Andare all’estero per lavoro o studio offre notevoli opportunità di crescita culturale e di scambio di idee. Attraverso la mobilità internazionale, possiamo non solo imparare dai contesti internazionali ma anche diventare rappresentanti del nostro Paese, mostrando al mondo ciò che l’Italia ha da offrire. Ma l’esperienza non dovrebbe essere unidirezionale. Lo scorso anno sono stato uno dei 50 giovani imprenditori europei selezionati dal Dipartimento di Stato degli Usa per partecipare al programma Ytili, il cui obiettivo è rafforzare la collaborazione tra giovani imprenditori europei e leader aziendali americani.
Questa esperienza ha rafforzato la mia convinzione che l’Italia, tramite il ministero dell’Interno o quello delle Imprese e del Made in Italy, dovrebbe finanziare programmi per accogliere giovani leader da altre regioni del mondo come l’Africa, l’Est Europa o il Sudest Asiatico. Facendo interagire queste giovani menti con le nostre aziende, istituzioni, università e cittadini, potremmo non solo promuovere l’immagine dell’Italia all’estero, ma anche stabilire legami internazionali con i futuri leader di questi Paesi e dare un piccolo assaggio internazionale a tutte le persone che li ospiteranno e si interfacceranno con loro. La realizzazione di una vera mobilità internazionale richiede una base solida in termini di istruzione e infrastrutture.
Questo legame diventa ancora più evidente se consideriamo come un’istruzione di qualità possa attirare studenti e professionisti da tutto il mondo, e come le esperienze internazionali possano arricchire il nostro sistema educativo. Fortunatamente il Pnrr ha riconosciuto l’importanza dell’istruzione e l’ha posta al centro delle sue iniziative. Tuttavia, è fondamentale che i fondi siano utilizzati in modo efficace ed i primi segnali non sono incoraggianti. Partiamo dalla notizia più recente. L’accordo sulla terza rata del Pnrr ha eliminato temporaneamente i nuovi posti letto previsti negli studentati universitari. Senza alloggi, già carenti per coloro che ne hanno diritto attraverso la borsa di studio regionale e per gli altri studenti italiani, è difficile attrarre studenti internazionali, che, a causa del calo demografico, saranno sempre più necessari per gli atenei italiani.
Una delle altre linee di finanziamento del Pnrr per l’università prevede l’assegnazione di fondi per la realizzazione dei dottorati industriali. Tuttavia bisogna chiarire che l’accademia italiana non può accogliere tutti. Secondo un’indagine Talents Venture realizzata ad aprile su 500 studentesse e studenti delle triennali, il 70% dei rispondenti è molto o abbastanza d’accordo con l’idea che il dottorato sia utile per iniziare una carriera accademica, mentre solo il 52% ritiene che sia abbastanza o molto utile per lavorare in azienda. Questa “vocazione” accademica del titolo si riflette anche nei dati di AlmaLaurea, secondo cui il 29% dei dottorati intende intraprendere una carriera accademica in Italia. Applicando questo valore al numero di neo-dottori di ricerca attesi nel solo anno 2024 (11.945 persone), assisteremmo al tentativo di quasi 3.500 studenti che in un solo anno provano a entrare in un sistema universitario in cui le posizioni attive come personale ricercatore e docente sono oggi circa 73.000 e che, in primo luogo a causa del declino demografico, potrebbero tendere a diminuire.
Ultimo degli aspetti riguarda l’orientamento. Il Pnrr ha previsto lo stanziamento di fondi per la realizzazione di attività orientative per gli studenti del terzo, quarto e quinto anno delle scuole superiori (peccato non aver previsto invece delle risorse per incentivare l’internazionalizzazione degli atenei italiani). È ancora presto per valutare l’efficacia degli interventi orientativi. Tuttavia, con un investimento di 250 euro per studente, ci aspettiamo un sensibile aumento del tasso di passaggio dalle scuole superiori all’università (secondo Anvur a oggi siamo circa al 60%) e una altrettanto importante riduzione del tasso di abbandono (sempre secondo Anvur, il 14% degli iscritti in triennale e l’8,2% nei corsi magistrali a ciclo unico abbandona l’università tra il primo e secondo anno). Se così non fosse, significherebbe che le risorse sono state spese in modo inefficace.
La sfida della mobilità internazionale e dell’attrazione dei talenti non è soltanto una questione di opportunità personali o di crescita culturale. Si tratta di un pilastro fondamentale per assicurare al nostro Paese un futuro prospero in un contesto di calo demografico. L’importanza di tali iniziative non si limita all’ampliamento delle prospettive degli individui o al rafforzamento dei legami internazionali, ma incide direttamente sulla capacità dell’Italia di rimanere competitiva sul palcoscenico mondiale. Mentre il Pnrr rappresenta un passo importante verso il riconoscimento e l’investimento nell’istruzione, è essenziale vigilare attentamente sull’utilizzo dei fondi e assicurarsi che essi producano risultati tangibili.
L’Italia ha il dovere di preparare le future generazioni non solo ad affrontare le sfide globali, ma anche a emergere come leader in ambiti quali l’innovazione, la ricerca e l’imprenditoria. L’urgenza di agire è ora. Non possiamo permetterci di sprecare risorse né di perdere l’opportunità di attrarre e formare i migliori talenti da tutto il mondo. In questa direzione, l’Italia deve guardare al futuro con ambizione e determinazione, impegnandosi a creare un ecosistema accademico e professionale che sia all’altezza delle sue grandi tradizioni e del suo potenziale inespresso.
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