La squadra di Massimiliano Allegri sembra un po’ come la capigliatura di Kevin Prince Boateng: può presentarsi inaspettatamente diversa rispetto alla partita precedente. Il match inizia infatti senza nessuna delle “creste” in campo. E coi riferimenti tricologici ci fermiamo qui. Certo è che la decisione di schierare Robinho al posto di Stephan El Shaarawy fa storcere più di un naso a San Siro (anche perché c’è chi non ha dimenticato la doppietta del faraone che ha permesso ai rossoneri di agguantare il pareggio al San Paolo nel match di andata). Ma il disappunto passa in fretta, perché la partita è subito vivace: il Milan pressa alto, il Napoli cerca la profondità. E alla mezzora una rapida serie di triangolazioni porta Mathieu Flamini al tiro che batte Morgan De Sanctis.

Tutto sembrerebbe volgere per il meglio, se non fosse che una rara amnesia difensiva milanista, accompagnata da un bruciante uno-due Marek Hamsik-Goran Pandev, permette al Napoli di trovare il pareggio dopo soli 3 minuti. Come se non bastasse, passati altri 180 secondi il biondo Boateng si infortuna. Entra quindi in campo una delle due “creste” a disposizione di Allegri (dato che Mario Balotelli è squalificato): quella di ‘Mbaye Niang. Il giovane francese non si fa però notare e il primo tempo si chiude con un brivido quando Edinson Cavani aggancia un pallone in area e impegna Christian Abbiati con un pallonetto, senza tuttavia trovare il colpo vincente.

Il secondo tempo è privo di emozioni, almeno fino al minuto 72, quando Flamini entra coi piedi a martello su Juan Camilo Zuniga e viene spedito negli spogliatoi da Gianluca Rocchi con un rosso diretto. Per il resto Gianpaolo Pazzini continua il suo corpo a corpo da 90 minuti con Miguel Angel Britos, Cavani non trova mai lo spunto giusto per colpire (come in passato) i rossoneri e l’ingresso di El Shaarawy, proprio dopo l’espulsione di Flaimini, non cambia le sorti del match. Alla fine il pareggio serve più al Napoli, che lascia inalterato il suo vantaggio sul Milan a quattro punti. Gli stessi che ora dividono la Fiorentina dai rossoneri. Di certo chi gode di più per il risultato è la Juventus, che domani potrà affrontare la Lazio certa di avere più di una mano sullo scudetto.

Domenica prossima i bianconeri potrebbero addirittura metterci sopra la seconda e preparare un’imminente festa allo Juventus Stadium. Sta al Milan cercare di rovinare il “colpo gobbo”, se non altro per non gettare alle ortiche la rimonta che nel corso del campionato l’ha portato fino al terzo posto che vale la Champions – proprio il match di andata coi bianconeri (1-0 grazie al rigore di Robinho) aveva dato il via a una serie di risultati positivi (sconfitta con la Roma a parte).

Vorrei sentirmi tranquillo e dar retta alla rassicurazioni che il consigliere di amministrazione di via Turati, Barbara Berlusconi, ha pensato di dare ieri attraverso un apposito servizio televisivo nel tg di una delle reti di famiglia. Tuttavia sentir parlare “lady Pato” di progetto della società per investire sui giovani e formare i top player in casa non mi pare in sintonia con l’acquisto a gennaio di Cristian Zaccardo (anni 31), l’arrivo di Mario Balotelli (mai stato al Milan in vita sua) e la carriera di Stephan El Shaarawy (un talento formatosi al Genoa). Per fortuna la tranquillità mi arriva dal pensare che le sue parole sono quelle di un consigliere di amministrazione e non di un presidente. Anche se mi non dispiacerebbe vedere suo papà a Milanello o allo stadio anche quando non c’è la campagna elettorale di mezzo.

Mi fa anche star più tranquillo sapere che c’è chi rilascia dichiarazioni ancor più imbarazzanti. Per Paolo Bonolis, l’espulsione odierna di Flamini (e del resto anche i due rigori assegnati domenica scorsa alla Fiorentina), così come la doppietta di Mauricio Pinilla, fanno parte del diabolico complotto atto a garantire ingiustamente il terzo posto (che per i meriti dimostrati sul campo spetterebbe alla sua Inter) al Milan.