Il caso Uno bianca torna in tv con una puntata di FarWest in onda il 6 maggio 2024 in prima serata su Rai 3. Salvo Sottile si occupa della drammatica scia di sangue dietro la quale si celano vecchi e nuovi interrogativi, come l’ipotesi di complici rimasti in libertà e l’ombra del terrorismo sull’asse della strategia della tensione. La recente riapertura delle indagini è scaturita dall’impulso delle istanze di alcuni familiari delle vittime, convinti che la verità sia ancora da accertare e che nelle trame della vicenda si nascondano responsabilità sepolte sotto una copertura che potrebbe coinvolgere livelli ben più alti rispetto ai nomi consegnati alla giustizia.



Gli assalti e gli omicidi della famigerata banda di criminali della Uno bianca avvennero in un periodo compreso tra il 1987 e il 1994 e il bilancio fu un vero bollettino di guerra: 24 morti e oltre 100 feriti, nel tessuto di una storia che ancora oggi sembra in parte da scrivere e che lasciò scoperti i nervi più sensibili di un’intera nazione. Secondo le sentenze, il gruppo guidato dai fratelli Savi avrebbe agito per soldi, ma le famiglie delle persone uccise nutrono il dubbio che vi sia una potenziale matrice terroristica mai svelata. Forse volutamente occultata per celare una regia insospettabile.



La nuova indagine bolognese sulla Uno bianca, un fascicolo contro ignoti e l’ipotesi di concorso in omicidio

La nuova indagine sui fatti della Uno bianca è stata aperta a Bologna pochi mesi fa e il fascicolo, fa sapere Ansa, è aperto a carico di ignoti per l’ipotesi di concorso in omicidio. 7 anni e mezzo di sangue e terrore tra Emilia-Romagna e Marche, 24 morti, oltre 100 feriti e un totale di 102 azioni criminali fecero della storia della banda uno dei peggiori capitoli di orrore che la cronaca italiana abbia mai registrato. Tra le persone uccise anche 5 carabinieri, un ex carabiniere, un poliziotto, 2 guardie giurate. Secondo quanto ricostruito a processo, le responsabilità furono dei fratelli Fabio e Roberto Savi e dei loro complici. Tutti poliziotti tranne il primo. Tutti uomini in divisa compreso il terzo dei fratelli, Alberto Savi.



Secondo i parenti di chi perse la vita sotto la furia del commando della Uno bianca, vanno ancora trovati i mandanti di quelle azioni partite dalle rapine ai caselli autostradali e culminate in una serie impressionante di efferati delitti. I sospetti dei familiari sono stati condensati in un esposto depositato alla Procura del capoluogo emiliano e a quella nazionale Antiterrorismo. Il dubbio da risolvere, stando a quanto trapelato, è che l’eversione sia un filo rosso che lega quegli efferati omicidi ad altre terribili pagine della strategia della tensione nel nostro Paese. La notizia della rinnovata attenzione sul caso della Uno bianca è arrivata a ridosso della commemorazione dei militari uccisi nella strage del Pilastro, l’eccidio in cui il 4 gennaio 1991 morirono i giovani carabinieri Mauro Mitilini, Andrea Moneta e Otello Stefanini.

Il fratello di un carabiniere ucciso: “Altre presone coinvolte che sicuramente sono ancora in giro”

Alessandro Stefanini, fratello del carabiniere Otello Stefanini ucciso 33 anni fa con i colleghi, ha espresso la sua convinzione a margine della riapertura dell’inchiesta sulla banda della Uno Bianca. Lo ha riportato Ansa, secondo cui le sue dichiarazioni sintetizzano il sentimento di tante altre famiglie: “Siamo sempre più convinti che dietro c’erano altre persone che sicuramente sono ancora in giro“.

Stando all’istanza dei parenti di chi è stato assassinato, restano da trovare i complici e persino i mandanti. È stato lo stesso Stefanini, come ricostruisce ancora l’agenzia di stampa, a sottolineare la necessità di ascoltare nuovamente alcuni soggetti che “sono fondamentali”. Tra questi l’ex vicebrigadiere Macauda: “Lui sa sicuramente qualcosa che non ha detto quando è stato arrestato“. Lo stesso ex militare, riporta la Tgr Emilia-Romagna, sarebbe finito in carcere per calunnia e depistaggio. Condannato a 8 anni e 4 mesi, radiato dall’Arma, ne avrebbe scontati meno di 4 in carcere. Secondo i giudici, avrebbe depistato le indagini dell’epoca sulla Uno bianca posizionato un bossolo sull’auto usata dai killer e portando a ritrovarne di uguali a casa di alcuni pregiudicati.