Umberto Tozzi compie quest’oggi 70 anni e, in occasione di tale traguardo, ha concesso un’intervista ai microfoni del “Corriere della Sera”, al cui interno ha rivelato che invecchiare non è un aspetto che gli fa piacere, ma, in ogni caso, è contento della carriera avuta fino a questo momento, poiché, grazie al palco, si dimentica ciò che dice la carta d’identità. E dire che, in tenera età, Tozzi non sognava di fare il cantante, bensì il calciatore: “Sono nato a Torino, mamma casalinga, papà guardia notturna per ventidue anni per mantenere tre figli e dopo aver vissuto due guerre. Stavamo in cinque in una camera e cucina, io vivevo per strada. Poi, imbracciai per caso una chitarra e cominciai a uscire non per giocare a pallone, ma per suonare sulle panchine. Dopo, ho fatto per anni il chitarrista freelance, mangiando panini, ospitato a Milano a turno da amici musicisti. Ero timido e mi vergognavo della mia voce. Quando scrissi delle canzoni con Giancarlo Bigazzi e Alfredo Cerruti mi chiese di cantarle, non volevo saperne”.



Il Festival di Sanremo 1987, vinto con Gianni Morandi ed Enrico Ruggeri grazie a “Si può dare di più”, è un ricordo “splendido, perché c’era un rapporto strettissimo: eravamo insieme nella Nazionale Cantanti. Mogol e poi Morandi facevano giocare solo quelli che vendevano di più anche se a pallone erano schiappe, ma io sono stato capocannoniere per 12 anni”.



UMBERTO TOZZI: “COSÌ NASCE UNA CANZONE”

Nel prosieguo del suo intervento sul “Corriere della Sera”, Umberto Tozzi ha chiarito che, nel processo di genesi di una canzone, tutto il talento sta nel buttare giù tre accordi forti. Dopo, a suo dire, non è altro che matematica, la conseguenza logica di tre accordi che devono quadrare: “Sulla musica ho un istinto naturale, scrivo una canzone in massimo tre ore. Poi, dopo, la miglioro, ma non sono uno che passa mesi in studio. Sono anche pigro. Anni fa, dovevo scrivere con Mogol. Mi disse che non lavorava più di due ore al giorno. Gli risposi: ‘Io pure meno!'”.



Umberto Tozzi ha sposato sua moglie Monica Michielotto quattro volte: la prima in municipio, nel 1995, poi l’anno successivo in chiesa e, a posteriori, alle Mauritius. Il quarto sì è stato pronunciato “a Montecarlo, dove abbiamo sempre vissuto coi nostri due figli. E vorrei risposarla una quinta volta, ma per convincerla devo trovare una location che la possa stimolare”. Anni fa, l’artista disse di credere nella reincarnazione e che, nelle precedenti vite, era stato un antico romano sbranato dai leoni e poi un nazista. Questa sua esistenza dovrebbe durare fino a 72 anni: “Ci sono vicino, mamma mia… Non me lo ricordavo. Ho conosciuto tante persone di tutti i tipi, spesso medium o affini, che non vado a cercarmi io, ma che ascolto. Penso sempre che potrebbero avere un dono che noi non capiamo”.