L’ultima puntata dell’ultima stagione (la sesta) era andata in onda su RaiUno giovedì 20 maggio 2021, e aveva segnato il record d’ascolti: 5,2 milioni di spettatori netti per il 24,1% di share. Tanto per fare le proporzioni, in quella prima serata il broadcaster competitor, Canale5, aveva schierato un superfilm, “Il Corriere – The Mule”, diretto e interpretato da Clint Eastwood nel 2018, che però s’era dovuto accontentare di una media di 2.694.000 spettatori, pari al 12,8% di share.
La serie blockbuster è “Un passo dal cielo”, tutta made in Italy, un successo che continua dal 2011, basata sulla vita di un comandante di stazione del Corpo Forestale, interpretato per le prime tre stagioni da un Terence Hill a cavallo, poi sostituito da Daniele Lotti. Le vicende della serie erano ambientate per le prime cinque stagioni a San Candido (Bolzano), nel parco naturale Tre Cime in Val Pusteria, al lago di Braies, a Dobbiaco.
Dalla sesta stagione la serie si era spostata a San Vito di Cadore, nelle Dolomiti bellunesi. Dopo la chiusura, quel 20 maggio del ’21, il futuro era rimasto sospeso a lungo, complici anche le incertezze legate alla pandemia. Quel record, però, non andava ignorato, e la casa di produzione Lux Vide spa (fondata da Ettore Bernabei, ex direttore generale della Rai, oggi partecipata da Fremantle), la medesima casa di “Don Matteo” e di “Doc, nelle tue mani”, ha sciolto le riserve. La settima stagione di “Un passo dal cielo” si fa: le riprese inizieranno tra pochi giorni, con qualche novità (l’uscita dal cast di Daniele Lotti e l’ingresso di Marco Rossetti, già conosciuto in “Doc”) e alcune certezze (come le location, da Auronzo, a Cortina, a San Vito). E anche stavolta verrà certamente rispettata quella che sembra essere diventata una regola non scritta per la serialità italiana: l’attenzione, il fascino, la ricerca delle location, che diventano vere protagoniste (ed è per questo che le varie Film Commission regionali intervengono nelle produzioni: il successo del film diventa il successo della destinazione).
Com’è stato per l’Umbria di “Don Matteo”, la Milano di “Doc”, la Napoli di “Mina Settembre” o “I bastardi di Pizzofalcone”, la Valle d’Aosta di “Rocco Schiavone”, o la Roma di “Nero a metà”, anche per “Un passo dal cielo” la suggestione delle ambientazioni gioca un ruolo fondamentale nel risultato. Qui le scenografie sono montagne tra le più belle del mondo, panorami che da soli valgono le riprese, laghi dai colori incredibili, atmosfere che regalano alle trame una dimensione particolare, un universo parallelo lontano da noi, eppure così vicino.
La produzione sta già accelerando i preparativi, a cominciare dalla scelta dell’ospitalità per la poderosa troupe impegnata nella lavorazione. E anche per i tanti tecnici, assistenti, costumisti, truccatori, fotografi, staff e via dicendo si è preferita una location di fascino e ambiente. Si tratta del TH Hotel Park Des Dolomites, la storica struttura che sorge tra Borca e San Vito di Cadore, recentemente passata alla gestione di TH Group, che ha aperto in luglio la sua prima stagione, sotto la direzione di Alessandro Maggia e il coordinamento di Davide Dallabona, direttore delle gestioni degli hotel di montagna di TH. “Per la produzione Lux Vide offriamo i nostri grandi spazi – dice Dallabona -, dalle camere all’immenso parco, e forniamo anche i pasti necessari al personale impegnato sui set, da quelli più vicini, qui a San Vito, fino a quelli più distanti, ad Auronzo, alle Cinque Torri e via dicendo”.
Il TH Park Des Dolomites non è un hotel come un altro. È una struttura davvero storica, piena di fascino e unica per la sua architettura e per la vastità del parco naturale che la circonda. La lunga vita del Park Des Dolomites iniziò nei primi anni del secolo scorso: fu costruito dalla Compagnia Italiana Grandi Alberghi (la gloriosa CIGA fondata a Venezia nel 1906), che s’impegnò in una struttura di lusso, una sessantina di camere per una clientela di riferimento costituita prevalentemente da un’élite nobiliare e dell’alta borghesia, dal principe Umberto di Savoia a Guglielmo Marconi, a Gabriele d’Annunzio, Eleonora Duse. La prima ristrutturazione avvenne alla fine della Grande guerra, in stile liberty, con le decorazioni del bolognese Ferruccio Scandellari che la riportarono alle origini, da vero hotel di lusso. Passò poco tempo e arrivò il fascismo: il Palace Hotel fu acquistato dalla Gioventù italiana del Littorio. Nuova guerra e nuova trasformazione in ospedale d’emergenza. Riemerso tutto sommato indenne anche dal secondo conflitto mondiale, il Park Des Dolomites passò alla chiesa bellunese. Nel 1954 la struttura venne acquistata dal seminario di Padova che vi realizzò un convitto e la residenza estiva per i seminaristi, il tutto sotto la protezione di san Pio X (studente nella città del Santo dal 1850 al 1858): il park divenne così il Dolomiti Pio X. Fino agli anni Sessanta qui si proseguì l’attività formativa, per poi tornare all’ospitalità, soprattutto l’accoglienza come centro turistico sociale. Anni di frequentazioni illustri, politici quali Aldo Moro, l’accademico Giuseppe Lazzati, futuri papi come mons. Pacelli futuro Pio XII, il cardinale Roncalli poi papa Giovanni XXIII, lo stesso don Albino Luciani futuro Giovanni Paolo I, e altri cardinali come Giovanni Urbani, Pietro Agagianian, Achille Silvestrini.
Il Park ha una struttura imponente, mitteleuropea, nella chiara pietra naturale di Dolomia, nella conca compresa tra due delle vette più belle delle Alpi orientali, il Pelmo (3168 metri) e l’Antelao (3263), a mille metri di quota e circa dieci chilometri da Cortina. Uno dei suoi punti di forza è il vastissimo parco naturale, più di 90 mila metri quadrati. Nel bosco di abeti e larici secolari sono sistemati vari impianti sportivi ed un’area attrezzata con giochi per bambini, circondata da ampi viali e terrazze con splendide viste su tutta la valle del torrente Boite. Dopo l’ultima ristrutturazione del 2009 (curata dall’architetto cortinese Oreste De Lotto), il resort era salito a una capienza di 180 posti letto su 75 camere (doppie e family).
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