Caro direttore,
ha ragione Antonio Intiglietta ad appellarsi con urgenza al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, perché provveda a dotare l’Italia di un “commissario” che fronteggi la più grave crisi della storia dell’Italia repubblicana. E non sorprende affatto che – fra le molte sollecitazioni di questi giorni in quella direzione – spicchi quella di chi è stato vicesindaco di Milano ed è oggi impegnato ogni anno a tenere vivo e competitivo Artigiano in Fiera, uno dei molti brand importanti della città.
Nelle parole di Intiglietta si avverte chiaramente una duplice preoccupazione. La prima è quella di un imprenditore milanese “che non si vuole fermare”, aderendo così anche all’invito del sindaco Beppe Sala. Ma chi ha retto importanti responsabilità amministrative in Lombardia, condivide evidentemente anche l’estremo impegno di una giunta regionale lombarda fisicamente in trincea contro l’epidemia. Una Regione lasciata colpevolmente sola dal governo centrale: dove nessuno, in quasi due settimane, ha ancora pensato di salire a Milano per un gesto minimo di solidarietà civile e un segnale tangibile di voler cooperare nell’emergenza-Paese, fuori da ogni contrapposizione politica.
Ma può ragionevolmente essere chiamato “governo centrale” un organismo in cui il premier è ormai in grado al massimo soltanto di convocare una riunione informale di ministri e non un vero e proprio Consiglio? È un “governo” quello in cui due ministri dello stesso partito (Stefano Patuanelli al Mise e Luigi Di Maio agli Esteri) chiacchierano sui giornali – ciascuno per conto suo – di decisioni che avrebbero già dovuto assumere da tempo di concerto con l’intero esecutivo? È un governo quello che delega il preannuncio di una nuova “zona rossa” in provincia di Bergamo a un anonimo burocrate romano come il direttore dell’Istituto superiore di sanità? È un governo quello in cui il Mef si appresta a spacciare – “forse la settimana prossima” – una manovra da 3,6 miliardi come “pacchetto anti-coronavirus”? È un governo quello in cui il capodelegazione di uno dei due principali partiti della coalizione è impegnato a tempo pieno – si legge – nella ricerca di parlamentari “responsabili” (sic) per tenere vivo in rianimazione un governo che ha gravemente fallito la sfida-coronavirus?
Nel 2011, di fronte alla crisi dello spread – meno grave di quella odierna – il Presidente della Repubblica prese atto dell’insuccesso dei ripetuti tentativi del governo Berlusconi di varare misure di austerità di reale efficacia per contrastare l’epidemia speculativa sul debito pubblico. La “riserva della Repubblica” disponeva allora di Mario Monti: anzitutto ex commissario Ue con deleghe economiche.
Giorgio Napolitano promosse un governo istituzionale, affidando a Monti la premiership legittimata dal titolo parlamentare di senatore a vita. Positivi o meno che siano stati nell’impatto di medio periodo i provvedimenti “salva Italia” del dicembre 2011, essi furono adottati: coagulando ampio consenso parlamentare e rispondendo alle attese dei mercati e agli impegni assunti con le autorità Ue (decisivo fu anche il ruolo di Mario Draghi, appena insediato come presidente della Bce).
Oggi la situazione oggettiva presenta molte analogie: è necessario che il governo italiano assuma misure eccezionali di politica economica, questa volta sollecitando la Ue a uscire dalla sua inazione. Può farlo un esecutivo guidato da un premier non eletto, incapace fin dalla nascita di qualsiasi azione di governo, ora del tutto screditato dalla Caporetto del coronavirus?
È a partire da questa analisi cruda – ma difficilmente oppugnabile – che Intiglietta chiede un “governo commissariale”. Non è affatto certo che a Roma troverà qualcuno disposto ad ascoltarlo, anzi. Forse il massimo che il Paese reale (l’Azienda-Italia del Nord) può chiedere attualmente al Paese legale (il “governo del Sud”) è la cooptazione di un “ministro commissario”: almeno un vicepremier con ampia delega alle politiche economiche d’urgenza e alle relazioni con l’Europa (anzitutto con diritto di partecipazione al Consiglio dei capi di Stato e di Governo). La “riserva della Repubblica”, fortunatamente non è vuota.
Carlo Cottarelli – ex direttore esecutivo del Fmi – è oggi direttore dell’Osservatorio dei conti pubblici dell’Università Cattolica di Milano. È già stato premier incaricato per un giorno, dopo l’ultimo voto politico: da parte dello stesso presidente Mattarella. E le sue idee sul contrasto alla lunga crisi italiana – anche prima del “cigno nero” venuto dalla Cina – sono note. È già un buon punto di partenza rispetto all’intero governo Conte 2: che di idee non ne ha mai avute e le poche presentate come tali sono confuse, pericolose, alla fine semplici pretesti di guerricciole interne alle fazioni della coalizione.