Il Regno Unito avvia uno studio con oltre 800 volontari per testare l’efficacia dell’uso dei vaccini in combinazione. Si utilizzerebbero due vaccini diversi, non solo per azienda di produzione ma anche per tecnologia, uno nella prima somministrazione, l’altro nel richiamo. Una strategia che potrebbe rivelarsi utile a fronte delle attuali difficoltà di approvvigionamento e che è già stata studiata e utilizzata per altre patologie, come ci spiega in questa intervista Fabrizio Pregliasco, ricercatore del Dipartimento di scienze biomediche per la salute dell’Università di Milano e direttore sanitario dell’Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano. Intanto l’Aifa approva in Italia l’uso terapeutico degli anticorpi monoclonali: un altro strumento prezioso per contrastare la pandemia, particolarmente utile per le cure nelle fasi precoci della malattia.



Professore, nel Regno Unito si studia la somministrazione di diversi vaccini anti-Covid in combinazione, cosa ne pensa?

Come sempre la cosa va valutata attraverso uno studio e una verifica sul campo di quanto si prospetta. Per altre vaccinazioni questa possibilità è stata valutata, ad esempio per la vaccinazione contro l’epatite B e l’epatite A. L’intercambiabilità dei vaccini è una soluzione legata a situazioni emergenziali come di fatto è quella che stiamo vivendo ora.



Usare vaccini diversi in combinazione permette di accelerare i tempi?

Ben venga la sperimentazione per permettere una maggiore flessibilità, anche rispetto alla tempistica. Riguardo invece ai tempi fra la prima dose e il richiamo, ad oggi viene raccomandato che i vaccini vengano somministrati con una tempistica stringente (circa 21 giorni fra le due dosi, ndr), ma in una campagna così enorme di vaccinazione non è facile che tutti riescano a fare il richiamo nella data stabilita. Come per altri vaccini, tuttavia, l’eventuale allungamento dei richiami in genere non ha un’azione negativa, in alcuni casi dà persino un risultato migliore: quindi mai anticipare, al limite posticipare.



Per altre patologie, diceva, questa intercambiabilità è stata già applicata?

Esattamente, per alcuni tipi di vaccinazioni è stata già sdoganata questa possibilità. Naturalmente sarà necessaria come sempre una previa valutazione del risultato, con prove monitorate.

È una strategia utile per fronteggiare la carenza di dosi?

Certo, previa valutazione, vediamo come va.

Potrebbero esserci effetti collaterali o controindicazioni più pesanti?

Questo lo escluderei, si tratta solo di una questione di efficacia, che potrebbe non essere confermata o magari confermata con risultati meno soddisfacenti, ma è tutto da capire.

Nella combinazione si utilizzano necessariamente due vaccini con la stessa tecnologia?

No, l’mRna causa la produzione di anticorpi, cellule della memoria: linfociti della memoria che a fronte di un nuovo antigene vengono ri-stimolati. Nella prima dose avviene un imprinting, cioè l’attivazione di cellule della memoria. La seconda dose, il booster o rinforzo, serve per dare un’ulteriore scossa al sistema immunitario e per aumentare questa quota di cellule della memoria. Questo può avvenire anche combinando diverse tecnologie.

Cosa cambia rispetto al meccanismo che scatta quando ci infettiamo con il virus?

Il concetto è lo stesso, ma l’infezione naturale scatena una risposta più complessa perché ci troviamo di fronte al virus vivo, totale. Se sviluppi la malattia sviluppi degli anticorpi ma gli anticorpi non restano in vita, sono le cellule della memoria che continuano a produrli. Le cellule della memoria rimangono come spie, come ricordo. Il meccanismo della vaccinazione è analogo ma con modalità diverse, che evitano l’infezione e la malattia.

Oggi è stato autorizzato da Aifa l’uso degli anticorpi monoclonali in Italia, come commenta la notizia?

Gli anticorpi monoclonali offrono una protezione immediata che può servire sia per la prevenzione – metto in circolo anticorpi preformati e questi, per il tempo che rimangono in circolo, mi garantiscono protezione – sia per rinforzare la risposta immunitaria nell’immediato, quando una persona si ammala.

In cosa differiscono dal vaccino come strumento di profilassi?

L’anticorpo ha un’azione limitata nel tempo, si tratta di materiale pre-prodotto che però poi viene degradato. La vaccinazione invece, come la malattia, fa in modo che le cellule della memoria producano nel tempo anticorpi, anticorpi che verranno rimessi in circolo per essere già pronti a riconoscere il virus. Non è che produco degli anticorpi oggi e questi mi rimangono in circolo per sempre: l’anticorpo che produco oggi dopo un po’ viene comunque degradato, ma le cellule della memoria fanno sì che ne vengano prodotti altri, mantenendo così una continuità di protezione. Se noi somministriamo gli anticorpi del plasma iperimmune o l’anticorpo monoclonale, stiamo somministrando il prodotto finito, quindi abbiamo un’immediata risposta, un’immediata protezione che però si riduce nel tempo.

L’autorizzazione degli anticorpi monoclonali riguarda l’uso terapeutico in fase precoce, in particolare nei soggetti fragili.

Sì, come dicevo gli anticorpi monoclonali non si prestano a essere usati solo per la prevenzione e la profilassi ma anche per la terapia, per rinforzare la risposta immunitaria.

Si parla dell’autorizzazione di due anticorpi monoclonali, si tratta comunque di due mix di anticorpi, è giusto?

Sì, sono stati autorizzati gli anticorpi di due ditte diverse, poi gli anticorpi sono di diversi tipi, perché ogni anticorpo monoclonale ha un bersaglio specifico e se metti insieme anticorpi di diversi tipi riesci a centrare bersagli diversi, sono come missili con punti precisi da colpire.

Dobbiamo aspettarci che anche nel nostro Paese si arrivi a valutare, vista la scarsità delle forniture, l’uso di più vaccini in combinazione?

Certamente.

(Emanuela Giacca)

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