Un recente set di dati pubblicati dal team che osserva lo spazio dall’occhio elettronico del Dark Energy Spectroscopic Instrument potrebbe mettere in dubbio tutte le attuali conoscenze – anche queste teoriche – che i fisici usano come modello per spiegare il funzionamento dell’universo, incrinando e riscrivendo la teoria dell’Energia oscura: un tema non da poco perché al di là del fatto che si tratta di pure e semplici teorie che hanno ancora tantissima strada davanti prima di poter essere dimostrate; se dovesse succedere sarebbe anche necessario cestinare decine e decine di anni di studi sul comportamento dell’universo con tutto quello che ne conseguirebbe.
Per capire bene di costa stiamo parlando è importante partire proprio dalla già citata Energia oscura: questa di fatto è una fonte energetica che si ipotizza – il termine oscura richiama proprio il fatto che non sia osservabile – essere ciò che compone il 70% dell’universo; accolta con il consenso scientifico perché in sua assenza sarebbe altrimenti impossibile spiegare tutta una serie di fenomeni naturali, conosciuti e perfettamente osservabili.
Dalla teorizzazione iniziale dell’Energia oscura con una lunghissima serie di studi, calcoli ed analisi si è arrivati alla teoria attualmente standard – al punto da essere considerata un principio fondamentale quando si parla di universo – sul modello cosmologico che vede alla misteriosa energia inosservabile la capacità di espandersi costantemente e – soprattutto – in modo accelerato, trascinando con sé l’intero cosmo che (dunque) si ritiene essere a sua volta in espansione.
La nuova teoria sull’Energia oscura: cosa cambierebbe nelle leggi che regolano l’universo?
Capiti (certamente a somme linee) questi principi, possiamo venire alle più recenti osservazioni fatte dal telescopio DESI che è il più avanzato sistema per scrutare l’universo in grado di captare stelle lontanissime dal nostro pianeta e di stimarne l’evoluzione nel millenario tempo cosmico a causa della loro naturale rifrazione della luce che permette di osservarle come se fossero ferme a centinaia di migliaia di anni fa: proprio studiando la posizione di stelle e galassie lontanissime – insomma – si può provare a dimostrare come funziona l’Energia oscura perché in base ai loro movimenti si può calcolare anche la velocità di accelerazione dell’espansione dello stesso universo.
Comparando i dati raccolti da DESI – però – i ricercatori hanno notato delle fluttuazioni nella posizione delle stelle che non sarebbero accelerate come vorrebbe la teoria cosmologica standard ma sembrano avere un comportamento scostante, ipotizzando che in questa precisa fase cosmica l’Energia oscura sarebbe – addirittura – in diminuzione: una teoria che se venisse dimostrata renderebbe l’universo un costrutto non in espansione costante (né tanto meno accelerata) ma soggetto a variazioni legale al tempo e questo comporterebbe una riscrittura delle leggi universali; ma al contempo è bene precisare che si tratta di una teoria con un’affidabilità ancora decisamente bassa rispetto a quella che si potrebbe definire una vera e propria scoperta.