«Unilever sponsorizza la guerra scatenata dalla Russia in Ucraina». A lanciare la pesante accusa è il governo ucraino, che ha inserito la multinazionale britannica di beni di consumo nella lista degli sponsor internazionali di guerra. Il colosso, che possiede 400 marchi tra i più diffusi, come Marmite, la maionese Hellmann’s e Dove, è accusata di «finanziare con centinaia di milioni di entrate fiscali uno Stato che sta uccidendo civili». L’anno scorso Unilever aveva dichiarato che avrebbe rivisto le sue operazioni in Russia in seguito all’invasione dell’Ucraina, eppure ha continuato a vendere prodotti alimentare e per l’igiene nel Paese. All’inizio di quest’anno i dirigenti della società, nota per le sue posizioni etiche, hanno dichiarato che «l’uscita dalla Russia non è semplice».



Unilever ha già dovuto affrontare le critiche degli investitori, ora arrivano gli attivisti, in particolare Ukraine Solidarity Project, che ha piazzato un cartellone fuori dalla sede centrale di Unilever a Londra, mostrando soldati ucraini feriti, ma riproponendo lo stile delle pubblicità Dove. «Cosa ci vuole per lasciare la Russia, data la quantità di crimini di guerra che abbiamo già visto commettere? Si vanta di essere un leader quando si tratta di responsabilità ambientale e sociale, ma ha un punto cieco quando si tratta di aree colpite da conflitti e gli ucraini stanno pagando il prezzo di questa mancanza di leadership», si chiede Anna Nolan, dell’Ukraine Solidarity Project, come riportato dal Telegraph.



“UNILEVER RISCHIA CHE PERSONALE VADA IN GUERRA”

Valeriia Voshchevska, portavoce del gruppo di attivisti, ha dichiarato che Unilever, restando in Russia, finanziava anche il gruppo di mercenari Wagner, che i parlamentari britannici hanno chiesto di designare come organizzazione terroristica. Inoltre, ha evidenziato che le leggi russe impongono a tutte le grandi aziende di «contribuire direttamente allo sforzo bellico, anche potenzialmente attraverso l’arruolamento dei 3.000 dipendenti di Unilever». Quindi, la multinazionale «rischia che il suo personale e le sue risorse vengano mobilitati nella macchina di Putin. Alcune delle più grandi aziende del mondo hanno già lasciato la Russia. È possibile che, dopo 16 mesi di guerra, il tempo delle scuse sia passato», ha aggiunto Voshchevska, come riportato dal Telegraph.



Finora non è trapelato alcun commento da parte di Unilever, che a marzo aveva dichiarato che avrebbe cessato tutte le importazioni ed esportazioni da e verso la Russia e che non avrebbe tratto alcun profitto dalla sua presenza lì, precisando che avrebbe continuato a fornire «prodotti alimentari e per l’igiene di tutti i giorni» realizzati nel Paese. Per il colosso si trattava «dell’opzione migliore, sia per evitare il rischio che la nostra attività finisca nelle mani dello Stato russo, direttamente o indirettamente, sia per contribuire a proteggere la nostra popolazione». Ma l’Ucraina segnala che altre aziende hanno lasciato la Russia con successo, come McDonald’s.