Giovedì 8 siamo stati invitati a Domodossola, in occasione dell’incontro “Un lavoro per l’uomo” dove, oltre a noi, saranno presenti lo scrittore Daniele Mencarelli, Giorgio Vittadini, Davide Damiano, presidente della cooperativa sociale Pandora di Milano, a parlare della nostra esperienza come consorzio di cooperative sociali di tipo B che si occupano di inserimento lavorativo di soggetti in difficoltà, fragili e svantaggiati (detenuti, ex tossicodipendenti, ex detenuti).



L’ospitalità al Consorzio Link da parte degli amici di CST e de IlSussidiario.net è un piacere ed una opportunità per provare a generare uno scambio rispetto a quello che è il ruolo del lavoro e dell’impresa in un ambito così particolare come la cooperazione sociale. Quella della cooperazione sociale è una storia di tentativi, nata negli anni 70 su intuizioni che verranno riconosciute quasi venti anni dopo le prime esperienze nel territorio nazionale, quando sarà emessa la legge 381 del 1991 che riconoscerà e normerà in maniera chiara queste innovative imprese. È una storia fatta di tante storie di persone che si sono incontrate e hanno preso a cuore il percorso di lavoro e vita dei propri soci. Ma prima di tutto partiamo da questa parola: socio.



Per capirla, aiuta fare un parallelismo con le imprese classiche: il socio è colui che detiene parte della proprietà della azienda, sotto forma di quote di capitale sociale. I soci sono la proprietà, coloro i quali stabiliscono come orientare l’impresa nel proprio interesse. Ci sono aziende che hanno un unico proprietario e aziende che ne hanno di più. Senza andare a disturbare le società per azioni (che esistono anche in forma di cooperativa sociale) limitiamoci a questo concetto: un’azienda è guidata da chi ha più capitale sociale, poiché il suo voto, all’interno degli organi di governo dell’azienda, pesa di più, influenza maggiormente di quello di chi ha meno capitale sociale.



Una prima differenza: una cooperativa di lavoro a scopo sociale ha capitale diffuso tra i soci e non importa quante quote sociali uno possieda. Tutti, quando votano, contano uno. Quindi sono aziende dove la proprietà sceglie in maniera democratica le proprie strategie? Esattamente. Ma c’è di più. Il socio è, nella stragrande maggioranza dei casi, un lavoratore. Ma quindi non c’è il conflitto tra capitale e lavoro? No, no, assicuriamo che c’è conflitto! Il conflitto è una naturale esperienza umana, solo che nelle cooperative sociali esso ha la sua espressione massima all’interno dell’assemblea dei soci.

Paroloni, ma che significa? È molto semplice, nel momento in cui io sono un cooperatore sociale, io sono al contempo il padrone e il lavoratore e devo sapere mettere insieme gli interessi così diversi che vivo in quei due ruoli. Ma, ovviamente, c’è molto di più. La cooperazione sociale nasce per creare una impresa democratica capace di offrire opportunità di lavoro a chi vive delle fragilità specifiche: dipendenti da sostanze o dal gioco, disabili fisici e mentali, detenuti. Per capirci: quindi le strategie di una azienda vengono prese da un tossicodipendente? No, vengono prese tutti insieme, tenendo conto di ciò che una persona è capace di portare all’interno di un processo decisionale, senza spersonalizzare il vissuto del singolo, ma mettendolo insieme in un corpo più grande della sola persona, che ha bisogno di tutti, se no crolla.

Parliamo di società delicatissime, che devono mettere insieme strategie commerciali e sensibilità dei singoli, la volontà di cambiare il mondo e la necessità di tenere insieme i conti. Abbiamo provato, quindi, a raccontare che imprese sono le cooperative sociali, che da sperimentazione sono diventate un pilastro fondamentale della economia italiana, producendo 16 miliardi l’anno (dato 2021). Nel solo Consorzio Link le 10 cooperative socie producono complessivamente oltre 16 milioni di euro all’anno ed occupano circa 450 persone, di cui 125 svantaggiate, a cui sia aggiungono ulteriori 250 persone tra soggetti finanziatori e volontari, borse lavoro e tirocini, messe alla prova e lavori di pubblica utilità.

Oltre ai numeri, però, aiutano le storie: come quelle di ragazzi appena maggiorenni e non ancora diplomati che a inizio anni 80, occupando una casa costruita dalla Provincia di Novara e inutilizzata hanno preso a vivere con ragazzi che venivano dai terribili manicomi o da situazioni complicate, creando la cooperativa Isola Verde. Tra i ragazzi accolti c’era Piero, divenuto presto un pilastro della cooperativa, nonché Presidente onorario. Oggi Piero è in pensione e vive nella sua grande casa vista lago. Non avendo chi si occupa di lui, la cooperativa ha, insieme a Piero, creato la Casa di Piero: da una ristrutturazione importante che sta per concludersi, presto ne verrà una nuova casa capace di ospitare altre persone che, come Piero, necessitano di assistenza e compagnia. A oltre 40 anni di avvio da quella folle idea che faticava a mettere insieme il pranzo con la cena, prosegue la voglia di stare insieme e di starci bene.

O la storia di Tony che, accolto nel ristorante di Gattabuia della cooperativa Il Sogno, viene da una esperienza di carcere. Durante il Covid Tony, esperto pizzaiolo, chiede di potere attivare un servizio di delivery di pizza. È il successo! Tony impasta e cucina, la pizza è ottima e vende benissimo. Ritenuto concluso il suo percorso con la cooperativa, Tony va per la sua strada con la sua professione ma lascia, dopo un periodo di affiancamento, nuove persone a cucinare una pizza di alta qualità. In queste storie, come nelle tantissime che la cooperazione offre, c’è una verità assoluta: la cooperazione sociale non è paternalismo ma condivisione e l’inserimento lavorativo una opportunità per tutti. Un’ultima storia la lascio per il Consorzio Link, cooperativa di cooperative sociali, che nel 2016 ha deciso di prendersi cura di un bene comune, lo Spazio Sant’Anna, nato a Verbania negli anni 80 per volere della Parrocchia locale per dare risposta ai tanti giovani che necessitavano di un luogo di incontro e di crescita personale e collettiva. Terminato il progetto sociale che lo ha animato per alcuni decenni, il bene rischiava di venire dismesso, a causa anche dei tanti lavori di ristrutturazione necessari ad un utilizzo sicuro. Così il Consorzio lo ha preso in gestione sino al 2048 e ristrutturato, riprogrammando l’attività del teatro di comunità di 194 posti e rimettendo a disposizione un’area destinata a stimolare la partecipazione sociale e culturale della Città di Verbania.

Il tutoraggio di comunità è l’ultima innovativa frontiera di questo mondo in continua evoluzione. Ringraziamo ilSussidiario per la possibilità di far seguire l’incontro dell’8 Febbraio che si terrà a Domodossola in diretta streaming.

 

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI