L’uranio sta diventando una delle materie prime più ricercate per l’approvvigionamento energetico. E di conseguenza i prezzi salgono senza controllo, minacciando i Paesi che hanno deciso di puntare sul nucleare per produrre energia. “La strada della transizione ecologica verso un futuro meno condizionato dai combustibili fossili passa, anche e necessariamente, da un maggior impiego dell’energia nucleare. La transizione si accompagna a una maggior richiesta di energia necessaria per costruire nuovi impianti e infrastrutture, e ridurre il consumo di petrolio non è fattibile se non si affiancano fonti capaci di fornire ampie capacità di energia” ha illustrato ad Avvenire l’esperto Maurizio Mazziero.
Per Mazziero, “proprio questa grande necessità di energia non può essere soddisfatta da fonti con capacità discontinue: proviamo a pensare alla variazione di produzione derivante da giornate nuvolose per i fotovoltaici, poco ventose per gli impianti eolici o le centrali idroelettriche con penuria di acqua a causa della siccità. Da qui la promozione del nucleare a energia sostenibile da parte dell’Unione europea, ma anche in questo caso saremmo degli illusi se non verificassimo la reale disponibilità di uranio”. L’uranio è infatti il prossimo campo in cui si gioca una partita soprattutto a livello geopolitico, anch’essa influenzata dalla guerra in Ucraina.
Prezzo record dell’uranio: “tendenza destinata a protrarsi nel tempo”
Nei primi dieci produttori di uranio, materia prima indispensabile per produrre energia tramite nucleare, spiccano Kazakistan, Namibia, ma anche Russia, Ucraina e Cina. Mentre i principali produttori di energia nucleare abbiamo Stati Uniti, Cina, Francia, Russia e Corea del Sud. La Mazziero Research, come si legge su Avvenire, parla di 438 reattori in funzione e 58 in costruzione. In questo contesto la domanda di uranio ammonta a circa 62.500 tonnellate, contro una produzione che nel 2021 si assestava a 48.300 tonnellate. Proprio da questo gap si origina l’incremento dei prezzi, una tendenza che “pur con le normali oscillazioni, è destinata a protrarsi nel tempo” come spiega Maurizio Mazziero.
I numeri parlano chiaro: un pound (0,454 kg) di uranio nel marzo 2020 costava 24 dollari, mentre nel primo trimestre 2023 ha raggiunto i 50 dollari. Martijn Rozemuller, ceo di VanEck Europe, alle pagine di Avvenire ha spiegato che per quanto riguarda l’uranio “l’aspetto più importante è la dipendenza dagli impianti di arricchimento della Russia. Il Paese detiene attualmente quasi la metà della capacità di arricchimento nucleare su scala globale e il superamento di questo vero e proprio ostacolo dovrebbe essere una delle massime priorità dei governi, insieme alla costruzione di nuove centrali e alla sostituzione di quei reattori atomici che sono ormai obsoleti”.