L’orientamento universitario si trova al centro di nuovi bisogni e richiede l’acquisizione di nuove competenze per adattarsi alle sfide dell’attuale era “digitale”. Il tema è approfondito da un rapporto di Inapp, pubblicato nei giorni scorsi, che si propone di esplorare il panorama dei servizi di orientamento offerti dalle università italiane, contestualizzandolo, ovviamente, all’interno del quadro normativo di riferimento, ed esaminare il processo (in corso?) di digitalizzazione dei servizi di orientamento sulle diverse piattaforme universitarie.



Lo studio parte da due elementi di sistema e potremmo dire metodologici. Favorire l’occupabilità e accompagnare l’individuo, e le organizzazioni del lavoro, nella gestione delle molteplici transizioni è una questione sempre più aperta che impone riflessioni e confronti costanti sul tema dell’orientamento per lo sviluppo di nuove politiche attive del lavoro, come sottolineato anche nel Pnrr italiano. L’orientamento, inteso in un senso più ampio possibile, dovrebbe consentire alla persona di attribuire significato di continuità a un percorso costituito da esperienze segmentate.



In questo quadro si sottolinea come, in particolare, l’orientamento universitario sia rivolto a studenti universitari o, comunque, a coloro che stanno prendendo in considerazione l’iscrizione all’università. I contenuti dovrebbero essere, quindi, pensati per aiutare  i giovani nella costruzione di un percorso di studi di “terzo livello”. Essendo poi tali percorsi inseriti nel segmento più avanzato del sistema educativo si richiede che questi programmi di orientamento siano caratterizzati da un livello di maggiore complessità e specializzazione rispetto a quelli pensati per i livelli (le transizioni) precedenti e progettato per preparare gli studenti a professioni, almeno teoricamente, maggiormente specializzate. Questo tipo di orientamento deve essere, insomma, in grado di rispondere alle esigenze di un target qualificato dal punto di vista dell’istruzione e adeguarsi ad aspettative progettuali proporzionate a tali profili di utenza.



L’enorme sfida che si pone ai contesti accademici è, quindi, quella di integrare le attività di alta formazione con altri tipi di processi che facilitino ai giovani sia la gestione dell’esperienza all’interno dell’università (orientamento in itinere) che l’adeguata progettazione del loro futuro professionale (orientamento in uscita), offrendo loro una variegata gamma di servizi, tra i quali la consulenza sulla scelta dei percorsi di studio, il supporto sulle modalità di superamento delle difficoltà accademiche, la consulenza sull’individuazione di opportunità di studio o stage all’estero, servizi di orientamento professionale e programmi di tutoraggio e iniziative di diffusione di informazioni, sia in presenza che, sempre più probabilmente, attraverso le piattaforme online.

Si immagina, quindi, che accanto alla didattica disciplinare “tradizionale” serva inserire una formazione degli studenti sulle “soft skills” affinché possano essere apprese anche quelle. L’introduzione di azioni dedicate a implementare le soft skill e l’occupabilità dei ragazzi, con un’attenzione a quelli più fragili, necessiterà, in questo quadro, che nei prossimi anni si sviluppi un’ampia riflessione, con tutti i soggetti interessati, che porti a una ridefinizione delle funzioni, delle mission e delle politiche necessaria per operare una riforma organica del sistema dell’orientamento.

Viene, tuttavia, da chiedersi in questo nuovo contesto se il docente, sebbene supportato da strumenti certamente utili come quelli della didattica orientativa, basterà per rispondere alle richieste dei ragazzi e delle imprese del nostro tempo.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI