Nasce un intergruppo parlamentare per promuovere le università telematiche

È passata poco più di una settimana dall’appello rivolto alle istituzioni dall’Istituto Bruno Leoni (che vi avevamo già raccontato su queste stesse pagine) per promuovere e non ostacolare le università telematiche, un modello smart, sostenibile e, soprattutto, flessibile in grado di rivoluzionare l’accesso al diritto allo studio per gli italiani. Una settimana è bastata affinché il Parlamento cogliesse la palla al balzo, annunciando proprio nella giornata di oggi che il deputato Edoardo Ziello (in forza alla Lega) ha istituito un intergruppo parlamentare con l’obiettivo di promuovere le università telematiche nel nostro paese.



Allo stato attuale hanno aderito all’intergruppo diversi deputati della maggioranza, tra Lega, Fratelli d’Italia e Noi moderati, ma Ziello ci ha tenuto a precisare chiaramente che “molti [altri] ne stiano valutando l’adesione“, ribadendo che “rimarrà sempre aperto a tutte le forze politiche che sostengono l’innovazione applicata all’istruzione“. I lavori in Parlamento, spiega ancora il deputato, si concentreranno in una prima fare sullo studio dei “modelli di università telematiche” degli altri paesi, citando soprattutto “Regno Unito o Stati Uniti d’America e Spagna“; mentre l’obiettivo rimane quello di “mettere a punto proposte e soluzioni capaci di garantire il diritto agli studi superiori a tutte quelle famiglie che non possono permettersi di sostenere studi fuori sede“. 



Ora più che mai, secondo Ziello, è importante che la politica dia “una risposta sociale tesa a potenziare quel diritto all’istruzione superiore“, limando il numero di coloro che “non hanno i mezzi per accedervi“; tutelando quel diritto chiaramente espresso nell’articolo 34 della Costituzione ed, infine, impedendo quel conflitto “tra le università tradizionali e quelle telematiche” di cui ha parlato anche l’Istituto Leoni nel suo studio. 

Le università telematiche come risposta agli studenti-lavoratori

Proprio attorno alla questione economica, infatti, si gioca la ‘partita’ tra le università tradizionali e le loro controparti (qualcuno direbbe ‘avversarie’) telematiche, che se da un lato hanno una serie di agevolazioni legate all’ISEE che alleviano le tasse sulle spalle delle famiglie, dall’altro evitano di sostenere costi che non possono essere detratti (si pensi all’affitto e, in generale, alla vita di un figlio che vive a centinaia di km da casa) in alcun modo.



La guerra tra istituzioni così tanto simili (e scomodiamo ancora l’Istituto Leoni) è del tutto dannosa, e mentre la politica fino a poche settimana proponeva alle telematiche di assumere un quantitativo di docenti pari a quelli già assunti nelle università tradizionali, ora sembra sempre più vicina una svolta. A livello numerico, inoltre, gli studenti digitali in Italia sono più di 250mila (circa il 13% del totale dei futuri laureati) e durante il covid si è registrato un boom di iscritti (addirittura il 410% in più); mentre altre rilevazioni parlano di un 80% di laureati nelle università telematiche che hanno più di 23 anni, quasi a segnalare il loro valore nel permettere ai diplomati di proseguire i loro studi mentre si affacciano già al mondo del lavoro in una società in cui la laurea è (talvolta) l’unica chiave di accesso alle posizioni manageriali.