Con la distribuzione classica e la produzione bloccate, le distribuzioni on line possono segnare il definitivo passo verso il dominio del mercato a tutte le latitudini. Netflix, dopo aver intrapreso una politica d’investimento sulle serie tv italiane, comincia a guardare con interesse anche al cinema, come dimostra Ultras, esordio nel lungometraggio di Francesco Lettieri (regista dei videoclip di Liberato) e primo film di un accordo stipulato con Mediaset per la realizzazione di 7 pellicole.
Il film si svolge durante le ultime 5 giornate di un ipotetico campionato in cui il Napoli può diventare campione d’Italia: protagonisti sono il gruppo degli Apache, tifosi organizzati e spesso violenti, colti in un momento di scissione tra la vecchia guardia, composta prevalentemente di diffidati che non possono andare allo stadio, e i nuovi, più spregiudicati. Al centro di tutto Sandro, capo carismatico diffidato, e Angelo, giovanissimo tifoso che ha in Sandro una controversa figura paterna.
Peppe Fiore scrive un dramma intergenerazionale, un film che usa il contesto della curva in chiave universale, senza mai far vedere il calcio e lo stadio – a voler essere puntigliosi, senza mai nominare il Napoli Calcio – per raccontare il confronto e il contrasto tra differenti modi di intendere la vita, i rapporti umani, i meccanismi sociali. Al tempo stesso Lettieri, affronta la materia con piglio semi-documentaristico e si immerge, pur ricostruendola, nella realtà del tifo estremo cercando di andare oltre esempi pur significativi come Ultrà di Ricky Tognazzi o Hooligans di Lexi Alexander.
In questo senso, per andamento narrativo e taglio registico, Ultras cerca di evitare il tono melodrammatico del primo o il sociologismo del secondo per entrare in una dimensione realistica, di quel realismo reinventato da Garrone anche stilisticamente (i colori saturi di neon o ingrigiti dalla periferia, la macchina a mano che circonda i personaggi isolandoli dai luoghi in cui vivono) a cui Lettieri si lega anche per la presenza di Aniello Arena – protagonista di Reality – come attore principale.
Ne viene fuori un piccolo affresco di una certa potenza in cui la capacità di Lettieri di catturare il contesto con le immagini e il suo sguardo ampio, a volte confinante con la neo-epica, raggiunge punte notevoli – come la sequenza notturna al molo – che possono ricordare il cinema di Walter Hill. Il film paga la poca originalità di certi meccanismi narrativi, ma il suo andamento si regola sulla tragedia classica, sulla sua ineluttabilità capace di rendere il racconto universale.
Ultras intuisce anche un modo piuttosto originale di usare e reinterpretare la retorica nostalgica degli anni ’80 legandola al ricordo, al passato (Maradona e la gloria partenopea dei titoli di testa) – senza blandirne il revival – attraverso la musica, tanto la colonna sonora elettronica dello stesso Liberato, quanto l’uso di musica leggera firmata Righeira, Lucio Dalla, Pino Daniele che legano Napoli al tempo che passa e che non torna. Una delle più originali di un bell’esordio che è anche l’inizio di un progetto ambizioso per Netflix, di cui Ultras sembra la punta di diamante.