Il titolo originale è Planes, Trains and Automobiles, ma per una volta è meglio quello italiano (Un biglietto in due), che rispecchia il fulcro della storia. È una commedia del 1987 scritta e diretta da John Hughes, regista e sceneggiatore famoso per aver scritto Mamma ho perso l’aereo (1990). La sua carriera, (cercate il suo c.v.), si è svolta nel filone della commedia e dell’umorismo, con pellicole che sicuramente voi matusa avete visto, molte delle quali da riproporre e guardare in famiglia.
I due protagonisti sono Steve Martin (Neal Page) e John Candy (Del Griffith). Grandissimo il primo con un’attività anche di scrittore, ma la sua fama deriva dall’essere stato un grande comico. Candy è morto giovane, ma aveva la potenzialità per esprimersi anche in pellicole drammatiche. Peccato.
Veniamo al film. Neal è un professionista in marketing e pubblicità, serio, compassato, rigido, educato, volitivo e ordinato. Del è l’esatto opposto (provate a immaginarlo), vende anelli per tende da doccia ed è un grande hablador, spesso esagerato. Se ne va in giro con un baule con dentro un cuscino antiallergico e sul comodino della camera dell’hotel poggia sempre la foto della moglie.
A New York Neal è alla ricerca di un taxi per l’aeroporto, ma gli viene soffiato in malo modo da Del. Se lo ritroverà seduto a fianco in aereo che causa maltempo viene dirottato in un altro scalo. Finiscono in un motel nella stessa camera con Del disordinatissimo che altera l’umore già negativo Neal. Questi, a muso duro, lo affronta dicendo di non essere tollerante, ferendo Del che gli risponde: Sono genuino, quel che vedi è quel che sono.
L’avventura continua sempre insieme sul cassone di un pick-up scoperto al freddo e al gelo, poi vengono derubati dei dollari, prendono un treno che si rompe in mezzo al nulla, poi un pullman e sempre vicini di posto.
Neal noleggia un auto che poi non c’è ed è costretto ad andare su quella di Del, che nel cambio guida notturno butta il mozzicone della sigaretta fuori dal finestrino che poi rientra sui sedili posteriori. Prende uno svincolo in contromano. Neal si sveglia per vedere che quasi cocciano, ma passano miracolosamente in mezzo a due tir. Si fermano, scendono dall’auto e questa inizia a bruciare. Arriveranno a Chicago, la loro meta, in un camion frigorifero.
Non ho descritto tutte le loro dis-avventure, ce ne sono altre da vedere.
Un viaggio di poche ore diventato di due giorni in cui non è andato dritto nulla, ma in cui Neal si è smollato nei confronti di Del e, dopo tutte le peripezie, i due si lasciano amichevolmente per andare a festeggiare il Giorno del Ringraziamento con le rispettive famiglie.
Mentre Neal è solo in metropolitana inizia a pensare ai fatti accaduti. Si sente cambiato, è compiaciuto di questo e rivede le vicende capitate con un filo di sorriso sulle labbra e nel cuore. Pensa con benevolenza a Del, gli appaiono alcuni flashback in cui rivede il baule che si portava sempre dietro, la foto incorniciata della moglie e una frase che aveva sentito a metà del viaggio, ma su cui non si era soffermato: È da svariati anni che non vado a casa.
Un dubbio l’assale, torna alla stazione della metro e trova Del seduto da solo che gli rivela che non ha casa, viaggia sempre da quando, otto anni prima, è morta la moglie. Neal lo porta a casa sua per il pranzo del Ringraziamento.
Il film è una commedia in cui nei momenti difficili e disastrosi tutto è rappresentato con una comicità non demenziale, non cazzara e questo grazie alla scrittura del regista e all’interpretazione dei due comici, veramente eccezionali. Si sorride alla grande. È una comicità pulita, no sex, no parolacce, no sproloqui. Basta pensare a quando si svegliano nello stesso letto appiccicati e ironizzano in modo garbato del non essere omosessuali. Probabilmente questa scena non passerebbe ora la censura della major produttrice.
Forti i primi dieci minuti del film. Nella prima scena Neal e colleghi aspettano il giudizio del capo dell’agenzia su una campagna pubblicitaria. Una scena in silenzio e fatta di sguardi. È il preludio della seconda scena, con Neal in strada che intravvede un taxi ma scorge un concorrente (un giovanissimo Kevin Bacon) e inizia un duello con primissimi piani degli occhi dei due (un omaggio a Sergio Leone?) e una musica sempre più incalzante che accompagna la corsa per raggiungere l’auto.
Tutte le situazioni disastrose accadute condensate in poco tempo ribaltano e allontanano il claim di uno spot tv che imperversava nei primi anni 2000, L’ottimismo è il profumo della vita, coniata dal genio di Tonino Guerra, ma nonostante tutti queste ineluttabili sfighe (lo so è da bar, ma il mondo è un bar), qualcosa è cambiato nell’animo di Neal e ha iniziato a guardare con occhi diversi Del. Una scintilla di qualcosa che si poteva forse approfondire. Non è il mio scopo tirar fuori a tutti i costi dal film paroloni forzati come imprevisto, amicizia, ecc., ma resta e vale sicuramente l’abbraccio e l’invito a pranzo finale di Neal.
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