Siamo arrivati ormai al punto di non ritorno: quasi certamente Filippo Inzaghi lascerà il Milan. In Spagna si dice addirittura che il club di via Turati lo abbia offerto all’Espanyol. Uno scempio si sta per compiere, una leggenda del calcio italiano ed europeo viene messa alla porta da uno dei club più blasonati al mondo. Un club che fino a qualche anno fa si poteva definire una “famiglia”, dove chi aveva dato e continuava a dare tanto veniva trattato con rispetto, dove l’ultimo arrivato prendeva ripetizioni di stile da chi aveva di fronte.

Oggi, complice una società ormai abituata a fare affari ai ristoranti spulciando tra giocatori a parametro zero o il cui pagamento può essere dilazionato negli anni e senza più scopritori di talenti migrati verso Parigi e petroldollari, a dettare legge è un arrogante allenatore livornese. Badate bene, arrogante non per le sue incomprensibili scelte sui giocatori da mettere fuori rosa piuttosto che in campo o per il fatto che in un anno e mezzo l’unico schema di gioco valido sembra essere “palla a Ibra”, ma arrogante per i toni che usa nelle sue dichiarazioni.

Per esempio, al noto quotidiano sportivo rosa dice: “Agisco per il bene del Milan: ho vinto campionato e Supercoppa, sono queste le cose che restano. Inzaghi ha fatto la storia del calcio come tanti campionissimi che sono passati dal Milan, ma bisogna vedere le cose come stanno. La vita va avanti, altrimenti giocherebbe ancora anche Maradona. Dobbiamo giocare bene, ma anche ottenere risultati, non alleno i globetrotter”.

Ora, ci mancherebbe che un allenatore agisse contro gli interessi della sua squadra, ma Massimiliano Allegri si rende conto che il campionato e la Supercoppa da lui vinti contano come il due di briscola nella storia del Milan? Con tutto il rispetto dei tifosi napoletani, poi, bisognerebbe ricordare al “glorioso” tecnico rossonero che tal Diego Armando Maradona non ha potuto continuare a giocare per evidenti problemi di salute oltre che di squalifica legata all’utilizzo di cocaina. Storia ben diversa da quella di Filippo Inzaghi, che certamente ancora avrebbe tanto da dare a quella maglia che sicuramente ama (come un vero tifoso) più di certi allenatori. Se poi l’obiettivo di Allegri è quello di giocare bene, è molto lontano sia dai globetrotter, sia dal suo predecessore sulla panchina rossonera. Quanto all’idea di ottenere risultati, il vero banco di prova è la Champions League, competizione dove un certo Filippo Inzaghi (chissà perché escluso dalle liste) è indiscusso goleador e cannoniere.

Certo, Allegri potrebbe anche avere ragione a non voler schierare un giocatore che non si allena da 45 giorni. Ma potrebbe anche “smascherarlo” mettendolo in campo e facendo vedere ai suoi tifosi che Superpippo Inzaghi è finito, che non esiste più e fa bene lui a considerarlo “storia”, ferro vecchio da buttare via. Dubito tuttavia che Inzaghi sia finito: ne avremo probabilmente una prova quando lo vedremo giocare nella sua nuova squadra. Ma dubito anche che mister Allegri sia il tipo da accettare sfide di questo calibro, un po’ come quando con sprezzo del pericolo cercando di rimediare un pareggio in casa della Juventus ne venne fuori con una sconfitta. Se poi del tecnico livornese si lamentano anche Taye Taiwo e Alexandre Pato qualcosa vorrà pur dire…

Un’ultima considerazione rispetto ai “colleghi” tifosi rossoneri: spiace un po’ vedervi inviperiti contro Allegri solo quando in discussione viene messo il quasi genero del Presidente assente. Un po’ di statistiche su dove ci hanno portato i gol di Pato rispetto a quelli di Pippo dovrebbero farvi riflettere meglio sul timing per ritenere un “pazzo” il proprio allenatore (a cui è bastato un solo tricolore per perdere la testa, manco fosse interista!).