Ursula Vaniglia Orelli, vittima di un amore malato, caratterizzato da uno stupro e che l’ha portata a pesare appena 22 chilogrammi, ha raccontato la sua drammatica vicenda a “Storie Italiane”, trasmissione di Rai Uno condotta da Eleonora Daniele. Correva l’anno 1990 e, come ha sottolineato la stessa donna, aveva conosciuto un tipo d’amore sbagliato: “Questo ragazzo era più grande di me. Io avevo 13 anni, lui era maggiorenne e in età universitaria. Quest’uomo ha fatto ciò che voleva, sostanzialmente. Con lui conobbi l’amore che malmena, che vessa, che mortifica: mi picchiava e lo fece per anni. Quando ero 17enne, mi mortificò verbalmente dicendomi in un atto di grande intimità che ero grassa come un maiale”.
A un certo punto, Ursula Vaniglia Orelli si ribellò a quell’uomo e poco tempo dopo tre sconosciuti mi entrarono in casa sua mentre era sola: “Penso che conoscessero lui e che lui si sia vendicato mandandomi queste persone. Ho subìto uno stupro da parte di quei tre uomini, di cui porto ancora i segni addosso. Tantissimi anni dopo, quella persona mi chiese scusa per quello che aveva fatto, ma io gli risposi che non ci poteva essere perdono nel mio cuore. Non denunciai lo stupro perché nel 1990 non lo si faceva e perché in quel momento per me era più facile dimenticare, o almeno così pensavo. Ero poco più che maggiorenne”.
URSULA VANIGLIA ORELLI: “PER COLPA DI UN AMORE MALATO DIVENNI ANORESSICA E RISCHIAI LA VITA”
Nel prosieguo della sua intensa narrazione di fronte alle telecamere di “Storie Italiane”, Ursula Vaniglia Orelli ha ricordato che l’unica persona a cui confidò ogni cosa fu sua zia e che se potesse tornare indietro denuncerebbe: “Ho creduto di poter gestire e controllare il dolore, sbagliando – ha asserito –. Per farlo, l’unico strumento che mi preservava dal male era non ingerire più nulla, diventare niente, perché nel niente il dolore non avrebbe più trovato spazio. Ero diventata anoressica, pesavo 22 chilogrammi”.
In quelle condizioni tremende, Ursula Vaniglia Orelli rimase ricoverata in ospedale per un anno, venendo sottoposta anche a narcoterapia: “Quando i miei genitori capirono che la situazione era grave, iniziarono a portarmi dai medici, che – oltre a togliere soldi dalle loro casse – non facevano nulla. Poi mia mamma, disperata, mi portò da una dottoressa: fu lei a salvarmi la vita”.