i Trattati europei sono tanto difficili da leggere come facili da distorcere. E tutto si può bilanciare a parole. Soprattutto su giornali che ormai anticipano sentenze. In Italia come in Europa.

Dobbiamo rimpiangere la Polonia di Solidarnosc?

Trent’anni fa in Europa Solidarnosc che sfilava era l’immagine del Bene, adesso che i minatori polacchi vanno a sfilare per la chiusura delle miniere e contro multe ridicole perché il carbone polacco inquina i tersi cieli d’Europa, sono l’impero del Male. Capisce che o è successo qualcosa all’Europa, o è successo qualcosa a Solidarnosc. Veda lei. Del resto, la Polonia è abituata a queste cose. Da sempre. Basta studiare un po’ di storia. E poi cercare di capirla, quella storia. Che in questa parte d’Europa si conosce poco e si capisce meno.

Secondo lei, sotto schiaffo non c’è solo la Ue, ma anche la Nato, come ha dimostrato la minaccia, poi ritirata, di Erdogan di cacciare 10 ambasciatori occidentali, di cui 6 europei?

È ovvio che sia così. Nato e Cee nascono assieme per volontà americana e sono due strumenti complementari per la stabilizzazione di un pezzo di Eurasia prospiciente l’Atlantico. Chi non capisce questo non capisce nulla di ciò che è avvenuto prima e dopo il 1989, con la riunificazione, e il 1992 con Maastricht. C’è un bel libro di uno storico, Paolo Bertella Farnetti (Gli Stati Uniti e l’Unità Europea. 1940-1950. Percorsi di un’idea, Milano 2004), ormai difficile da trovare, che spiega tutto molto bene. I Padri d’Europa sono Kennan, Fulbright e qualche altro tra gli anni 40 e 50. Non Schuman, Monnet e qualche altro negli anni 50 e 60. E nemmeno Jarry e Flaiano, e qualche altro, tra il 2010 e il 2020. Lo sfaldarsi contemporaneo di Nato e della Ue sono due facce di una stessa medaglia.

In mezzo a tutto questo la ministra della Difesa tedesca parla di intervento nucleare sul Baltico e sul mar Nero. Che ne pensa?

È un segno del nervosismo che regna nel continente. Da una parte si aprono conflitti economici e politici all’interno dell’Europa, con Regno Unito, Germania e Polonia. E contemporaneamente si parla di surreali eserciti europei comandati da non si sa chi, in una fase che è di crisi tanto della Ue come della Nato. Si stanno accendendo conflitti di cui non si avverte alcun bisogno. Non mi stupirei se a breve qualcuno invocasse l’assalto finale a Kaliningrad per liberarla, e ribattezzarla Koenigsberg in nome di Kant, dello Stato di diritto e della Pace Perpetua. E bisogna mandare i Rafale perché i tempi di lancio da Kaliningrad a Berlino sono minuti, e il diritto lo impone. Gliel’ho detto: siamo il continente dei diritti di carta e dei bilanciamenti impossibili. Ha ragione Luttwak a dire che periodicamente l’Europa impazzisce, e tocca sempre agli stessi rimettere a posto le cose. È che in genere rimettere a posto le cose costa caro. All’Europa.

(Marco Biscella)

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