L’Ue vuole cambiare le abitudini alimentari dei cittadini per renderle più sane per la salute e per l’ambiente. Il piano decennale, denominato “Farm to Fork”, è stato avviato due anni fa, ma ancora non ci sono state delle vere iniziative concrete, bensì soltanto discussioni. L’obiettivo imminente è quello di presentare una proposta per un quadro sui sistemi alimentari sostenibili nel terzo trimestre di quest’anno nel tentativo di “integrare la sostenibilità in tutte le politiche relative al cibo”.



A parlarne, come riportato da Euractiv, è stata Anastasia Alvizou, vice capo dell’unità di strategia del progetto all’interno del servizio di sicurezza alimentare della Commissione. La legge “mira a consolidare l’essenza della strategia Farm to Fork e ad avere un carattere abilitante per realizzare questo cambiamento di paradigma nel modo in cui produciamo, nel modo in cui consumiamo il cibo”, ha spiegato. Le ambizioni sono piuttosto chiare, ma è da capire in che modo su cosa si concentrerà concretamente la legislazione e come riuscirà a modificare i comportamenti della popolazione.



Ue vuole cambiare abitudini alimentari dei cittadini: il progetto

Isabel Paliotta, responsabile della politica presso l’Ufficio ambientale europeo, ha annunciato che la legislazione attraverso cui l’Ue vuole cambiare le abitudini alimentari dei cittadini sarà piuttosto “innovativa” ma non di semplice attuazione in quanto “come mangiamo e cosa mangiamo è radicato in aspetti culturali, personali, sociali”. L’ottenimento dei risultati agli occhi di chi ci sta lavorando però non è impossibile.

Per Marco Springmann, ricercatore senior presso l’Environmental Change Institute dell’Università di Oxford, in tal senso, sostiene che la legislazione dovrebbe rendere più tangibili gli obiettivi alimentari sostenibili, soprattutto da parte dei consumatori. “La strategia Farm to Fork è un ottimo documento politico ma purtroppo uno spostamento verso modelli alimentari sostenibili e sani è incluso solo come obiettivo qualitativo, mentre molti obiettivi di produzione sono davvero precisati quantitativamente e possono essere valutati a livello di stato membro”, ha affermato. Insomma, sembrerebbe esserci ancora molto da fare.