Un capello e un Dna da rianalizzare con le attuali tecnologie in mano agli inquirenti potrebbero contribuire a riaprire il caso Unabomber, a quasi 20 anni dall’ultimo attentato – quello del 2006 – messo a segno dal dinamitardo finora senza nome. L’identità di chi ha agito, per anni, provocando decine di feriti nel Nord Est Italia con ordigni esplosivi artigianali, sempre più sofisticati, non è mai emersa, ma sul tavolo della Procura di Trieste, spiega Ansa, sarebbe arrivata una richiesta per eseguire nuovi esami su alcuni reperti dell’epoca. Si tratterebbe di quanto isolato in un uovo inesploso del 3 novembre 2000, posizionato al supermercato Continente di Portogruaro, e di altro materiale che, visionato dal giornalista Marco Maisano su autorizzazione del procuratore capo di Trieste, Antonio De Nicolo, potrebbe essere sottoposto ad accertamenti con le tecniche odierne e segnare persino una svolta.



L’istanza porterebbe anche le firme di due donne vittime di Unabomber, il misterioso attentatore mai catturato dalla giustizia italiana. Gli attentati attribuiti alla sua parabola criminale furono commessi tra il 1994 e il 2006 e ancora oggi il caso è uno dei grandi enigmi su scala nazionale. Unabomber è il soprannome che le cronache italiane presero in prestito da quelle statunitensi per indicare l’ignoto bombarolo che, in una scia simile a quella del più famoso killer d’oltreoceano, tenne sotto scacco il Paese. Il primo Unabomber della storia, infatti, fu Theodore “Ted” Kaczynski, genio della matematica ed ex accademico che seminò il terrore iniziando a colpire tra Università e aeroporti (da qui l’acronimo che sta per “University and Airline Bomber”, nome in codice datogli dall’Fbi).



Unabomber, caso verso riapertura? La possibile svolta in un capello…

La possibile svolta nel caso Unabomber passerebbe attraverso nuove analisi su un capello risalente all’epoca dei fatti e presente in un uovo inesploso rinvenuto in un negozio di Portogruaro, il 3 novembre 2000. Lo rivela Ansa, secondo cui il giornalista Marco Maisano (autore e conduttore al lavoro su una serie podcast per OnePodcast), avrebbe chiesto e ottenuto dal procuratore capo di Trieste di visionare i reperti raccolti allora in sede di indagini tra cui appunto il reperto pilifero che avrebbe trovato e che avrebbe posto al centro di una richiesta di effettuare nuove analisi con le attuali tecnologie. Con lui due donne che furono vittime di Unabomber e che si sarebbero unite all’istanza, un passo che potrebbe effettivamente spingere verso la riapertura dell’inchiesta.



L’uovo attribuito a Unabomber sarebbe stato parte di una confezione acquistata da un uomo di Azzano Decimo, in provincia di Pordenone, presso il supermercato Continente di Portogruaro. Una volta a casa, avrebbe notato uno strano filo fuoriuscire da una delle uova e, insospettito, avrebbe consegnato tutto ai Carabinieri. Gli inquirenti avrebbero scoperto che si trattava di una carica esplosiva e all’epoca sarebbero stati isolati un capello e tracce di saliva. Tra il 1994 e il 2006, periodo in cui Unabomber avrebbe seminato il panico generando una vera e propria psicosi nel Nord Est italiano – con il posizionamento di decine di ordigni esplosivi, sempre più sofisticati e pericolosi, nascosti in luoghi pubblici come spiagge, supermercati, cimiteri e chiese – diverse procure indagarono sul caso e un uomo, l’ingegner Elvo Zornitta, finì nel fuoco investigativo come principale indagato prima di essere definitivamente riconosciuto estraneo alla vicenda Unabomber.

Il racconto di una vittima: pronta a riconoscere Unabomber

In queste ore, il caso Unabomber si nutre di ulteriori potenziali spiragli di apertura con il rinnovato racconto di una donna che, riporta ancora Ansa, all’età di 9 anni sarebbe stata vittima del misterioso bombarolo sul greto del Piave. Le parole di Francesca Girardi, questo il suo nome, sono pubblicate dal Corriere del Veneto e richiamano un ricordo della protagonista circa il presunto identikit di Unabomber.

Ce l’ho impresso nella memoria da 20 anni – ha dichiarato la donna al quotidiano –. Era brizzolato, con i capelli corti, gli occhiali e una camicia colorata, floreale, tipo quelle hawaiane“. Oggi 28enne, la donna ha affermato che sua madre si sarebbe accorta di un estraneo che si aggirava da quelle parti: “Lui era lì, ci guardava giocare e ha scelto proprio noi“. La testimonianza di Francesca Girardi si riferirebbe all’attentato attribuito a Unabomber e datato 5 aprile 2003. “Ho riferito subito di averlo visto sul luogo dell’esplosione – ha precisato la donna –, ma ero una bambina di 9 anni e mi era appena successa una cosa terribile, non mi sentivo molto sicura (…)“. Anche Francesca Girardi si unisce alla richiesta di riapertura delle indagini che potrebbe concretizzarsi alla luce dei più recenti risvolti.