L’emergenza coronavirus ci ha insegnato l’importanza della distanza interpersonale, ma quella minima stabilita dal governo potrebbe non bastare. Secondo gli esperti un metro non è sufficiente al chiuso e nelle regioni con più contagi. «È questione di capire il rischio che vogliamo prenderci», ha dichiarato Carlo Signorelli, professore di Igiene al San Raffaele di Milano, a Repubblica. «La precipitazione delle goccioline respiratorie è molto alta entro un metro di distanza dalla persona infetta. È più bassa, ma esiste ancora, tra uno e due metri. È trascurabile oltre i due metri». Questo non vale solo se la persona positiva al coronavirus tossisce o starnutisce, ma anche se parla o più semplicemente respira. Anche per Carlo Federico Perno, virologo dell’università di Milano, «in Lombardia, al chiuso, la distanza di un metro fra i tavolini non è sufficiente per stare tranquilli». Servono almeno due metri, mentre la distanza di un metro ha senso all’aperto. Dai dati è emerso che la maggior parte dei contagi è avvenuta in luoghi chiusi, per questo bisogna essere prudenti.



“UN METRO DI DISTANZA NON BASTA. E ATTENZIONE AI GUANTI”

Pensiamo ad una cena a casa con amici. Una situazione rilassante e al tempo stesso insidiosa, perché il rischio di contagio è alto. Signorelli ha ricordato a Repubblica che durante il lockdown il 30 per cento dei contagi è forse avvenuto in ambiente domestico. La spiegazione è facile da trovare: in situazioni distese si tende a ridurre le precauzioni. Ma il concetto di “fiducia” non deve esistere col coronavirus. Attenzione poi ai guanti, una precauzione necessaria in ristoranti e bar, ma quelli sporchi possono rivelarsi più pericolosi delle mani nude. «Se li mettiamo al mattino e li togliamo la sera, toccandoci il viso e le superfici più varie, avremo un concentrato di microbi davvero poco igienico», ha dichiarato Perno. La mascherina è la nostra ancora di salvezza, soprattutto negli ambienti chiusi e con la distanza di sicurezza inferiore ad un metro. «Se due persone la indossano come si deve, il rischio che l’uno possa contagiare l’altro si riduce del 95%», ha spiegato Signorelli. La chiave resta sempre il buon senso.

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