Ungheria deferita alla Corte di Giustizia dalla Commissione Europea per la legge a tutela della difesa della sovranità nazionale. Una norma fortemente voluta dal primo ministro Viktor Orban per limitare le cosiddette “influenze straniere“soprattutto delle organizzazioni politiche che ricevono finanziamenti da stati esteri e che come sottolineato dallo stesso premier in occasione dell’istituzione dell’apposito ufficio di indagine “potrebbero agire per conto e nell’interesse di altre nazioni“. Questo però secondo il Parlamento Ue, violerebbe i principi fondamentali del diritto dell’Unione, in quanto legge non conforme agli standard democratici previsti.
Il provvedimento infatti era già stato ampiamente contestato nei mesi scorsi dall’Assemblea Parlamentare, che aveva avviato alcune consultazioni per definire una risoluzione non vincolante che era stata poi approvata in una seduta plenaria dello scorso 24 aprile. Ora sarà la Corte a dover stabilire se e in che misura il nuovo organismo istituito in Ungheria violi effettivamente il diritto comune Ue e in tal caso decidere per una sospensione.
Ungheria deferita alla Corte Ue per la legge sulla sovranità nazionale: “Controllo influenze estere viola principi democratici europei”
La legge sulla difesa della sovranità nazionale approvata in Ungheria potrebbe violare i principi del diritto Ue, a stabilirlo sarà la Corte Costituzionale alla quale la nazione è stata formalmente deferita dalla Commissione per mancato rispetto degli standard democratici. Il provvedimento in particolare, come previsto da Orban, ha istituito un ufficio di indagine che avrà il compito di controllare eventuali finanziamenti dall’estero ricevuti da partiti politici e altre organizzazioni implicate nelle campagne elettorali per evitare che ci possano essere influenze straniere sull’esito del voto.
Il primo ministro ungherese aveva giustificato la decisione sostenendo una necessaria protezione dell’identità costituzionale da eventuali condizionamenti alla libertà degli elettori. Tuttavia ilParlamento Ue aveva già ampiamente contestato la norma, soprattutto mettendo in evidenza i poteri dell’ufficio di protezione, che in modo molto simile all’organo di controllo russo sugli “agenti stranieri”, metterebbe in atto un sistema di sorveglianza, con la facoltà anche di applicare sanzioni, il che costituirebbe una chiara violazione del rispetto dei principi europei, specialmente in merito alla libertà dei media e al funzionamento del sistema elettorale.