Il 13 febbraio, la Staatsoper Unter den Linden di Berlino ha presentato una nuova produzione di Jenůfa di Leoš Janáček, il primo degli otto capolavori assoluti del compositore moravo. La produzione è concepita per lo streaming HD e la TV, ma può essere facilmente convertita in uno spettacolo teatrale quando l’emergenza virus sarà finita. Tra un paio di mesi, sarà mostrato alla Mezzo TV (canale televisivo satellitare francese interamente dedicato alla musica classica, ndr) in vari Paesi europei. Lo streaming HD è prodotto da Teldec. Alla “prima”, l’accesso era riservato agli abbonati della Staatsoper e a un numero limitato di critici musicali normalmente accreditati.
Jenůfa è un’opera ben nota, spesso recensita in questa testata. Pertanto, questa recensione si concentra sugli elementi salienti della produzione. La messa in scena di Damiano Michieletto e del suo team creativo (scene di Paolo Fantin, costumi di Carla Teti e luci di Alessandro Carletti) toglie quasi tutti gli elementi folcloristici (soprattutto nel primo atto) e anche gran parte di quelli di critica sociale, abbastanza importanti cento anni fa, quando l’opera ebbe il suo debutto, ma meno rilevanti oggi. L’impianto scenico ed i costumi non indicano un’epoca, un’ora e un luogo preciso. L’impianto è funzionale ai tre atti solo con il cambio di alcuni oggetti di scena; gli abiti sembrano adattarsi a qualsiasi luogo dell’Europa centrale circa cinquant’anni fa. Per de-enfatizzare il folclore, i membri del coro non sono sul palco: gli uomini sono nella prima galleria, le donne in platea. Questo dà effetti stereofonici. Sia nella prima galleria che in platea ci sono alcuni membri dell’orchestra
Così, la produzione si concentra sulla tragedia umana dei cinque protagonisti: Jenůfa, la sua matrigna che è la sacrestana della Chiesa del villaggio, nonna Burya e i suoi nipoti, i fratellastri Steva e Laca. Gli altri personaggi minori (il sindaco del villaggio, il caposquadra, sua moglie e sua figlia, il pastore, il servo, due ragazze) sono sullo sfondo, lontano dalla ribalta.
A mio parere, questa è la produzione più avvincente di Damiano Michelietto dalla sua regia de A Greek Passion di Bohuslav Martinů al Teatro Massimo di Palermo dieci anni fa. «Il modo in cui Janáček ha scritto il libretto fa sì che questa storia parli all’umanità, a tutti – dice Damiano Michieletto in un’intervista -. È la storia di una bella ragazza che è incinta e che vuole essere felice insieme al suo amante. La tragedia si sta verificando perché la società ha un problema con questa situazione, e questo porta a risultati brutali. Penso che sia molto importante non giudicare i personaggi e le loro azioni, ma cercare di entrare in empatia con loro e presentarli da una prospettiva complessa».
Il regista sceglie di concentrarsi sulla caratterizzazione e sulla psicologia, liberando l’opera da qualsiasi aspetto folcloristico. Le immagini sono chiare e rigorose: si riferiscono all’idea di una freddezza sia esterna che interna al resto degli uomini e delle donne coinvolte nella vicenda. La recitazione è superba e può chiaramente essere vista nei “primi piani” di una produzione che, senza dubbio, diventerà un DVD di successo.
Sir Simon Rattle dirige la Staatskapelle di Berlino: i temi conduttori di Janáček sono strettamente intrecciati con una costante attenzione a sostenere le voci. Camilla Nylund è nel ruolo principale, Hanna Schwarz è la nonna Burya, Stuart Skelton è Laca Klemeň, Ladislav Elgr è Števa Buryja, Evelyn Herlitzius è la sacrestana, Jan Martiník i capomastro, David Oštrek il sindaco, Natalia Skrycka la moglie del sindaco, Evelin Novak Karolka, Adriane Queiroz Barena, Aytaj Shikhalizada il pastore, Victoria Randem Jano e Anna Kissjudit Tetka
Come detto, l’attenzione si concentra sui cinque protagonisti. Camilla Nylund è una tenera Jenůfa con una voce rotonda e acuti molto ben misurati. Evelyn Herlitzius è una tormentata matrigna; scalpella ogni nota e ha un splendido registro medio come soprano drammatico.
All’età di 77 anni, Hanna Schwarz gestisce con estrema facilità il ruolo della nonna Burya e scende a un registro molto basso. Stuart Skelton e Ladislvan Elgr sono due tenori eroici di grande spessore. Commovente e difficile da dimenticare l’unico duetto: l’ultima strada di speranza verso il riscatto di Jenůfa (Camilla Nylund) e di Laca (Stuart Skelton), Uno spettacolo memorabile.