Il viaggio di Papa Francesco in Ungheria ha rimesso in discussione il tema dell’indipendenza della Chiesa cattolica. Il primo ministro Viktor Orban, che si definisce un difensore della cristianità, «per risvegliare i valori cristiani» sta promuovendo una «rivoluzione conservatrice». Ma la Chiesa, che ha un rapporto ambivalente con il governo, rischia così di perdere la sua libertà. Parlare di religione senza parlare di politica è difficile in Ungheria, dove i cattolici rappresentano poco più di un terzo della popolazione, secondo l’ultimo censimento del 2011. In attesa di quello del 2022, si intuisce comunque come sia cambiata la situazione con la salita al potere di Orban. Dopo un decennio di dominio politico dei social-liberali, percepiti dalla Chiesa come molto ostili, ora c’è una una «partnership».



Ne parla in questi termini a La Croix il giornalista Gergely Szilvay, specializzato in questioni religiose per il quotidiano conservatore Mandiner. Anche se alla Chiesa è stata restituita solo una piccola parte delle proprietà che le erano state sottratte dai comunisti, ha tutto da guadagnare da questa rinnovata vicinanza con l’Ungheria. «Il governo e l’episcopato sono molto vicini ideologicamente, come sulla questione del matrimonio omosessuale e sulle questioni di genere. E il governo vuole dare un ruolo sociale più importante alla Chiesa».



“UCRAINA VUOLE DARE PRIVILEGI A CHIESA MA…”

La neutralità religiosa dell’Ungheria è finita da tempo. La rottura è evidente nel settore dell’istruzione: il numero delle scuole affiliate alle chiese cristiane è raddoppiato dal 2010,s secondo quanto riportato da La Croix. Inoltre, nell’ultimo anno le associazioni caritatevoli cattoliche, in primis Caritas e l’Ordine di Malta, sono state in prima linea negli aiuti ai rifugiati dall’Ucraina, insieme ad altre comunità religiose. Il pastore Tamás Fabiny, capo della Chiesa evangelica luterana, che è la terza più grande in Ungheria, ha «sperimentato il rigido controllo statale durante il comunismo». Ora la situazione è cambiata: «Mi trovo di fronte a un altro estremo: vogliono darci dei privilegi». Questo, però, non è necessariamente un bene, tutt’altro: «I privilegi sono un male, ti rendono dipendente e pigro. Come puoi mantenere la tua libertà e la tua libertà di parola su questioni spinose come l’accoglienza dei migranti, ad esempio, quando il governo ti dà un tale sostegno?». Infatti, proprio sui migranti si evidenzia la diversità di vedute tra Papa Francesco e Viktor Orban. La Croix fa notare poi che in Ungheria una parte degli stipendi dei sacerdoti cattolici viene pagata dallo Stato, tramite le diocesi, «in modo poco trasparente». Il pastore, d’altra parte, riconosce i successi del governo ungherese, che ha avviato molteplici progetti di aiuto ai cristiani dell’Est e si sforza di mantenere le comunità culturali magiare nei Paesi vicini. Il dibattito, comunque, non frena l’entusiasmo dei cattolici ungheresi, che hanno accolto con calore il Santo Padre.

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