Sembra essersi – almeno per il momento, complice anche il caldo e il ritorno degli studenti alle case dei loro genitori – la stagione delle proteste pro-Gaza, pro-Palestina e (talvolta) pro-Hamas che hanno coinvolto buona parte delle Università italiane negli ultimi mesi: si ricorderanno – tra le altre – i violenti scontri alla Sapienza di Roma, oppure l’occupazione per oltre 40 giorni di una delle sedi dell’ateneo di Torino, o – ancora – le tensioni tra la Ca Foscari di Venezia e la facoltà padovana; senza dimenticare (ma non ci interesserà in queste righe) i casi analoghi successi negli States, tra cui la famosa occupazione della Columbia di New York.
Eventi che hanno occupato le pagine di cronaca soprattutto nel corso degli ultimi mesi, tutte guidate dalla ferma (e quasi univoca) volontà di chiedere l’interruzione degli accordi di collaborazione tra le Università del Bel Paese e quelle di Israele, accusando quest’ultimo – e soprattutto il governo di Netanyahu – di un genocidio tra i palestinesi nella Striscia di Gaza.
A quanto ammontano i danni nelle Università italiane: le stime tra Roma, Venezia, Padova e Torino
Ma senza dare troppa voce a studenti e proteste in sé, è interessante dare un’occhiata alle prime (e certamente al ribasso) stime dei danni provocati in questi lunghi mesi di occupazione degli studenti nelle Università che – secondo quanto riporta il quotidiano Il Tempo – si aggirano tranquillamente attorno ai 600mila euro per tutti gli atenei e le facoltà; ma si può tranquillamente supporre che in realtà la cifra sia molto (molto) più alta.
Partendo dalla Sapienza – un po’ la vittima designata dei rivoltosi – secondo quanto spiegato lo scorso giugno dalla rettrice Antonella Polimeni – “a fine maggio i danni causati da atti vandalici (..) ammontavano a 330mila euro“, ma è importante tenere anche a mente che da quel momento “la violenza è proseguita” e – di conseguenza – “i danni sono aumentati“, coinvolgendo pressoché qualsiasi edificio del campus dell’Università romana.
Dall’ateneo veneziano Ca Foscari – invece – stimano qualcosa come 80mila euro solo per gli ultimi mesi di proteste prima dell’estate, mentre aggiungendo anche i danni causati all’inizio dell’anno secondo la rettrice Tiziana Lippiello si potrebbero finanziare “decine di borse di studio [per] studenti e studentesse”; così come dal vicino ateneo di Padova si stimano sempre circa 100mila euro.
Più incerta la stima del rettore di Torino Stefano Geuna che – dopo aver visto abbandonare la sede di Palazzo Nuovo al culmine dei 40 giorni ininterrotti di occupazione – ha parlato di “svariate migliaia di euro” non meglio definite; elencando (ovviamente tra gli altri) imbrattamenti ai muri, mobili distrutti o divelti, infissi e porte danneggiate, senza contare le sicuramente necessarie spese di pulizia.
Maurizio Gasparri: “I danni alle Università vanno ripagati dagli studenti che hanno imbrattato e distrutto”
Proprio partendo da questi danni, i rettori e i vertici delle università in questi giorni (seguendo un po’ l’esempio dei loro studenti) hanno avviato una vera e propria protesta per chiedere allo Stato di finanziare le ricostruzioni; appelli raccolti – e in parte cestinati – dal capogruppo di Forza Italia Maurizio Gasparri proprio sulle pagine del Tempo che ricorda i “comunicati molto polemici sulle risorse che lo Stato non avrebbe destinato agli atenei” per ribadire che “Bernini ha già spiegato come il governo abbia già fatto la sua parte, più del dovuto”.
Dal conto suo – infatti – ritiene “chiaro [che] molti rettori sono stati deboli nei confronti di proclami antisraeliani, talvolta antisemiti”, e invece che chiedere altri fondi propone di usare “bene i soldi che hanno” e tutelare “le Università da imbrattatori e odiatori”. Una buona alternativa secondo lui sarebbe condannare gli stessi studenti ala “ripulitura dei luoghi. Chi sbaglia dovrebbe essere sanzionato lavando auto, pulendo strade e giardini”.