Enzo Garzarella da un anno convive con il dolore più grande della propria vita: la morte del figlio Umberto. Il giovane di 37 anni, insieme a Greta, di 25, era sul Lago di Garda in gozzo, intenti a guardare la luna in acqua. I due avevano fermato l’imbarcazione nel golfo di Salò, poco prima che un motoscafo guidato da due tedeschi li travolgesse in pieno. Christian Teismann e Patrick Kassen sono stati processati e condannati dal tribunale di Brescia nel giro di nove mesi. Teismann, che è stato licenziato, ha chiesto al papà di Umberto un incontro, avvenuto proprio sulla tomba del figlio. Il padre della vittima ha accettato per “Ascoltarlo e cercare di capire”.



Al Corriere, Garzarella racconta: “Non riesco ancora a perdonarlo ma nemmeno lo odio e non voglio il suo male… Mi ha detto che l’hanno licenziato a causa della disgrazia. Mi chiedo che senso abbia rovinare così un uomo che è anche padre di famiglia, dategli una chance… Certo, ha sbagliato e purtroppo il suo errore è costato la vita a mio figlio e a Greta ma…”. L’incontro è avvenuto proprio al cimitero, sulla tomba di Umberto: “Teismann è venuto con sua moglie e un’interprete, ha portato un mazzo di rose bianche e dei disegni del lago fatti dai suoi figli piccoli. Mi ha detto che è un uomo distrutto anche perché l’hanno licenziato per la condanna. In Germania lo considerano un assassino, ma che assassino può essere? Non voleva ucciderli”.



L’incontro con Teismann

Il padre di Umberto ha risposto a Teismann “Che io ho perso un figlio e pure la ditta che avevamo insieme. Umberto era il motore dell’azienda, senza di lui era impossibile andare avanti e abbiamo chiuso. Mio figlio era una forza della natura, sempre disponibile e sorridente. Lo chiamavo per ogni cosa, di lavoro e di casa. Anche per aiutare mia madre che ha 91 anni e qualche difficoltà a muoversi. Lui c’era sempre”. Enzo spiega che tutti gli avevano consigliato di non farlo, di non incontrare quell’uomo che ha tolto la vita al proprio figlio, seppur involontariamente: “Devo stare attento a quel che dico perché sono stato criticato da tutti per questo incontro: il mio avvocato, mia figlia, gli amici. “Non farlo Enzo, non ti conviene, è un boomerang”. Io ho dato retta a quel che sentivo e sono andato. Per me lui non è un essere malvagio come forse passa per essere in Germania. È un uomo che ha commesso un grave errore, questo sì, e quella sera non doveva ubriacarsi. Se fosse stato lucido non sarebbe successo nulla. Però dico anche che la disgrazia può accadere a tutti e non è giusto punirlo in modo eccessivo. Ci pensa già la sua coscienza a farlo. È la coscienza di un padre che è venuto qui con coraggio e umiltà a mettere la faccia sulla tomba di Umberto”.



Nell’incontro, c’è stato anche modo di tornare alla sera della tragedia: “Devo dire che lì mi ha infastidito. Perché continua a ripetere che quella sera non si era accorto di nulla perché guidava l’altro. Gli ho detto: “Guarda, non venirmi a dire che dormivi perché non ci credo. C’era il lago piatto e l’impatto è stato importante. Il gozzo io l’ho visto bene, me lo sono portato a casa e l’ho esaminato. Non ti puoi non accorgere di un botto così””.

“Perdonarlo? Non ancora”

Perdonare chi ha tolto la vita ad Umberto non è semplice, ma Enzo sta lavorando per farlo, come racconta al Corriere: “Ci sto provando ma non me la sento ancora, anche se suor Anna e don Francesco insistono: “devi farlo, ti può aiutare”, continuano a ripetermi. Io dico “ho capito che mi aiuta ma ora lasciatemi in pace”. Per me è stato un dolore immenso, mi sembrava di impazzire, volevo prendere il fucile e spararmi. Poi è intervenuto qualcosa che mi ha salvato ma la strada è lunga… Tra l’altro, mi sento addosso la colpa per la morte di Greta”. 

Il padre spiega che la relazione era iniziata da poco: “Umberto e la ragazza si erano appena incontrati. Sa, dieci anni di meno. Si erano fatti una serata, ma non potevo fermarlo in questo. Lo fermavo se si drogava o beveva, non se usciva con una ragazza. Però devo dire che i genitori non me l’hanno mai fatto pesare. Sono brave persone”.