Meglio che sia finita così. Ci mancava solo di doversi sorbire i sermoni dei calimeri nerazzurri, da anni – a sentir loro – oggetto di furti e ruberie, senza le quali avrebbero vinto decine di scudetti e chissà quante coppe. Poco importa che il risultato più giusto tra Milan e Inter fosse un pareggio, un risultato che i gobbi di tutta Italia fortemente desideravano. È stato un derby dove per la verità nessuna delle due squadre ha nettamente dominato sull’altra. Dove a parte gli errori dell’arbitro Orsato e di Ignazio Abate, Mark Van Bommel ha centrato una traversa e Julio Cesar ha potuto dimostrare di essere un ottimo portiere (anche Christian Abbiati è risultato decisivo in un’occasione).

A parte i “regali” di Cagliari e Genoa, che lasciano il Milan nella zona alta della classifica, sulla sponda rossonera di Milano è comunque tempo di riflettere, e seriamente, su come stanno andando ultimamente le cose. Certo, il Milan non perdeva da ottobre, dalla trasferta in casa della Juventus. Ma è anche vero che la squadra di Massimiliano Allegri non sembra poter andare lontano se non è capace di vincere gli scontri diretti. Andando in ordine di classifica: con la Juventus ha rimediato un 2-0, con l’Udinese ha pareggiato 1-1 a San Siro, con la Lazio non è andata oltre un 2-2 sempre a Milano, con l’Inter ha appena perso 1-0, in casa del Napoli ha rimediato un secco 3-1. Gli è andata bene giusto all’Olimpico contro la Roma (3-2). Per chi vuole riconfermarsi Campione d’Italia è quasi un obbligo battere i propri diretti avversari, che rispetto all’anno scorso sembrano decisamente più agguerriti e in forze.

In campo oggi si sono viste troppe cose (per una partita così importante) che non andavano bene. Zlatan Ibrahimovic non ha indossato i panni di Ibra-Cadabra e il gioco del Milan è sembrato sgonfiarsi come un sufflè. Alexandre Pato si è di nuovo perso e la sua intesa con lo svedese proprio non sembra voler migliorare. Inutile, purtroppo, chiedere a Robinho di togliere le castagne dal fuoco all’attacco rossonero. E oggi Filippo Inzaghi nemmeno sedeva in panchina. A centrocampo le cose non sono andate malissimo, anche se ci sarebbe da chiedere al mister rossonero come mai non abbia fatto entrare prima Clarence Seedorf, che appena ha avuto palla ha subito scaldato le mani a Julio Cesar con uno dei suoi bolidi. In certi casi, specie quando si ha a che fare con una coppia di difensori del calibro di Samuel e Lucio, le soluzioni da fuori area possono risultare decisive.

Le buone notizie, o meglio le conferme, arrivano per il Milan dal suo reparto arretrato. A parte uno svarione a testa per Gianluca Zambrotta e per Abate (purtroppo quest’ultimo decisivo per la rete di Milito), la difesa sembra ben messa, con un Thiago Silva davvero in stato di grazia e insuperabile. La cosa più sconfortante è stata comunque vedere un Milan incapace di una reazione ordinata e seria. Le azioni di attacco sono sembrate più frutto di spunti personali e velleitari che non figlie di un’idea di gioco che potesse prevalere su quello degli avversari.

Un’altra lezione che si potrebbe ricavare da questo derby riguarda il modo con cui arrivare agli appuntamenti che contano. In vista di partite importanti forse è meglio lasciare un attimo da parte la cabala (della serie Allegri ha battuto tutti gli allenatori dell’Inter che ha affrontato), le dichiarazioni da “ultimatum” per gli avversari (meglio lasciar dire a Ranieri che se l’Inter avesse perso il derby sarebbe stata fuori dai giochi), il rinnovo del contratto dell’allenatore e, soprattutto, evitare incomprensibili mosse di calciomercato. Pato se ne va, arriva Tevez. No, il brasiliano non si muove da Milano, l’ha detto Silvio Berlusconi e Adriano Galliani subito ha mollato il colpo sull’argentino. La spiegazione presidenziale prima tira in ballo un’assurda promessa ad Antonio Cassano, poi sembra voler sconfessare la gestione della società dello stesso Galliani. Nel frattempo tutti pensano a Barbara Berlusconi. E a qualcuno non sfugge che anche Riccardo Kakà sembrava destinato a lasciare il Milan nel gennaio 2009 per andare al Manchester City. Anche allora ci fu l’intervento presidenziale, salvo poi vedere il talento verdeoro sbarcare a Madrid dopo qualche mese. Non è che magari a giugno Pato lascerà lo stesso Milano magari per una squadra più blasonata del Psg?

Del resto bisognerebbe rinfrescare la memoria ad alcuni tifosi milanisti a cui il recente scudetto ha fatto dimenticare come stavano le cose proprio dopo la cessione di Kakà. Il Milan sembrava ormai destinato a perdere altri pezzi, tra cui lo stesso papero e addirittura si rincorrevano voci sulla cessione della società da parte della famiglia Berlusconi. L’anno seguente ci fu la svolta, con una serie di acquisti sul mercato che hanno messo a disposizione del nuovo arrivato Allegri una squadra per vincere lo scudetto. A qualcuno non sfuggì che gli acquisti arrivavano proprio quando si rincorrevano le voci di possibili elezioni anticipate, senza dimenticare che il pagamento dei giocatori veniva rinviato di un anno (cioè a questa stagione, nella quale, guarda caso, il mercato è stato “modesto”). Insomma, trascorsi i 25 anni di presidenza, forse è bene che il vero Presidente riprenda in tutto e per tutto il timone della società, che mai come in quest’ultimo mese appare allo sbando. Anche perché, caro Presidente, tra un mese si torna a giocare per la Champions.