È stata una partita particolare quella tra Milan e Novara. Gli ultimi 90 minuti di un campionato che ormai aveva dato il suo verdetto e di una stagione i cui obiettivi iniziali sono stati mancati. C’era anche qualcosa di inedito: ben quattro giocatori (di cui tre italiani) che hanno scritto la storia rossonera a dare l’addio ai propri tifosi (senza dimenticare gli altri che se ne vanno). Non è la prima volta che dei campioni lasciano il Milan, ma mai era successo che fossero così tanti nello stesso momento.

Non so se essere preoccupato per questo: dopo le dichiarazioni di Andrea Pirlo, nei giorni scorsi i partenti hanno ricordato Carlo Ancelotti, ma nessuno ha rivolto un pensiero a Massimiliano Allegri. Credo che il Milan si trovi a una svolta importante della sua storia e solo il mercato che verrà ci potrà dire a quali traguardi potranno ambire i rossoneri. Ma ora torniamo alla partita dei saluti, degli addii, che non sono stati tutti uguali tra di loro.

C’è chi, forse con più tatto di Pirlo, ha scelto di andare a giocare altrove, senza andare a rafforzare gli avversari e c’è anche chi ha deciso di appendere per sempre le scarpette al chiodo: Filippo Inzaghi. Pippo, proprio nella sua ultima partita, è tornato anche al gol, regalando la vittoria al Milan, che nel primo tempo aveva subito la rete di Santiago Garcia. Mathieu Flamini ha poi pareggiato i conti, finché Inzaghi, entrato da un quarto d’ora, al minuto 82 ha stoppato di petto in area un lancio di Clarence Seedorf e poi con una girata di destro ha trafitto Alberto Fontana.

Un ultimo regalo commovente quello di Pippo, che già aveva comprato un’intera pagina della Gazzetta di oggi per salutare e ringraziare i suoi tifosi. Permettetemi (indipendentemente da quanto ha pubblicato lui sul sito del Milan venerdì) di scrivere una lettera aperta a Inzaghi.

Caro Pippo,

Ricordo bene quando sei arrivato al Milan nell’estate del 2001. Ti confesso che non ero entusiasta del tuo arrivo: “puzzavi” ancora troppo di Juventus e non ti nascondo che quando a Monaco ti avevano spaccato il labbro non ero per niente dispiaciuto. Quell’anno poi il Milan si era portato sulla panchina Fatih Terim, esonerato dopo la partita con il Torino in cui hai sbagliato un rigore (ma di questo, col senno di poi, ti ringrazio). Per fortuna poi c’era stato lo sbarco a Milanello di Carlo Ancelotti, mentre tu ti eri spaccato il legamento del ginocchio sinistro.

Qualcosa però, caro Pippo, è cambiato proprio verso la fine di quella stagione, in cui i tuoi gol (pochi ma buoni) ci hanno permesso di agguantare i preliminari di Champions League. Ed è proprio nella competizione europea che ti sei dato più da fare e hai conquistato il mio cuore: prima il gol in casa dello Slovan Liberec che è valso la qualificazione alla fase ai gironi, poi la tripletta a La Coruna e la doppietta a Monaco di Baviera. Ogni volta il tuo urlo, la tua esultanza “di cuore” sembrava la mia, quella di ogni tifoso rossonero. La “consacrazione” definitiva si è avuta a San Siro, quarti di finale in casa contro l’Ajax: il risultato fisso sul 2-2 che vuol dire eliminazione, quando è già scoccato il 90’. Nel primo minuto di recupero un lancio disperato di Alessandro Nesta e tu che arrivi su quel pallone e riesci a scavalcare il portiere avversario. Il gol viene attribuito a Jon Dahl Tomasson, ma tutti sappiamo che è merito tuo. Nessuno ha avuto dei dubbi su questo mentre come sempre correvi sotto la nostra curva (quel giorno c’ero anch’io allo stadio). Dopo la semifinale coi cugini c’è stata quindi Manchester dove abbiamo beffato la “tua” Juve. È forse lì, Pippo, che si è sancita definitivamente la tua unione con il Milan e l’addio a ogni “ricordo” bianconero (anche perché con la Juventus non l’avevi vinta la Champions).

Sembrava una gioia per te “spezzata”, perché gli infortuni ti hanno tenuto lontano per tanto tempo dal campo, ma sei tornato giusto per riportarci ancora in Europa e volare ai mondiali di Germania nel 2006. Un’estate davvero difficile da dimenticare quella, perché c’è stata Calciopoli di mezzo. Siamo rimasti col fiato sospeso prima di capire che ne sarebbe stato di noi. Alla fine ci è toccato partire dai preliminari e a Belgrado, contro la Stella Rossa, sono stati ancora i tuoi gol a darci la certezza di poterci giocare la Champions. In finale abbiamo ritrovato quel Liverpool che ci aveva beffato due anni prima. C’ero anche lì ad Atene, caro Pippo, mentre ci regalavi la coppa: il coronamento di una rivincita, una giornata di grande orgoglio mentre i cugini festeggiavano lo scudetto “di cartone”. Poi c’è stato anche il ritorno alla vittoria dell’intercontinentale: anche lì un’altra tua doppietta.

Queste sono forse le emozioni più grandi che mi hai regalato, che mi sono tanto mancate negli ultimi mesi. I tuoi gol, segnati in ogni modo e posizione (che bello poter dire: un gol alla Inzaghi), la tua esultanza come se fosse sempre una rete segnata nella finale del più importante trofeo e la tua  corsa verso i tifosi. C’è sempre stata questa tua voglia di condividere la tua gioia con i tifosi, non ti sei mai voluto specchiare “narcisista” sulla tua bravura (era come se tu dicessi “abbiamo segnato” e non “ho segnato”). Me lo hai dimostrato anche quest’anno: mai una parola fuori posto nonostante fosse chiara la scelta dell’allenatore di fare a meno di te. E poi la tua decisione a gennaio di restare al Milan nonostante le offerte ricevute per andare a giocare altrove. Sarebbe stata una scelta che avrei compreso e accettato. Certo, avrei sofferto vedendoti esultare e regalare gioie ad altri tifosi, ma sarei stato contento di vederti giocare ancora. Ma tu hai deciso di restare e dire addio al calcio quest’oggi, e non solo al Milan. L’hai fatto nel modo migliore, segnando un gol “alla Inzaghi” nonostante i venti minuti che ti sono stati messi a disposizione e regalandoci una vittoria. Anche oggi, caro Pippo, mi hai fatto emozionare e qualche lacrima è scesa.

Nella mia vita ho visto altri campioni andarsene dal Milan. Tu l’hai fatto con la correttezza e lo stile di pochi che davvero mi lasciano tranquillo sulla sincerità del tuo amore per la nostra maglia. Non hai scelto strade facili, scorciatoie o fughe. Non deve essere stato facile e indolore per chi ha sempre avuto fame di gol e di vittorie come te. Per questo, caro Pippo, so che qualunque vittoria dovesse arrivare non avrebbe lo stesso sapore di quelle vissute con te. Grazie di tutto.

P.S.: Non volermene, ma oggi a San Siro non c’ero. Sono stato molto indeciso, ma poi ho capito che nemmeno oggi saresti stato in campo dal primo minuto. Penso che da parte di una squadra cui hai dato così tanto meritassi un addio migliore.