Russia e Stati Uniti ieri erano ancora su posizioni molto distanti rispetto alla crisi ucraina e alla possibilità di un’ulteriore espansione della Nato a est. L’Europa tenta una posizione terza per scongiurare un peggioramento del conflitto che potrebbe portare, a seconda della sua gravità, a nuove sanzioni economiche o a una guerra “calda”. Le ragioni di questa terzietà sono sorprendentemente poco pubblicizzate anche se i “mercati” sembrano averle ben presenti. 



La Russia, per esempio, è di gran lunga il primo esportatore di gas in Italia (circa il 40%), il secondo (l’Algeria) è ad ampia distanza; i recenti tentativi dell’Amministrazione americana di sostituire queste fornitura con navi che arrivano dagli Stati Uniti o con appelli al Qatar non sono credibili. Servirebbe che il Qatar quintuplicasse le proprie esportazioni all’Italia per sostituire la Russia e l’Italia non ha la capacità di rigassificazione per sostituirle con importazioni via mare. La Germania è nella stessa situazione dell’Italia con la Russia a fare la parte del leone nelle forniture di gas. Qualsiasi evoluzione della crisi che metta in discussione queste forniture avrebbe impatti devastanti sull’economia europea e sulla qualità della vita dei suoi cittadini perché in un orizzonte temporale di medio periodo non ci sono alternative. La “rivoluzione” green non è una risposta per il prossimo decennio. La domanda di gas della Germania che ha investito più di tutti in transizione energetica spendendo centinaia di miliardi di euro negli ultimi anni è salita. Le rinnovabili non sono pronte per sostituire gli idrocarburi neanche a costi esorbitanti. 



L’esplosione del prezzo del gas in Europa che oggi è sei/sette volte superiore a un anno fa è un problema enorme sia per le imprese, sia per i cittadini. È un problema per le imprese che non possono scaricare tutto l’incremento della materia prima sul consumatore e che competono con aziende, in altre geografie, che hanno costi energetici molto più bassi. Interi settori oggi devono ridurre la produzione, chiudendo, o rischiare il fallimento. È un problema per i cittadini che eccede e trascende il costo della bolletta. Prendiamo per esempio il prezzo dei fertilizzanti, fatto con il gas, che è talmente alto da costringere i coltivatori a limitarne l’uso. Significa portare dentro il sistema economico e la società l’inflazione più “cattiva” che c’è, che è quella che colpisce gli alimentari. 



L’Ucraina è il principale fornitore di frumento dell’Unione europea. Anche in questo caso gli effetti di una crisi sull’economia europea e in particolare sulla produzione di cibo rischiano di essere incontrollabili.

Le precedenti sanzioni alla Russia hanno colpito duramente alcuni settori europei e italiani, pensiamo all’industria del mobile o alimentare, ma non hanno toccato i nodi commerciali veri che ci sono tra Germania e Italia e Russia. Togliere la spina dell’energia economica e prevedibile a un sistema industriale che deve garantire un certo stile di vita a decine di milioni di persone non ha come contraltare un rincaro della bolletta che si compensa andando in pizzeria una volta in meno o rimandando qualche acquisto. Nel caso europeo vorrebbe dire causare uno shock energetico e economico, e alla fine anche sociale, di cui si fa veramente fatica a vedere il fondo. È uno shock che metterebbe a dura prova anche l’Unione europea che non ha dato grande prova di coesione, per essere buoni, durante lo shock del Covid. I politici francesi, per esempio, dovrebbero spiegare e convincere i propri cittadini a fare i blackout per aiutare tedeschi e italiani. C’è di che essere scettici.

La ricerca europea di un’alternativa più che riflettere differenti sensibilità politiche rispetto agli alleati è frutto dell’istinto di sopravvivenza. Germania e Italia stanno da un’altra parte rispetto alla Francia perché il Paese transalpino ha il nucleare.

Qualsiasi peggioramento del quadro e delle relazioni con la Russia rischia di stravolgere l’economia di una parte importante dell’Unione europea che non ha nessuna alternativa nel breve medio periodo. Un tempo largamente sufficiente per fare tantissimi danni perché le imprese non possono aspettare anni per avere un’alternativa. La guerra è brutta, ma quella con la Russia per molti europei è bruttissima. 

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