“Il finanziamento del Ssn per il 2024 potrebbe non coprire integralmente le spese, tenendo conto del costo delle misure previste” dalla Manovra. A dirlo è l’Ufficio parlamentare di bilancio che ha bocciato ieri le risorse destinate alla sanità nella Manovra. Potrebbero infatti esserci ulteriori difficoltà “in relazione alle carenze di personale e all’impatto di eventuali nuove pressioni dei prezzi dei beni energetici sul settore sanitario”. Come sottolinea ancora La Verità, l’Upb ha evidenziato che le risorse aggiuntive sono sufficienti a mantenere l’incidenza della spesa sul Pil al livello pre pandemico (6,4 % nel 2019) ma che la sanità già allora presentava dei problemi evidenti.



Il Servizio sanitario nazionale appariva infatti sottoposto a numerose tensioni. Secondo l’Upb inoltre “non si assiste ancora a quel potenziamento strutturale del Ssn che sembrava essere diventato un obiettivo condiviso nella fase dell’emergenza sanitaria”. Non mancano altre criitche, come quella che la Manovra sarebbe “improntata a un’ottica di breve periodo, con interventi temporanei e frammentati” con previsioni di crescita raggiungibili “solo sotto l’ipotesi che si rafforzi consistentemente la domanda estera e che avanzino speditamente i progetti del Pnrr”. 



Upb: sulla Manovra anche pareri positivi

Da parte dell’Upb arrivano però anche pareri positivi sulla Manovra, come quello in merito al taglio del cuneo, pari a 10.7 miliardi, finanziato temporaneamente in deficit. Si tratta infatti di un importante supporto ai redditi da lavoro medio-bassi, in particolare a quello degli operai. Bene anche la revisione dell’Irpef che riduce gli scaglioni da quattro a tre aumentando la detrazione massima per redditi da lavoro dipendente, equiparandola a quella relativa a redditi da pensione e limitando la detraibilità di alcuni oneri non sanitari sopra 50.000 euro di reddito, spiega La Verità. 



Per quello che riguarda invece la decontribuzione prevista per il triennio 2024-2026 a favore delle lavoratrici con figli, gli effetti della misura si intrecciano con quelli della decontribuzione parziale fino a 35.000 euro di retribuzione lorda “e pertanto il vantaggio risulterà più ridotto di quello che si verificherà dal 2025, quando quest’ultima non sarà più in vigore” secondo il parere dell’Upb. Le misure legate alla maggioranza della deduzione per l’occupazione, infine, secondo l’Upb dovranno essere valutate alla luce delle giù esistenti decontribuzione.