Ieri, prima dell’apertura dei mercati, Unicredit e Fineco hanno annunciato una serie di misure per “porre le basi per la piena indipendenza di FinecoBank”. In serata poi, la banca di piazza Gae Aulenti ha avviato la cessione del 17% del capitale sociale di Fineco, pari a circa la metà della partecipazione totale (poco più del 35%, pari a circa 2,3 miliardi di euro). Questa novità per il gruppo Unicredit avviene in un contesto particolare. Ci riferiamo alla notizia riportata dal Financial Times il 3 aprile secondo cui Unicredit stava preparando un’offerta su Commerzbank in caso di fallimento delle trattative per una fusione con Deutsche Bank. Come poi avvenuto. Sempre secondo il FT la nuova banca, dopo l’offerta di Unicredit su Commerzbank, sarà basata in Germania, mentre sede e quotazione sarebbero a Milano. Commerzbank manterrebbe anche la quotazione sul listino di Francoforte.



Ci ricorda il quotidiano finanziario che qualsiasi operazione su Commerzbank richiederebbe l’assenso del Governo tedesco, dato che è il principale azionista della banca con una quota del 15%. La cessione di Fineco potrebbe essere funzionale a costruire parte delle munizioni necessarie per un’offerta che sarebbe mista carta e cassa. Siccome Unicredit è una public company in cui gli azionisti italiani hanno un peso del tutto marginale, dopo tante operazioni di mercato molto diluitive, è possibile che il Governo tedesco diventi da subito uno se non l’azionista principale della nuova entità.

Su questa ipotesi, una offerta/fusione di Unicredit su Commerzbank, ci sarebbe moltissimo da dire. A cominciare dal fatto che l’unica banca sistemica italiana che ha quasi il 40% dei depositi in Italia “salva” una banca tedesca che ha ricevuto 18 miliardi di euro nel salvataggio statale; ricordiamo che Unicredit due anni fa ha raccolto sul mercato 13 miliardi di euro con un aumento di capitale che ha una volta per sempre diluito quello che rimaneva degli azionisti del “sistema Paese italiano”. Ripetiamo: una banca italiana con il 40% dei depositi in Italia “salvata” con operazioni di mercato e che ha completato aumenti di capitale “punitivi” per i vecchi soci, oggi interviene su una banca che ha lo Stato tedesco come principale azionista salvata con 18 miliardi di euro di aiuti pubblici. Questo in una narrazione alimentata in Germania secondo cui le banche delle cicale italiane non dovrebbero essere salvate dal Governo italiano, ma punite sul mercato in modo che questi italiani mediterranei e fannulloni imparino un po’ di disciplina.

Dei tantissimi difetti che vengono attribuiti a questo disgraziato Paese con un’ancora più disgraziata fama nessuno ha ancora osato dirci che non abbiamo il risparmio. Sarebbero oltretutto interessante contare quanta parte degli aumenti di capitale di Unicredit degli ultimi dieci anni sia stata raccolta in Italia. Dell’ultimo, nel 2017, diciamo solo che è sempre apparso ad alcuni un po’ “eccessivo”.

Infatti Unicredit, l’unica banca sistemica “italiana” in Europa, è tra le poche banche sistemiche che non ha il sistema Paese, nelle molteplici espressioni che questo può avere tra i principali azionisti. Le storielle sul “mercato” sono buone da rifilare agli spettatori meno smaliziati per coprire gli scippi. Il principale azionista di SocGen sono i suoi dipendenti, il principale azionista di Credit Agricole sono le banche regionali francesi (con una quota superiore al 50%). Ogni banca sistemica è in qualche modo ancorata a un ben definito Paese perché, anche se non si può dire, è quella la garanzia ultima di una banca e dei suoi depositanti. La domanda a cui si dovrebbe rispondere è quale sia lo Stato che si fa carico di una banca quando le cose si mettono male. In tutti gli altri Paesi del mondo il garante è appunto uno Stato, mentre in Italia si è fatta passare l’idea che ciò è male e che debbano pagare i risparmiatori. Una pazzia che chiunque altro si guarda bene dal sostenere per non minare il sistema.

La ragione del presidio “statale” o del sistema Paese sulle banche, soprattutto se molto grandi, è davvero molto semplice. Il ruolo delle banche è delicatissimo sia come finanziatrici di imprese, sia come custodi del risparmio, sia come creatrici di moneta. Nessuno vuole che le imprese falliscano perché senza credito, che i consumi si distruggano perché i risparmiatori perdono tutto e nessuno Stato serio permette che i soldi dei propri risparmiatori finanzino imprese e progetti di altri Paesi senza una minimo di equilibrio.

In questa operazione possibile tra Unicredit e Commerzbank qualcuno dovrebbe chiedersi quale sistema Paese viene tutelato o se c’è un sistema Paese che smette di esserlo. Oppure a che condizioni il sistema Paese italiano lo sia visto che i depositi sono italiani, i soldi negli ultimi dieci anni li hanno messi anche, e tanti, gli italiani e la banca è molto importante per le imprese italiane. Il Governo tedesco, giustamente, si è assicurato che niente possa succedere a Commerzbank senza un assenso. Qualcuno in Italia si occupa di questa vicenda? È possibile occuparsene come se ne occupa, ripetiamo, giustamente e molto opportunamente il Governo tedesco? Grazie.