Mentre il governo fatica a trovare la quadra sulla Nota di aggiornamento al Def (Nadef), rinviandone la stesura a lunedì, quindi oltre la scadenza prevista oggi, la senatrice M5s Gelsomina Vono annuncia la sua adesione al gruppo Italia Viva-Psi. “Ho preso una decisione importante, difficile e sofferta ma improcrastinabile”. E Luigi Di Maio, alle prese con alcuni senatori grillini malpancisti, reagisce da New York: “Chiederò 100mila euro di risarcimento a chi lascia il Movimento 5 Stelle. Ne parlerò con il Pd, dobbiamo mettere fine a questo mercato delle vacche. È arrivato il momento di introdurre il vincolo di mandato: se cambi gruppo vai a casa”. Fibrillazioni che possono intaccare la tenuta della maggioranza giallo-rossa? “Non credo che avrà un impatto così importante – risponde Antonio Polito, editorialista del Corriere della Sera -. È chiaro che nei Cinquestelle ci sono malumori di tre tipi”.



Addirittura?

Il primo riguarda ministri, viceministri e sottosegretari che erano nel precedente governo e non sono entrati in questo. Sono naturalmente nervosi, insieme con quelli che speravano di entrare nel Conte 2 e non ci sono riusciti. Insomma, questa è la fascia di quelli che non hanno avuto ciò che chiedevano.



La seconda fascia di malpancisti?

Quelli, comunque una minoranza, che sono contro il governo giallo-rosso, perché nostalgici di quello giallo-verde.

E l’ultima?

Quelli che vorrebbero un po’ di democrazia nei gruppi parlamentari per poter contare di più. Ce l’hanno con Di Maio perché è il capo e a decidere nel Movimento è sempre un’oligarchia ristretta. Può essere, quindi, che qualcuno esca dal M5s, ma non credo ci saranno trasferimenti sostanziosi dall’area della maggioranza a quella dell’opposizione. Se qualcuno, come la Vono, passa con Renzi, comunque tiene in piedi il governo. Ma se qualcuno passa con la Lega, rischia di far cadere la legislatura e non penso che Salvini potrà poi garantire a tutti costoro la rielezione. Insomma, non succederà un travaso tale da creare problemi al governo.



A proposito di Renzi, secondo un sondaggio la maggioranza degli elettori Cinquestelle lo considera “inaffidabile”. Come valuta la presenza di Italia Viva nel governo Pd-M5s?

Non ha grande importanza ai fini della stabilità del governo, almeno in questa fase. Renzi adesso vuole irrobustirsi e far sentire la sua voce per poter contare nelle partite importanti che si avvicinano, non ultima quella delle nomine negli enti pubblici. E continuerà a farlo finché non sarà pronto un altro quadro politico, che lui ha senz’altro già in testa, e cioè che a un certo punto della legislatura darà vita a un governo diverso dall’attuale, in cui potrà contare di più, ma sempre mantenendo viva la legislatura ed evitando che si vada a votare. Potremmo, perciò, assistere ad altri giochi e giochetti all’interno della maggioranza, ma per un po’ non si correrà il rischio che Renzi faccia sciogliere la legislatura. Poi, come si sa, quando si comincia a giocare con la politica, non si sa mai come va a finire.

Intanto la Nadef slitta a lunedì. Solo problemi economici di coperture da trovare o ci sono anche tra Pd e M5s divergenze più politiche sulle misure da adottare e finanziare?

I problemi di copertura non sono solo tecnici, ma anche politici e molto seri. Nel senso che bisogna decidere cosa fare con le poche risorse disponibili. La novità è che questo governo, rispetto al precedente, non andrà allo scontro con l’Ue. Ha dei limiti abbastanza rigorosi, considerato anche il fatto che deve togliere dal groppone del Paese 23 miliardi di aumenti dell’Iva, già decisi dal governo giallo-verde e che vanno disinnescati. Trovarne 23 e poi molti altri è difficile. M5s e Pd stanno cercando di accordarsi sulle poche misure di taglio fiscale o di incentivi fiscali su cui mettere i soldi.

Come dovrebbe essere impostata la manovra 2020 per mantenere la fiducia che i mercati ci stanno dando, da agosto a oggi, come ha ricordato proprio ieri la Bce, sottolineando che l’unico Paese Ue che ha beneficiato di un calo dello spread è stato proprio l’Italia?

Tenere calmi i mercati è una buona politica, è vantaggioso anche dal punto di vista delle leggi di bilancio, perché più basso è lo spread più si risparmiano soldi in interessi sul debito e più risorse ci sono da utilizzare. Per tenere i mercati calmi bisogna restare dentro i limiti di deficit non superiori a quelli dell’anno scorso e comunque concordati con l’Europa, la quale sicuramente ci accorderà un po’ di flessibilità, ma non tanta. E soprattutto non per finanziare spesa pubblica in deficit.

In tema di immigrazione, con l’intesa di Malta il governo ha raggiunto un buon risultato?

È stato senz’altro un risultato in un campo in cui non c’era da tempo dialogo. Il governo italiano, con Salvini ministro dell’Interno, in realtà metteva sempre l’Ue davanti al fatto compiuto. Invece la second life di Conte sta cercando di fare un accordo che dica: se sono richiedenti asilo, quando arrivano automaticamente noi li redistribuiamo. Prima ancora degli sbarchi noi già sappiamo quanti se ne andranno in Francia, in Germania eccetera. Attenzione, però: è un accordo che è tarato sui numeri bassi attuali; è infatti esplicitamente scritto che se per caso i flussi dovessero aumentare l’accordo va rivisto.

Come interpreta questa clausola?

Francia e Germania sono sì ben disposte a dare una mano al governo Conte per evitare che Salvini torni, però l’aiuto sui migranti resta entro certi limiti, a partire dal fatto che questo aiuto non finisca poi per premiare i sovranismi interni a quei Paesi. Se cominciano flussi massicci a Marsiglia, va nei guai anche Macron.

Il 7 ottobre arriverà alla Camera per il voto definitivo il taglio dei parlamentari. Il Pd chiede “garanzie” sulla legge elettorale, che però non è alle porte. Ne può venire fuori un pastrocchio?

Il problema è che il Pd, in effetti, ha smesso di avere tanta fretta sulla legge elettorale, la quale è tuttavia necessaria per evitare che il taglio dei parlamentari, con l’attuale legge, aumenti così tanto la soglia implicita dei collegi da eliminare tutti i partiti minori e soprattutto da premiare oltre modo i partiti maggiori. Il che comunque non sarebbe un buon esito e neanche tanto corrispondente ai dettami della Corte costituzionale in materia. È chiaro che va attuata una riforma, però il Pd, che era partito con l’idea di fare il proporzionale puro, adesso ha un ripensamento, così come i Cinquestelle.

Perché?

Per due ragioni. La prima: il proporzionale favorisce le scissioni. Non a caso Renzi se ne è andato dal Pd contando sul fatto che poi anche con il 4-5% entrerebbe in Parlamento. La seconda: M5s e Pd vogliono prima capire se le collaborazioni regionali, come in Umbria, possono funzionare e diventare una formula nazionale. E in quel caso avrebbero bisogno di un meccanismo che premia le coalizioni, non un sistema proporzionale. Inoltre, quando si fa la legge elettorale, subito dopo si sciolgono le Camere. Credo quindi che stiano rinviando a molto più in là la decisione sulla legge elettorale.

Sempre lunedì la Lega presenterà il quesito referendario anti-proporzionale, già firmato da 4 Regioni del centro-destra. Una mossa che ha ricompattato la coalizione oggi all’opposizione. È una vittoria di Salvini su Berlusconi?

È curioso osservare come la Lega sia sempre stata proporzionalista, oggi però capisce che il proporzionale puro le impedirebbe di andare al governo, perché per quanto sia forte, intorno al 30%, non lo è abbastanza per governare da sola. Quindi la Lega si è buttata sul maggioritario. Credo però che Berlusconi abbia posto come condizione che la legge elettorale abbia comunque una quota proporzionale e in ogni caso non è contrario a sedersi a un tavolo di riforma anche con le forze di maggioranza. Non vedo ancora un’identità di vedute tra Salvini e Berlusconi su questo punto.

Sull’autonomia differenziata, che il ministro Boccia vorrebbe realizzare entro fine legislatura nel 2023, il governo potrebbe fare i conti con un’opposizione molto dura delle Regioni del Nord. Con quali impatti?

Siccome l’autonomia non è ancora una legge, ma un accordo a trattativa diretta tra singole Regioni e governo, ho molti dubbi che si possa mai raggiungere in questa legislatura un accordo che costringerebbe le Regioni leghiste a firmare un patto con il governo di sinistra, mentre non sono riuscite a ultimarlo con un governo in cui militava la Lega, e dall’altra non vedo come un governo M5s-Pd, che ha un forte radicamento elettorale nel Mezzogiorno, possa accettare le richieste di Lombardia e Veneto fino in fondo. La mia impressione è che si sta facendo un po’ di teatro e che in realtà questo tema dell’autonomia va considerato messo per un bel po’ in archivio.

(Marco Biscella)