Il talk show #quellicheripartono, appuntamento giornaliero del Meeting di Rimini, avrà come tema di oggi “L’io in azione: conoscenza e creatività”. A intervenire nel dibattito condotto da Massimo Bernardini e Enrico Castelli, tra gli altri, ci sarà Giovanna Iannantuoni, rettrice dell’Università Bicocca di Milano, che conta quasi 40mila studenti. L’abbiamo intervistata per darvi un’anticipazione dei temi che tratterà oggi, ma anche per parlare di università, dei suoi problemi, che già c’erano prima del Covid, e di gender-gap, un tema quanto mai attuale in Italia, dove la manodopera femminile rimane tristemente sottorappresentata, e dove molti posti di vertice sono ancora di fatto preclusi alle donne.
Come ci ha detto la rettrice, “quando sono tornata in Italia dalle mie esperienze all’estero ho visto un paese fatto dagli uomini per gli uomini”. Ci ha parlato delle sue iniziative dentro l’università, “per renderlo finalmente un paese adatto a tutti”.
Il tema della sostenibilità è largamente discusso al Meeting. Come si applica all’università?
Io sono responsabile di una comunità di 40mila persone, è da tempo che rifletto sulla sostenibilità. Per quanto mi riguarda ne ho una visione che definirei “moderna”: un campus universitario è sostenibile quando la comunità che lo vive ci sta bene. I problemi dell’università, in Italia, a parte quelli relativi alla sua autoreferenzialità, provengono dal fatto che gli studenti non vivono i loro anni di studio in modo abbastanza intenso, anche per colpa delle strutture. L’idea di campus è che lo studente non venga in università solo per ricevere l’insegnamento, ma anche per incontrare chi frequenta altre facoltà, o fare attività di altro tipo, ricreative, anche la sera. Per quanto mi riguarda, anche l’eccellenza è un valore sostenibile.
Lei dice? Di solito con eccellenza si indica un gruppo ristretto di persone selezionate.
L’eccellenza è un valore da inseguire, ma rischia di diventare un qualcosa per pochi, invece bisogna dare a tutti la possibilità di impegnarsi nelle proprie passioni, se c’è la voglia per farlo. Bicocca è un ateneo pubblico, oltre che eccellente, visto che siamo al primo posto in Italia per le citazioni. Quindi voglio che tutti i miei studenti possano avere a disposizione i migliori professori. Il capitale umano, di cui ha parlato anche Draghi, è quello su cui puntare.
Sostenibilità è anche parità di genere. Un tema sul quale in Italia siamo indietro. Lei come lo vede?
Quando sono rientrata in Italia mi sono resa conto che era un paese disegnato da uomini per gli uomini. A me piacerebbe che fosse un paese per tutti. Sembra che una donna debba ancora scegliere, nel 2020, se seguire la carriera o avere figli. Quando sono diventata rettrice alcuni mi hanno rimproverato di avere una figlia piccola. Io ho risposto: divento rettrice proprio per mia figlia, per il suo futuro. In Italia ci sono 5 rettori donna su 80.
Il Covid come ha impattato sulla condizione femminile? Lei ha parlato del rischio che le donne, nell’eventualità di un nuovo lockdown, siano penalizzate sul lavoro perché su di loro graverebbe ancora di più la cura dei figli che smetterebbero di andare a scuola.
È il risultato di un questionario che è stato sottoposto a lavoratrici donne. Alla domanda se se la sentissero di tornare a lavoro nel caso di un nuovo lockdown molte hanno risposto “Non me la sento, non ce la faccio”. Un altro svantaggio di genere, che si sommerebbe a quelli già esistenti: abbiamo già i dati peggiori tra i paesi Ocse per quanto riguarda la percentuale di donne al lavoro. E la metà delle donne sospende il proprio lavoro alla nascita di un figlio.
Lei ha previsto qualcosa per le donne all’interno della sua università?
Ho offerto a tutto il mio personale tecnico amministrativo la possibilità di avere un orario di lavoro flessibile e misto, in parte in smartworking, in parte in presenza. Questo per aiutare le donne con figli piccoli, ma anche chi ha in cura un anziano: dobbiamo rendere compatibile l’avere una famiglia con l’attività lavorativa, anche quando questa è molto impegnativa. Noi donne, in più rispetto ai maschi, abbiamo la capacità di prenderci cura degli altri.
A giugno lei ha annunciato che la Bicocca pagherà la connessione a internet ai suoi studenti. Qualcun altro ha seguito il vostro esempio?
Altri rettori mi hanno chiesto informazioni, spero ci seguiranno. Molti studenti, durante il lockdown, mi hanno scritto segnalandomi problemi relativi al digital divide. Ho quindi predisposto una pennetta per la connessione per tutti i 36mila studenti Bicocca, senza distinzioni di reddito, e poi un contributo per l’acquisto di un tablet per le matricole. È stato un grande investimento, costato quasi 3 milioni di euro.
Cosa farete dal punto di vista dell’inclusività?
In Bicocca ci sono circa 3.300 studenti che hanno diritto al Dsu, persone con Isee molto basso, che spesso hanno diritto alla residenza universitaria. Per loro abbiamo previsto un contributo una tantum da 500 euro, per dar loro l’opportunità di continuare a studiare. La ritengo un’iniziativa di valore etico.
Tra i vari episodi del Talk show #quellicheripartono, lei parteciperà all’incontro su conoscenza e creatività. L’università si occupa sicuramente della conoscenza. Anche della creatività?
La passione per la ricerca è creatività: lo studio “alla frontiera”, pensare a domande che nessuno si è mai fatto o a cui nessuno ha mai risposto in quel modo, è creatività. L’università è poi anche trasmettere questa passione agli studenti. Secondo me la creatività è anche un qualcosa di disruptive, è rivoluzionaria. Io mi sento una rettrice rivoluzionaria, concedimelo, voglio rivestire questo ruolo in un modo mio, personale, che sia completamente diverso dai precedenti.
Lo smartworking, cancellando l’interazione in presenza, non rischia di danneggiare la creatività?
Nessuna riunione su Zoom, anche la più bella, sarà mai come un incontro in presenza. Quello che noi come università abbiamo fatto è stato cercare di far continuare il più possibile la nostra attività didattica. Ma l’università, l’incontro tra docenti e studenti, è e rimane in presenza. Non c’è nulla di meglio che incontrarsi per un caffè e discutere di un teorema. E poi l’essere in presenza è importante perché dobbiamo puntare ancora più di prima sull’internazionalizzazione, per evitare che questa pandemia ci riporti in un nuovo medioevo, dove ci chiudiamo tutti in casa.
Questo si ricollega col suo discorso iniziale, dove mi diceva di voler rendere la Bicocca un vero campus.
Le racconto un episodio: questo maggio avevo organizzato un festival musicale in università in modo da aprire le porte della Bicocca e dare qualcosa non solo ai miei studenti, ma anche al quartiere che ci circonda. Ho dovuto ovviamente sospendere, ma l’anno prossimo lo rifaremo, ancora più bello.
Si parla molto di scuola dell’obbligo e superiori, meno di università. Come vi state organizzando per la ripresa delle lezioni?
Settembre sarà ancora molto occupato dai test d’ingresso. A ottobre ci sarà una piena ripresa delle attività che attueremo con flessibilità. Se le cose rimangono così pensiamo di fare lezione in aula per il 50% dei ragazzi, che si alterneranno in classe. Sperando che i numeri migliorino.
Dal punto di vista della prevenzione sanitaria siete pronti?
Bicocca è uno dei pochi atenei con un medico. Abbiamo già fatto il test sierologico a tutti i nostri 2mila dipendenti tra docenti e non, il 4 maggio, all’inizio della fase 2, e l’iniziativa è stata molto apprezzata dal nostro personale. Ma l’Università Bicocca ha fatto tanto anche per la ricerca. In Italia si stanno sviluppando due vaccini: uno è in prova allo Spallanzani, a Roma, l’altro è una collaborazione Spallanzani-San Gerardo, la cui struttura fa parte della nostra facoltà.
Quando inizierete i test sul vostro vaccino? Lo Spallanzani comincerà lunedì 24.
Noi qualche giorno dopo, ma più o meno saremo in contemporanea. C’è una grande quantità di volontari che vogliono partecipare. In Bicocca abbiamo il dipartimento di medicina migliore d’Italia, sul vaccino puntiamo molto.
Come pensa che vadano spesi i fondi europei per quanto riguarda università e ricerca?
I fondi europei non vanno usati per qualcosa che valga solo oggi e non domani. Dobbiamo spenderli per fare cambiamenti strutturali, politiche industriali serie. Ricordo che il nostro paese investe lo 0,3% del Pil nell’università, solo la Grecia fa peggio di noi in Europa.
E questo problema ha il suo specchio negli scarsi investimenti in ricerca e sviluppo.
Noi lavoriamo moltissimo con le aziende, investire in ricerca e sviluppo è la chiave per la loro evoluzione e il futuro di tutto il paese. Dobbiamo spendere questi fondi in maniera coraggiosa e rivoluzionaria: è l’unica opportunità che abbiamo per costruire un futuro migliore.
(Lucio Valentini)