Un anno con Godot (Un triomphe) è un film di genere commedia diretto da Emmanuel Courcol, interpretato da Kad Merad e David Ayala e ispirato a un fatto realmente accaduto e che ha visto il regista svedese Jan Jönson protagonista di un’esperienza teatrale di successo con un gruppo di detenuti, fino ad arrivare a recitare al Teatro Royal di Göteborg.



È un film che ha come ambientazione il carcere e racconta di un attore in crisi soprannominato Etienne che accetta l’incarico di realizzare un laboratorio teatrale con alcuni carcerati. Non è semplice entrare in un mondo come quello del carcere e il regista lo fa vedere fin dalle battute iniziali mostrando come per Etienne già entrare in carcere non sia semplice e porti grandi emozioni con non poche preoccupazioni per la nuova esperienza.



Etienne ha un impatto duro con i carcerati a cui dovrebbe insegnare a recitare, trova disinteresse e superficialità e qui vi è il primo fattore significativo del film: Etienne avrebbe tutte le ragioni per abbandonare l’impresa, ma decide di reggere la sfida cercando di guardare la realtà. Etienne capisce che deve partire dai ragazzi che ha davanti e cerca di cogliere ciò che caratterizza la loro umanità, lì tra le sbarre. Qui si evidenzia un aspetto decisivo di tutta la vicenda raccontata: Etienne si trova buttato in una situazione difficile, ha a che fare con un’umanità abbruttita e che il carcere esaspera, se si fermasse a ciò che gli appare e alle reazioni istintive dei carcerati non vi sarebbe che da disperarsi. Dopo un inizio difficile sceglie di guardare questi detenuti come esseri umani, cercando qualcosa di positivo che vi è in loro e da cui possa iniziare un percorso assieme a loro. Quello che vale per il carcere, vale per la vita, in qualsiasi situazione ci si trovi bisogna decidere se partire da ciò che appare o se andare a cercare qualcosa di più con cui costruire.



È in questo dramma di Etienne che matura la decisione più inaspettata, quella di far recitare a questi carcerati “Aspettando Godot” di Samuel Beckett. È così che cambia tutto, quell’accozzaglia di ragazzi disordinati e violenti si trasforma in una vera compagnia teatrale che recita un testo non facile del teatro dell’assurdo. Che cos’ha fatto il miracolo? Che questi carcerati hanno trovato un uomo che ha capito che cosa sia la loro vita, una lunga attesa di Godot che non arriva.

Inizia così una meravigliosa avventura in cui Jordan, Moussa, Kamel, Patrick e Alex diventano protagonisti in quanto mettono in scena la loro vita. Etienne era riuscito a capire che la vita di questi detenuti era segnata da un’attesa, lo aveva capito perché lui stesso viveva l’esperienza dell’attesa, per lui vivere era giorno dopo giorno aspettare che arrivasse qualcosa o qualcuno in cui trovare la felicità. Si forma una compagnia perché tutti si sentono attratti da qualcosa che rappresenta ciò che hanno dentro, “Aspettando Godot” li rappresenta tanto che possono recitarlo anche senza essere attori professionisti.

È una vera compagnia quella che Etienne mette insieme e capace di girare la Francia a fare vedere cosa significhi per loro, carcerati, aspettare Godot. Una compagnia in cui si fa esperienza di una grande libertà, il che porterà a una conclusione a sorpresa con un monologo di Etienne che racconterà quanto abbia imparato da questi strani carcerati. Un momento commovente questo del monologo di Etienne, in quanto testimonia che far recitare dei carcerati è servito innanzitutto a lui per scoprire di più chi fosse e il bisogno che portava nel cuore di una vita vera.

È questo un film che vede come protagonista l’umano, l’umano di Etienne, l’umano di ognuno dei suoi carcerati-attori, l’umano della direttrice del carcere, e si vede quanto l’umano sia libertà e relazioni, perché è solo nell’incontro tra persone che si vince la solitudine e si trova se stessi.

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