Undercover è una serie tv (Netflix, 3 stagioni e 28 episodi) da aggiungere ai “preferiti” e vedere seduti sul divano durante le feste, per vari motivi, ma soprattutto perché ci dimostra che si possono fare cose egregie anche con pochi mezzi. Giunta alla terza stagione – non si sa ancora nulla della quarta – la produzione belga-olandese ha ottenuto un notevole successo e ora può vantare – come accade solo alle serie tv più blasonate – ben due prequel (un film e una serie tv) dedicati agli inizi della “carriera” malavitosa di Ferry.



Siamo nel cuore dell’Europa ricca e ben organizzata, in quella parte del nostro continente che si estende al nord tra la Germania, il Belgio e l’Olanda, dalle Fiandre alla Francia, dove, nonostante tutto questo benessere, droga e immigrazione hanno portato criminalità e non hanno estirpato del tutto, soprattutto tra i giovani, condizioni di vita marginali. È in queste sacche della società che la polizia locale svolge indagini che potremmo definire “normali”, cioè con mezzi tradizionali, poliziotti che fanno il loro turno di lavoro e poi tornano a casa dalle loro famiglie, usano tecnologie tutto sommato di uso comune, che consentono al massimo qualche intercettazione. E dispongono di qualche coraggioso agente sotto copertura.



Uno di questi è Bob Lemmens che, assunta l’identità di Peter Bogaert, si trasferisce con la sua collega Kim De Rooji in un campeggio dove vive Ferry Bouman, un noto trafficante di stupefacenti, con tutta la sua banda di parenti e affiliati. I due poliziotti fingono una vita normale di coppia e cercano di fare amicizia con l’ampia famiglia di trafficanti, cosa che riesce in particolare a Kim (nei panni di Anouk) che diventa l’amica del cuore di Danielle, la moglie di Ferry.

Se nella prima stagione Bob e Kim hanno il compito di smascherare la banda di Ferry, nella seconda Bob si trova impegnato su due fronti: da un lato deve difendere la sua famiglia dalla vendetta dei Bauman e dall’altro vendicare Kim, che uscita dalla polizia e iniziata una carriera come giornalista, si era messa sulle tracce di una banda di trafficanti di armi. Nella terza stagione Bob deve invece riconquistare la fiducia dei suoi superiori, persa a causa dei metodi sbrigativi e non sempre legali utilizzati nelle sue operazioni sotto copertura. Per farsi perdonare prova a smascherare la talpa che passa informazioni riservate alla banda gestita da una famiglia di immigrati turchi, che ha preso il posto della famiglia belga. Per questo motivo Bob riesce a convincere proprio lo stesso Ferry, ora in libertà provvisoria, a collaborare alle indagini.



In effetti il personaggio di Ferry, interpretato magistralmente dall’attore olandese Frank Lammers, ha un ruolo centrale nella storia e sicuramente, come accade spesso ai “cattivi”, uno spessore comunicativo interessante. Nonostante abbia sulle sue spalle gravi responsabilità, tra cui anche qualche omicidio, rivela una certa umanità. Ma Undercover – a differenza di altre serie di nostra conoscenza – non cade mai nel banale e soprattutto non è mai dalla parte dei cattivi. In effetti, si ispira a fatti realmente accaduti. E in fin dei conti è consolatorio sapere che anche i nostri parenti più ricchi e benestanti del nord Europa hanno a che fare con seri problemi di violenza e di criminalità.

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