Con la chiusura dei seggi elettorali di Reggio Calabria il 22 giugno, si è concluso un intero semestre di elezioni universitarie che hanno visto impegnate molte liste studentesche e tra queste, in modo particolare, il nostro Coordinamento (Clds), nelle sue varie vesti (Ateneo Studenti, Lista Aperta, Obiettivo Studenti o Student Office). È successo a Brera, Torino, Macerata, Firenze, Parma, Milano Cattolica, Milano Politecnico, Torino Politecnico, Reggio Calabria e, considerando anche il primo semestre, a Ferrara, Padova, Roma Sapienza e Varese. Eppur si muove. Tante realtà, tante liste, piccole e grandi, si sono cimentate nelle tornate elettorali, l’esistenza di un cuore pulsante all’interno del grande sistema universitario.
Sarà pur vero ciò che viene detto dei giovani “spenti”, ma il fatto interessante è per noi soprattutto un altro: la passione, la creatività e l’impegno di migliaia di studenti che hanno dimostrato di vivere l’università non come un semplice erogatore di servizi, ma come un luogo da abitare e da costruire insieme. Noi siamo tra questi. Gente che non si limita a usufruire dell’università, ma desidera contribuire a farla vivere, di giorno in giorno, nei consigli di amministrazione, nei senati accademici, negli organi del diritto allo studio, nelle commissioni paritetiche, nei consigli di facoltà, nelle centinaia di consigli di corso, e insieme nelle circostanze più quotidiane: le lezioni, lo studio, la preparazione agli esami, con il gusto di condividere con gli altri problemi e tentativi di soluzione. Gente che si spende gratuitamente per vivificare un luogo riconosciuto come una “casa”. Non contro l’istituzione, quindi, ma dall’interno di essa, costruendola. Tertium datur.
Non ci sono insomma solo gli universitari disinteressati di cui si parla o i piccoli gruppi che manifestano adottando stili del passato. C’è dell’altro. C’è, almeno per alcuni, un interesse nuovo, un impegno nuovo, nuovi tentativi, per quel bene comune che non si può mai smettere di cercare. Lo abbiamo sperimentato non solo nelle tornate elettorali, ma entrando nel merito della rappresentanza studentesca. Anzitutto mettendoci al lavoro sul problema del “caro affitti”. Abbiamo infatti seguito la vicenda secondo diverse strade: nel dialogo con i rettori, nei tavoli di lavoro nei comuni e nelle Regioni, fino ai colloqui privati richiesti e ottenuti con il ministro Bernini. Se da un lato abbiamo proposto al ministro un ripensamento intelligente delle detrazioni fiscali ottenibili sul costo annuo dell’affitto e sollecitando al tempo stesso la costruzione dei posti letto richiesti dal Pnrr, dall’altro lato abbiamo cercato di aprire lo spazio per un discorso differente e complesso: pensare una abitabilità sostenibile, al di là del modello “camera singola”.
Lo abbiamo sperimentato, inoltre, nel modo in cui tra di noi è nato il desiderio di rispondere ai problemi sociali. Paradigmatica è stata la proposta di un nostro consigliere a Bologna: tramite la sua iniziativa nel Consiglio degli studenti si è formato tra gli universitari un gruppo di volontari disponibili ad aiutare le zone così duramente colpite dall’alluvione. E ciò oltre ogni divisione ideologica, mossi dalla solidarietà per i problemi e le sofferenze delle persone coinvolte nel disastro.
Lo abbiamo vissuto, infine, nella creazione di eventi culturali con migliaia di visitatori a Bologna, a Firenze, a Milano, a Padova e Torino. Da un interesse culturale che cerca di dialogare in modo critico e creativo con l’attualità sono nati incontri, mostre, presentazioni e concerti perché si potesse realizzare, oltre a uno spazio di confronto libero, anche una rete di relazioni, costruendo così un ponte con la società tutta. Le istituzioni e i loro rappresentanti sembrano spesso preoccupati soltanto dallo scheletro dell’università: dal perseguimento dei parametri Pnrr e l’ottenimento dei fondi, dai criteri di valutazione Anvur e dalla corsa dei dipartimenti verso l’eccellenza, e poi ancora l’adeguamento ad AVA2, AVA3.
Tutto giusto, ovviamente. Ma a che servirebbe questo (necessario) scheletro se perdessimo la sua carne? Che ne è, nella cura per l’involucro, del contenuto, cioè del compito dell’università e dei suoi destinatari, le persone che essa è chiamata a formare? Occorre accorgersi di un movimento che brulica nei nostri atenei. Reinterrogarsi sul ruolo dell’università, accorgersi delle esigenze di studentesse e studenti che vivono in essa, valorizzare le presenze che cercano di portare il loro contributo creativo alla sua costruzione è decisivo per ripensarne l’assetto, concependola certo in raccordo con il mercato e il mondo del lavoro, ma non subordinandola ad essi.
Il che significa essere consapevoli che la missione dell’università è la persona, è la formazione delle giovani generazioni, a cui è strutturalmente affidato il futuro di ogni società. Ecco che cosa ci lascia questo semestre di elezioni universitarie: la nostra crescita, a seguito dell’impegno vissuto, ma anche una rinnovata passione per l’università, perché non si dimentichi, anzi si riscopra il motivo per cui esiste. È un appello a tutti, ai rappresentanti delle istituzioni e della politica, come a ciascuno di noi.
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