Lo scorso 7 novembre sono state rilasciate le prime immagini prodotte dal satellite Euclid dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Sono questo solo un piccolo assaggio di quello che Euclid sarà in grado di fornirci nei prossimi sei anni di osservazioni.

Lanciato il primo luglio 2023 da Cape Canaveral a bordo di un Falcon 9 di SpaceX dopo un viaggio di circa un mese, Euclid è arrivato in prossimità del punto L2 (punto Lagrangiano secondo), un punto di equilibrio instabile del sistema Terra-Sole che si trova ad un milione e mezzo di chilometri dalla Terra. Da questo punto privilegiato di osservazione Euclid ha cominciato una prima fase di Commissioning cioè di verifica del corretto funzionamento di tutti i sistemi e sotto-sistemi che permetto al satellite ed agli strumenti di operare. Siamo ora nella fase di Performance and Verification (PV) in cui vengono eseguite osservazioni programmate al fine di ricavare tutte le calibrazioni necessarie per un proficuo sfruttamento dei dati prodotti. Al termine di questa fase inizieranno le osservazioni vere e proprie.



Lo scopo principale della missione è quello di gettare una luce nuova che ci permetta di comprendere quelle che sono le componenti più importanti (in termini di densità) ma elusive del nostro Universo: la materia oscura e l’energia oscura. Quest’ultima in particolare è chiamata in causa per rendere ragione dell’evidenza osservativa dell’espansione accelerata dell’Universo.



Per questo sono presenti a bordo due strumenti diversi ma complementari tra loro. Una enorme macchina fotografica ad altissima risoluzione operante nel visibile ed uno spettrografo infrarosso. Da quest’ultimo, grazie alla sua capacità di scomporre la luce nelle sue componenti principali (un po’ come fa un prisma con la luce del Sole producendo un bell’arcobaleno), siamo in grado di misurare la distanza di circa 35 milioni di galassie potendo quindi costruire una mappa tridimensionale della loro distribuzione nell’Universo. Tale distribuzione è fortemente influenzata dalle proprietà fisiche di materia e soprattuto di energia oscura che sarà possibile dedurre dal confronto delle osservazioni con modelli cosmologici teorici.



L’altro strumento operante nel visibile è dotato di sensori ad alta risoluzione che permettono di misurare il cosiddetto effetto di lente gravitazionale debole (weak lensing): come cioè la materia e anche la luce sono deviate a causa della forza di gravità prodotta dalla massa, sopratutto oscura, che incontrano lungo il cammino fino a noi. È questo un effetto previsto da Einstein nella sua teoria della relatività generale. Quindi tutte le immagini di galassie che osserviamo sono in realtà distorte proprio come accade guardando attraverso una lente deformante. In alcuni casi l’effetto è importante e crea immagini multiple dello stesso oggetto, come possiamo osservare in corrispondenza di grandi concentrazioni di materia come gli ammassi di galassie. In altri casi invece l’effetto è molto tenue e produce una distorsione che ci fa apparire le galassie un po’ più ellittiche di quanto non siano.

Collezionando quindi le immagini di oltre due miliardi di galassie è possibile ricostruire il campo gravitazionale della materia in grado di produrre l’effetto osservato. Una delle immagine rilasciate da Euclid è quella dell’ammasso di Perseo (Fig.1) a soli 240 milioni di anni luce da noi.

Fig. 1. L’Ammasso di Perseo

In questa stupenda ripresa possiamo cogliere circa un migliaio di galassie appartenenti all’ammasso, ma anche moltissime altre (circa 100mila) che stanno sullo sfondo e che mai erano state osservate. Dallo studio della dinamica delle galassie di ammasso (principalmente la loro velocità) e dalla forma di queste (circa 50mila saranno usate per lo studio del weak lensing) si ricaveranno informazioni circa le componenti oscure dell’Universo.

Ma Euclid non è solo cosmologia, è anche astrofisica e formazione planetaria. La stupenda immagine della Nebulosa Testa di Cavallo (Fig. 2) mette in evidenza la presenza da un lato di gas caldo, ionizzato dalla vicina stella Sigma Orionis che produce i colori blu-viola e rosso, e dall’altro nubi scure di polvere interstellare fredda che contengono idrogeno molecolare: è da qui che nascono successivamente nuove stelle e nuovi sistemi planetari.

Fig. 2. La nebulosa Testa di Cavallo

Tramite l’osservazioni di regioni come questa si spera di rilevare per la prima volta, grazie alla particolare sensibilità di Euclid nell’infrarosso, nuove stelle nella loro primissime fasi di vita, avvolte ancora nel bozzolo di polveri da cui hanno preso origine e all’interno di queste nuovi pianeti con masse confrontabili con quella di Giove.

È questo solo l’inizio e già promette bene. La strada è chiara ma il cammino, come in tutte le missioni spaziali, è tutto fuorché semplice. A questo lavoro tutta la collaborazione è ben preparata ed ogni giorno che passa conosciamo sempre meglio gli strumenti a bordo ed il loro funzionamento. Questa conoscenza è la chiave del successo di ogni esperimento dal più semplice al più complesso e costoso. Certamente una grande avventura.

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