Mustier cala la “mannaia” e lancia per Unicredit il piano 2020-2023 dove la parola d’ordine sarà “tagli”: la banca di Piazza Gae Aulenti, tramite l’informativa del suo stesso ceo in una nota diffusa stamani, annuncia la riduzione di personale di circa 8mila dipendenti nel piano dei prossimi tre anni, con annessa chiusura di circa 500 filiali tra Italia, Germania e Austria. Gli stessi tagli del personale si concentreranno nelle stesse tre nazioni, con numeri che riguardano di fatto il 12% dei dipendenti e il 17% degli sportelli europei: purtroppo l’Italia resta il Paese più colpito dal piano esuberi di Unicredit, come rilancia la stessa banca «degli 1,4 miliardi di euro di costi di integrazione stimati per la loro gestione, infatti, 1,1 miliardi riguarderanno l’Italia (pari al 78% del totale) e solo 0,3 miliardi l’Austria e la Germania». Come ricorda il Sole 24 ore, Unicredit punta forte a creare circa 16 miliardi di valore per agli azionisti sempre nel medesimo piano triennale, aumentando al 40% la distribuzione di capitale per il 2019: resta però il piano strategico sugli esuberi che farà discutere e non poco i vari asset della banca tra le più influenti e produttive d’Europa.
UNICREDIT, IL PIANO SHOCK DEL CEO MUSTIER
La banca di Mustier prevede di realizzare un utile di 5 miliardi di euro nel 2023 – come ammesso durante l’ultima riunione del Cda – con una crescita aggregata dell’utile per azione di circa il 12% nel periodo 2018-2023: parlando poi con i cronisti, lo stesso ceo di Unicredit rivela «Preferiamo il buyback alle fusioni e solo piccole acquisizioni bolt-on saranno prese in considerazione». Secondo l’analisi dettata dagli ultimi studi e piani strutturali, Mustier ammette «Pensiamo che in certi settori sia importante raggiungere una massa critica, in questi campi la nostra strategia è di lavorare con dei partner piuttosto che di fare da soli». Alla domanda posta nella call con le agenzie di stampa in merito alla strategia del gruppo sulla bancassurance, il capo di Unicredit rivela «Il contesto regolamentare è favorevole per le banche grazie al Danish compromise, ma probabilmente non durerà per sempre e per questo non vogliamo prenderci rischi sul fronte regolamentare».