È appena uscito nelle sale Uno rosso, un film natalizio rivisitato in chiave action. Non è la solita storia che viene propinata in questo periodo, al contrario la pellicola punta a essere un film d’azione fantasioso e godibile riuscendo nel suo intento, nonostante la durata forse eccessiva di due ore. Certamente non si sta parlando di uno spettacolo che rimarrà nella storia, ma neanche di un film pessimo: offre alcuni spunti interessanti e sviluppa una storia che rivisita in parte il genere natalizio. In questa troviamo un Chris Evans che, abbandonati i panni di Captain America, si muove bene anche in personaggi negativi e sbruffoni, mentre Dwayne Johnson impersona il solito personaggio positivo che in fin dei conti risulta sempre simpatico e apprezzabile.
La trama, originale, è molto semplice: Babbo Natale viene rapito ed è compito del responsabile alla sicurezza e capo dell’organizzazione Elf (Johnson) trovarlo, venendo supportato dalla direttrice del Mora (Lucy Liu), un’agenzia a conoscenza dell’esistenza delle creature mitologiche, e da un pirata informatico (Evans). Il Natale va salvato prima che i nemici realizzino il proprio obiettivo, che è quello di punire tutti coloro che risultano essere sulla lista dei cattivi di Babbo Natale o che hanno compiuto qualcosa di negativo nella loro vita.
Da questa trama si possono sviluppare delle riflessioni più ampie a proposito di come viene ormai proposto il Natale. L’idea dei villain del film è che i bambini cattivi, per cui c’è appunto un’apposita lista, non meritino i regali e debbano essere puniti. Da qui passa anche, al contrario, il messaggio che fare i buoni comporti automaticamente una ricompensa, in questo caso i regali: oltre a essere una stortura del reale significato del Natale, questa è una visione consumistica ed egocentrica, oltreché non veritiera. È completamente tolta l’idea della gratuità, che vive dell’amore, del dono di sé, sostituito dal dono (regalo) per sé.
Se queste sono le premesse di una logica che si muove esclusivamente sul merito, i cattivi del film non hanno torto: perché dovrebbe essere sbagliato punire i bambini sulla lista, se il premio è destinato a quelli buoni? Certo è che se per “bambini cattivi” si intende chiunque abbia fatto una cattiva azione nella vita, allora si entra in un’ideologia giustizialista che nulla ha di umano. Chi potrebbe mai salvarsi da un criterio così disumano e senza amore? Questo è il contrario del Natale cristiano, che ricorda invece che neanche le colpe sono ostacolo alla salvezza portata da Cristo, tanto che “dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia” (Rm 5,20).
Chi, al contrario, scardina in parte l’idea del merito è Babbo Natale, che lascia sempre aperte le porte a una seconda possibilità. Viene spiegato che egli è un essere proveniente dall’esterno di questo mondo e, di fatto, con il mondo non si implica (se non quando deposita regali nelle case di tutto il mondo), contrariamente a quello che è il messaggio originale del Natale: un Dio che, facendosi bambino, si implica con la storia dell’uomo. Egli parla di una possibilità di redenzione per tutti, anche per chi non è più bambino (“Noi lavoriamo anche per i bambini che non lo sono più”), incentrando il lavoro suo e del suo bodyguard sul riconoscere negli adulti i bambini di un tempo.
Pur parlando del valore di ogni singola scelta, e quindi della possibilità di cambiare fino all’ultimo, questo riconoscere i bambini negli adulti non è la semplicità di cuore evangelica (cfr. Mt 18,3), ma una specie di regressione a una semplicità infantile, come se crescere fosse un’inevitabile condanna: la sfida però a cui ognuno è chiamato nella vita non è quella di rimanere bambini (se non nel senso evangelico). ma come vivere da uomini. Sembra quasi di rivivere il dialogo del Signore degli Anelli tra Gandalf e Frodo, con quest’ultimo che esprime l’impossibile desiderio di rimanere nella sua casa, nella Contea, “cristallizzando” il tempo: “«Avrei tanto desiderato che tutto ciò non fosse accaduto ai miei giorni!», esclamò Frodo. «Anch’io», annuì Gandalf, «come d’altronde tutti coloro che vivono questi avvenimenti. Ma non tocca a noi scegliere. Tutto ciò che possiamo decidere è come disporre del tempo che ci è dato»”.
Nel film dunque la speranza è racchiusa in un passato che non potrà più tornare e in buone azioni redentrici la cui origine è abbandonata al sentimento. Se ne deduce, in questo come in molti altri film, che il Natale sia ormai inteso come una festa ammantata di buonismo inconsistente a uso e consumo dei bambini (ma allora cosa lo differenzia dalle altre feste?).
Questa riflessione non è una critica a Uno rosso, che è un film godibile e consigliato per chi vuole passare una serata non impegnata. Prendendolo però da spunto per una riflessione più ampia su una festa a cui è stato dato un forte tratto consumistico, emerge una domanda: cosa può essere il Natale, se ne perdiamo l’origine e dunque il significato?
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