UNABOMBER, SVOLTA NELLE INDAGINI? IL CASO E’ STATO RIAPERTO CON…
Unabomber, svolta dopo 30 anni di misteri? Questa sera, sul Nove, verrà riproposto sul piccolo schermo l’omonimo documentario che racconta l’intricata, e ancora oggi avvolta dal mistero, vicenda dell’attentatore seriale che aveva terrorizzato il nord-est italiano, tra Friuli-Venezia Giulia e Veneto, con vari ordigni esplosivi tra il 1994 e il 2006 e la cui identità (a differenza dell’omologo americano da cui ha preso il nome, al secolo Theodore Kaczysnki) ancora oggi è ignota. Nonostante diverse piste investigative e vari soggetti finiti al centro delle indagini -alcuni anche protagonisti di una dolorosa vicenda processuale che li ha visti completamente estranei ai fatti, come Elvo Zornitta- il caso era finito in quiescenza anche perché non vi erano più stati casi simili ma grazie a tracce di DNA mitocondriale rinvenuto su alcuni reperti la vicenda è tornata d’attualità.
La possibile svolta del rompicapo attorno alla vera identità dell’Unabomber italiano e del movente dietro la serie di attentati esplosivi commessi per quasi dodici anni e tutti avvenuti in luoghi aperti al pubblico è notizia degli ultimi mesi: tuttavia per capire le tappe di questo nuovo capitolo delle indagini bisogna fare un salto indietro di due anni, al novembre 2022, quando la Procura di Trieste aveva deciso di riaprire il caso dopo una richiesta di due delle vittime. La nuova inchiesta aveva portato a indagare undici persone, due delle quali già menzionate in una inchiesta simile poi archiviata: e le analisi genetiche su alcuni reperti piliferi rivenuti sulla scena dei crimini all’epoca, oltre che derivanti dagli ordigni usati da Unabomber, e i cui risultati sono arrivati solamente nei primi mesi del 2024 grazie all’impiego di nuove tecnologie, danno nuove speranze.
DNA SUI REPERTI E NUOVI SOSPETTI: INTANTO UNA SEGNALAZIONE ANONIMA…
La riapertura del dossier Unabomber, uno dei casi di cronaca nera più oscuri e magmatici della storia recente del nostro Paese, è stata possibile grazie alla richiesta di un giornalista e due vittime di riesaminare alcuni reperti ritenuti importanti: dai frammenti genetici analizzati (dei peli rintracciati su una bomboletta di stelle filanti inesplosa e trovata nel 2000 a San Vito al Tagliamento, un uovo-bomba inesploso a Portogruaro lo stesso anno, del nastro isolante usato per un altro ordigno esploso in mano a Nadia De Ros, una delle persone ferite, i resti delle bombe esplose al Tribunale di Pordenone nel 2003) e dall’estrazione del DNA si attendono nuove risposte, coi risultati comparati con quello di undici persone.
La possibile e auspicata svolta nelle indagini sugli attentati di Unabomber, oltre alla prevedibile eco mediatica, ha provato la risposta stizzita da parte dei legali della difesa, tra cui Maurizio Paniz, avvocato di Elvo Zornitta: “È inconcepibile che escano notizie che hanno determinato le pagine dei giornali di oggi e la difesa non ne sappia niente (…) Era già stato ripetutamente estratto un Dna di Unabomber, quindi non so quale ulteriore approfondimento sia stato fatto” aveva commentato Paniz pur dicendosi favorevole a ogni approfondimento che possa aiutare le indagini. E se l’ex procuratore capo di Trieste, Antonio De Nicolo, aveva detto che “Non possiamo dare l’impressione di arrenderci senza aver tentato prima tutto il possibile”, Luciano Garofano, ex comandante dei Ris di Parma, era stato possibilista circa “esiti nuovi e quindi magari risolutivi”. Intanto, a infittire il caso, c’era stata anche la presunta segnalazione anonima fatta ai Carabinieri, e riportata dal ‘Corriere della Sera’, che invitava a indagare su Luigi Pilloni, una delle sopra citate undici persone: “Indagate su di lui, è stato un militare, sapeva usare gli ordigni”.