Miniserie tv visibile su Netflix, otto puntate sparate tutte insieme il primo gennaio. Prodotta in Inghilterra, girata perlopiù a Manchester con un cast britannico di attori non acclamati al cinema internazionale ma conosciuti in patria. Un inganno di troppo è un crime con poca action, nato dalla penna di Harlan Coben, autore di svariati romanzi che ha creato questa storia appositamente per Netflix adattandola al contesto inglese.



Partiamo dai personaggi fondamentali.

Maya. Bella donna, ricorda Angiolina Jolie, ora pilota istruttrice di elicotteri cacciata dall’esercito per aver ucciso dei civili in Medio Oriente. Mentre era in missione hanno assassinato la sorella Claire in una rapina in casa e poi dopo qualche mese viene ucciso il marito Joe mentre sono insieme al parco di sera.



Samy. Detective… brutto, ricorda nella goffaggine il Tenente Colombo anche se veste meglio. Ha un passato da alcolista, andato in down per l’uccisione della fidanzata. È tenace, insistente. Aspetta un figlio dalla compagna. Continua ad avere malori improvvisi.

Marty. Partner del detective Samy. Giovanotto tutto muscoli, pronto alle battute (non apprezzate dal suo capo), sveglio, gay (lo è anche nella realtà, ormai sti ammiccamenti sono routine).

Judith. Mamma di Joe. Sempre una bella signora nonostante l’età, dirige da strega la famiglia e l’azienda farmaceutica. Potere e sterline. La villa nella campagna inglese è una reggia.



Poi abbiamo il marito della sorella di Maya con i due figli, un fratellastro avuto dalla madre in giovane età e il relativo padre che vengono scoperti ora; un video blogger/hacker che mise online le immagini delle uccisioni quando era militare, sputtanandola; un amico della MP che l’aiuta nelle indagini; tre morti correlati nella storia; una donna grillo parlante che ammonisce spesso il detective; la sorella di Joe che lancia messaggi a Maya; l’allenatore di calcio il cui figlio era in moto nel parco nella sera dell’omicidio.

La sorella e il marito di Maya sono stati uccisi, ora è sola con la figlia in una casa ultra lussuosa. In sala ha una cornice con foto digitali e telecamera incorporata. Riguarda le immagini del giorno e vede insieme alla bimba un uomo: suo marito. Ma… è mortooooo!

La pistola che ha ucciso la sorella è la stessa che ha giustiziato il marito. Da ex capitano dell’esercito si butta a capofitto in un’indagine propria. Il detective Samy e il suo partner battono piste simili.

La sorella Claire lavorava nell’azienda di famiglia di Joe. Forse bisogna partire da lì per indagare. Scoprirà altarini (belli grossi) di famiglia. Tutto scontato? Facile risoluzione penserete… ma non è quello che appare. Non spoilero nulla, solo nell’ultima puntata salterà fuori tutto, ma per capirci qualcosa bisogna guardare anche le precedenti. È un insieme di colpi di scena, una matrioska che sembra infinita.

Ma il marito è vivo o è morto?

Alcune scivolate narrative ci sono. La tata che sottrae a Maya la memory card con l’immagine del marito riappare nell’ultima puntata. Abitava in zona però. Io avrei fatto lo stalker.

Non vi era certificato di morte del marito e la salma era stata riconosciuta solo dalla madre. Fossi stata nell’ex capitano avrei scoperchiato la tomba.

Scontato il motivo dei malori del detective.

Le puntate sono molto serrate con un finale di ciascuna che lascia un’incognita. Fino alla quarta inclusa vengono buttate sul piatto in pasto al telespettatore tante e troppe cose che possono sembrare fuorvianti. Tutto voluto chiaramente, un labirinto che accresce la tensione.

Normalmente quando leggo un romanzo crime, thriller e noir (questo vale anche per i film dello stesso filone) dopo il fatto cruciale abbozzo il colpevole. Quasi sempre c’azzecco. Qui, il susseguirsi di sorprese, di intrecci e suspence, tutto intenzionale, mi ha portato e vi porterà fuori rotta.

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