Lo scoppio della guerra in Ucraina ha avuto forti ripercussioni sugli approvvigionamenti energetici dell’Ue. Sanzioni, embarghi, decisioni unilaterali e anche sabotaggi senza ancora un responsabile certo hanno di fatto interrotto un rapporto con la Russia che durava da decenni.

A un anno dall’inizio del conflitto c’è quindi da chiedersi se l’Europa sia riuscita a sostituire definitivamente le forniture di Mosca e con quali conseguenze.



Michele Marsiglia, Presidente di FederPetroli Italia, si pronuncia in particolare sul fronte del gas, visto che per petrolio e prodotti raffinati è ancora presto per effettuare delle valutazioni. E da questo punto di vista «la sostituzione della materia prima russa c’è oggettivamente stata tramite anche gli accordi che sono stati siglati nei mesi scorsi con altri Paesi fornitori. Restano comunque dei timori su quello che sarà lo scenario futuro».



Perché?

Focalizziamoci sull’Italia. Non possiamo avere la certezza sulla totale operatività degli accordi che sono stati stipulati, perché finora c’è stato una sorta di flusso di “pronto soccorso”. Nel frattempo non si stanno facendo passi avanti concreti sul fronte della produzione nazionale. E il GNL, che importiamo anche dagli Stati Uniti, sta costando tantissimo. C’è poi un altro elemento di incertezza relativo al prezzo.

Quale?

Non sappiamo quali sono le condizioni economiche previste negli accordi siglati, per esempio con l’Algeria, che è diventato il nostro principale fornitore. Un aspetto poi da non trascurare è che nel nostro Paese, per risparmiare gas, si è fatto maggior ricorso alle centrali a carbone e olio, ma non credo che si potrà andare avanti a lungo a utilizzarle. Dunque, tornando alla considerazione iniziale, abbiamo sostituito il gas russo, ma non sappiamo ancora se abbiamo trovato la sostituzione ottimale. Bisognerà aspettare almeno di vedere come andrà il prossimo inverno.



Anche perché quello che sta per finire è stato particolare dal punto di vista climatico.

Sì. Secondo Eurostat, nel periodo tra agosto 2022 e gennaio 2023 i consumi di gas nell’Ue sono diminuiti di circa il 19,3% – e del 15% in Italia – rispetto al consumo medio di gas negli stessi mesi (agosto-gennaio) tra il 2017 e il 2022. Questo calo ha consentito di avere meno problemi a sostituire il gas russo, grazie anche all’inverno mite, ma non solo.

Si spieghi meglio.

C’è stata una riduzione dei consumi industriali, non a caso secondo Cerved Rating Agency i settori più energivori sono quelli dove è più alta la probabilità di un default. Non siamo di fronte a una discesa dei consumi del tutto economicamente salubre. Questo ci dice che non siamo riusciti a sostituire le forniture russe sotto il profilo della competitività.

Secondo quanto riportato da BloombergNef, le aziende cinesi stanno acquistando molte opzioni sul GNL fino al 2027. C’è il rischio, quindi, che le forniture di questo tipo di gas diventino ancora più care?

Il GNL ha il vantaggio di poter far viaggiare più materia prima con meno logistica. Allo stato liquefatto, infatti, si riesce a trasportare una quantità 600 volte superiore rispetto a quella allo stato gassoso e si stanno studiando dei sistemi per arrivare a 800 volte. Tutto questo comporta una forte diminuzione dei costi logistici. È prevedibile che nei prossimi anni, se non mesi, ci sarà uno sviluppo e una distribuzione delle quote di mercato del GNL, con una corsa per accaparrarsele. Quindi, è tutto da vedere che prezzi si riusciranno a spuntare.

Su questo fronte, per l’Italia c’è anche il grande interrogativo relativo ai rigassificatori…

Per Piombino c’è attesa per il giudizio di merito del Tar che dovrebbe arrivare l’8 marzo. Resta il fatto che mentre altri Paesi, come la Germania, sono riusciti a costruire già un nuovo rigassificatore in neanche 200 giorni, noi restiamo più indietro. Se questa situazione non si sblocca, per l’Italia si determinerà un problema relativo anche agli accordi di fornitura di GNL già stipulati.

(Lorenzo Torrisi)

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