Umberto Ambrosoli prima ancora che dirigente Pd e candidato alle Elezioni Regionali in Lombardia nel 2013, è stato ed è tutt’ora memoria storica per quel amato padre Giorgio Ambrosoli ucciso nell’ormai lontano 11 luglio 1979: William Joseph Aricò, un killer giunto per l’occasione dall’America, spara e uccide Giorgio Ambrosoli, 47 anni, liquidatore incaricato della Banca Privata Italiana a Milano lasciando orfano del papà il piccolo Umberto, a 8 anni con un dramma così insopportabile che solo la compagnia dei fratelli e di mamma Anna Lori ha saputo “lenire” la ferita. Avvocato, saggista e anche politico per il Partito Democratico: Umberto è cresciuto nel ricordo amorevole del padre e nell’insegnamento “morale” tutt’altro che “rigido” o “rancoroso”: nel 2009 ha pubblicato il libro Qualunque cosa succeda, che narra la vicenda del padre, l’avvocato Giorgio Ambrosoli, ucciso da un sicario mandato dal banchiere Michele Sindona. Nel 2013 lo stesso Ambrosoli, candidato per il Centrosinistra nelle Elezioni Regionali anticipate in Lombardia dopo la caduta della giunta Formigoni, perde la sfida con il 38,24% contro il Governatore eletto Roberto Maroni. Consigliere di opposizione per il Gruppo Patto Civico, siede nella Commissione Sanità e Politiche sociali, nonché nel Comitato Paritetico di Valutazione e Controllo: dal 2017 è il Presidente della Banca Popolare di Milano dopo che nell’ottobre 2016 si era dimesso dal ruolo di consigliere proprio per la promozione in vista nella banca milanese.



UMBERTO AMBROSOLI, L’INTERVISTA: “MIO PADRE EROE NORMALE”

La storia dell’avvocato e dell’uomo viene rimembrata questa sera dalla fiction Rai1 “Il prezzo del coraggio” ma ce l’aveva raccontato in esclusiva nell’anniversario dei 40 anni dalla morte del papà lo stesso Umberto Ambrosoli in una bella e lunga intervista: «La lettera che mio papà ha lasciato nel febbraio 1975 pochi mesi dopo aver accettato l’incarico dimostra che anche lui aveva capito che ginepraio ci fosse dietro e proprio per questo accettò l’incarico», spiega Ambrosoli al Sussidiario.net l’11 luglio scorso. Un eroe “borghese” come lo aveva definito splendidamente Corrado Stajano, quel papà conosciuto per pochi anni ha rappresentato molto nella sua crescita come uomo e come profilo pubblico: «Dal 1991 quando uscì il libro di Stajano all’esempio di papà si è aggregato un maggior affetto e maggiore attenzione anche in chi non ha gli strumenti per leggere quegli anni. Non riesco a immaginare modi ulteriori per ricordarlo, riesco a immaginare gli italiani più responsabili nei vari segmenti in cui sono impegnati per onorare la figura di papà così come le figure di Livatino, Falcone e tante altre persone. Questo è un passaggio in più che possiamo fare. Spero che figure come le loro ci siano di stimolo». Giorgio Ambrosoli fu ucciso da Sindona («faccendiere spregiudicato in odore di mafia e P2») per una colpa ancestrale, come ricorda lo stesso Umberto: «non volle sottoscrivere alcun piano di salvataggio a spese dello Stato. Da tempo sapeva che su di lui pendeva una condanna a morte, ma non si tirò mai indietro». Particolare il passaggio in cui Ambrosoli racconta la sua personale versione alla “reazione” che Giulio Andreotti ebbe nel 2010 quando disse che il padre «se l’era cercata»: «molto utile come affermazione dal punto di vista della ricostruzione storica perché ha tolto qualsivoglia dubbio a chi si chiedeva da che parte stesse Andreotti nel corso di quel periodo, una affermazione che ha dimostrato che non stava certo dalla parte di mio padre».

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