Il caso Unabomber torna in testa alle cronache con la nuova inchiesta che vede 11 iscritti nel registro degli indagati. Di questi soltanto uno sarebbe nuovo alle carte investigative in merito agli attentati del misterioso criminale che insanguinarono il Nord Italia tra il 1994 e il 2006. 17 anni dopo l’ultima azione attribuita a Unabomber, la riapertura delle indagini con analisi più sofisticate sui reperti potrebbe consegnare una svolta all’oscura storia, ma c’è chi ha paura di finire “incastrato” come all’epoca accadde all’ingegnere Elvo Zornitta (anch’egli nuovamente indagato dopo l’odissea mediatica e giudiziaria che lo vide protagonista prima di essere ritenuto estraneo ai fatti). A esprimere tale timore è Fausto Muccin, pensionato 65enne ed ex perito chimico di Casarsa della Delizia (Pordenone) oggi nella rosa dei nomi al vaglio (un atto dovuto a garanzia di difesa, che permetterà a ciascuno di partecipare alle analisi con un proprio consulente in sede di incidente probatorio), e le sue parole sono riportate dal quotidiano Il Gazzettino.



La Procura di Trieste, come riferisce Ansa, avrebbe già precisato che “nei confronti di nessuna delle 11 persone menzionate nella richiesta d’incidente probatorio come ‘persone sottoposte a indagine’ sono stati acquisiti elementi tali da consentire di convogliare le investigazioni in una precisa direzione“. Non ci sono elementi a carico, dunque, e gli inquirenti ora sperano di arrivare a un quadro più definito con l’accertamento genetico da condurre su almeno 10 tra le migliaia di reperti sequestrati. Nonostante questa tiepida rassicurazione per i soggetti al momento nel cono investigativo, alcuni farebbero i conti con l’ansia e la paura di un “inquinamento delle prove“. Le 11 persone indagate, riporta Il Corriere della Sera, sarebbero Luigi Pilloni (il nuovo uomo, 61enne originario di Cagliari e residente nel Trevigiano), Fausto Muccin, i fratelli Elvo e Galliano Zornitta (quest’ultimo già considerato in una prima fase), i gemelli Lorenzo e Luigi Benedetti (di Sacile), i fratelli Claudio e Dario Bulocchi (di Fontanafredda), Luigi Favretto (di Tarcento), Angelo La Sala (di Lestans di Sequals) e Cristiano Martelli (di Azzano Decimo).



Fausto Muccin e le nuove indagini sul caso Unabomber: “Ho paura di essere incastrato”

Intervistato dal quotidiano Il Gazzettino, Fausto Muccin ha parlato della sua posizione di indagato tra le 11 persone attualmente iscritte dalla Procura di Trieste nell’alveo della nuova inchiesta sul caso Unabomber.  “Sono sereno – ha dichiarato il pensionato 65rnne –, ma quando vieni toccato da queste cose hai comunque paura. Mi sarei fidato, ma poi penso a quello che è successo a Zornitta e temo l’inquinamento delle prove“. L’uomo si dice tranquillo, ma ha comunque paura che possa essere “incastrato“: “È giusto che si cerchi l’attentatore, non ho risentimenti, anzi, penso alle vittime ed è giusto che si continui a indagare e a sfruttare le nuove tecnologie. Però così si stravolgono altre vite. Che mi facciano il Dna e che sia finita”.



Escluso Pilloni, che sarebbe un nome inedito alle precedenti indagini sul misterioso bombarolo in azione tra il 1994 e il 2006 nel Nord Est Italia, le altre 10 persone attualmente indagate – alcuni pensionati e ultrasessantenni come Muccin – furono già iscritte ed archiviate all’epoca. Ora la Procura di Trieste confiderebbe nell’uso delle nuove tecniche scientifiche per estrarre le tracce genetiche da 10 reperti di bombe inesplose in quegli anni, con particolare riferimento a ordigni confezionati tra il 2000 e il 2007, e procedere alla comparazione con il loro Dna e con quelli in banca dati.

Elvo Zornitta, quella pista sbagliata nella caccia a Unabomber…

Gli attentati attribuiti a Unabomber, messi in atto con ordigni rudimentali nascosti in luoghi e oggetti di uso quotidiano in giro per varie città del Nord Est Italia, tra il 1994 e il 2006, generarono una vera e propria psicosi. Le parole spese da Muccin in questi giorni, in costanza della nuova inchiesta sul misterioso bombarolo, rimandano alla vicenda che ha coinvolto l‘ingegnere Elvo Zornitta, vittima della pista sbagliata nel tessuto delle prime indagini. Il racconto di Zornitta, ai microfoni di Pino Rinaldi, ha ricalcato quel dramma personale durato diversi anni, un’odissea che lo vide all’epoca indagato e sottoposto a un pressing mediatico senza troppi precedenti. “Non sono io Unabomber – aveva sottolineato Elvo Zornitta davanti alle telecamere della Rai –, sono stato accusato di 34 attentati. Sono diventato l’indagato numero uno esattamente a fine agosto 2006, quando una troupe televisiva mi ha fermato fuori dalla chiesa dicendomi che era stata trovata la prova contro di me. Nel giro di poco tempo ho trovato la casa circondata di giornalisti, riprese televisive e una continua successione di domande tanto che ho dovuto letteralmente barricarmi in casa…”. 

I sospetti di allora intorno al profilo di Zornitta si sarebbero rivelati un buco nell’acqua: “Allora avevo acquisito sufficiente esperienza per generare ordigni. La prova regina fu la famosa forbice che mi era stata sequestrata…”. Le forbici repertate nelle sue disponibilità sarebbero state ritenute compatibili con la traccia di taglio su un lamierino isolato sulla scena di un attentato. “Peccato – ha ricordato l’ingegnere – che a tagliare quel lamierino con le forbici che mi erano state sequestrate era stato un poliziotto che faceva le indagini“. Nonostante l’archiviazione della sua posizione, intervenuta nel 2009. i riflessi dolorosi di quel capitolo della sua esistenza sono ancora oggi forti nella mente di Zornitta, e richiamano la sua battaglia per dimostrare la propria innocenza davanti a pregiudizi e gogna mediatica: “Non sono morti con il mio proscioglimento“, aveva detto di quei sospetti Zornitta, sottolineando come alcuni, ancora adesso, lo ritengano coinvolto. Un incubo durato anni, dal 2006 al 2014, che si concluse con la condanna del poliziotto che falsificò la “prova regina”, Ezio Zernar.