La guerra in Ucraina, la situazione di tensione con Taiwan, ma anche la crisi generata dal pallone spia cinese sui cieli americani e i rapporti commerciali tra i due colossi. La visita del segretario di Stato Usa Blinken a Pechino mette sul tavolo tutti questi temi in un momento in cui i rapporti tra la Cina e gli Stati Uniti sono notevolmente deteriorati rispetto a prima. L’incontro doveva tenersi mesi fa, ma fu rinviato perché negli stessi giorni gli americani avevano individuato un satellite spia di Pechino che si trovava sul territorio Usa. Un episodio che ha interrotto momentaneamente i contatti ufficiali tra l’amministrazione Biden e il regime di Xi Jinping e che ha incrinato ancora di più i rapporti tra i due Paesi.



Il principale motivo di insofferenza da parte americana, in questo momento, riguarda la posizione cinese relativamente al conflitto in Ucraina. Gli Usa – svela Massimo Introvigne, sociologo, fondatore del Cesnur e del sito Bitter Winter – pensano che la proposta di pace messa sul piatto da Pechino sia in realtà una sorta di azione di disturbo per cercare di mettere zizzania tra gli Stati Uniti e i loro alleati europei.



Come sono attualmente, i rapporti tra la Cina e gli Usa?

I rapporti sono cattivi, basta leggere il comunicato con cui la Cina annuncia la visita di Blinken. Si dice che sono a uno dei livelli più bassi di sempre, aggiungendo anche che tutti sanno di chi è la colpa. Il comunicato americano è più gentile. Dice però, con uno stile “da Spiderman”, che grandi conflitti richiedono grande diplomazia. Stanno comunque parlando, appunto, di conflitto, non di dialogo. Credo che la situazione non sia buona. Se in questi giorni arrivasse Bill Gates in Cina e avesse un incontro personale con Xi Jinping e non ce l’avesse Blinken, evidentemente sarebbe un gesto di grande scortesia: questa visita verrebbe utilizzata per segnalare un ulteriore peggioramento della situazione.



Qual è il principale nodo da sciogliere?

Su nessun dossier si sono fatti dei passi avanti: la Cina non ha invaso Taiwan ma si riserva il diritto di farlo. Quello che disturba gli Usa in questo momento, più ancora di quest’ultima situazione, è il tentativo reiterato sul dossier Ucraina, da parte dei cinesi e della loro diplomazia, di inserire un cuneo tra l’Europa e gli Stati Uniti, utilizzando in particolare il loro rapporto con la Francia e con Macron. Cercano di rompere il fonte occidentale con proposte di pace che poi, in realtà, sono proposte di resa dell’Ucraina.

È così che sono viste a Washington?

Non sono percepite come proposte di pace se non da Macron e dalla Santa Sede: per gli americani sono un tentativo di fare confusione per creare una divisione tra Usa ed Europa, approfittando del fatto che ci sono Paesi europei, alcuni in modo smaccato come l’Ungheria, altri in modo più sottile come la Francia, che privilegiano il rapporto commerciale con la Cina.

Uno dei temi è anche quello delle regole di ingaggio tra cinesi e americani per evitare incidenti dal punto di vista militare.

Questi dialoghi vanno già avanti tra militari: il capo della Cia, per esempio, è stato in Cina. Ma non sono cose da Blinken. Riguardano la difesa, i militari, sono cose da spie.

Cosa vogliono i cinesi dagli americani?

Vogliono l’attenuazione delle sanzioni nei confronti di alcune loro aziende in settori strategici come i semiconduttori, ma non la otterranno se non c’è un cambio di passo cinese sulla politica estera. Gli Usa sanno che non ci sarà, perché non c’è mai stato, dai tempi di Mao Tse Tung, nessun cambio di retorica su Taiwan. Invece, per quello che riguarda l’Ucraina, si aspettano che queste azioni di disturbo cessino: per gli Stati Uniti era meglio che la Cina stesse zitta, piuttosto che avanzare proposte di pace fasulle.

Anche perché il piano cinese afferma il principio della sovranità territoriale, ma poi ammette che i territori conquistati dai russi sono di Mosca: una contraddizione che smaschera Xi Jinping?

In realtà i russi hanno anche annesso territori che non sono stati acquisiti militarmente. Comunque è chiaro che gli Stati Uniti sono infastiditi anche dal Papa: pensano che qualunque proposta di pace alternativa, che non sia il ritiro della Russia almeno ai confini del febbraio 2022, sia un diversivo il cui unico scopo è di agitare le opinioni pubbliche occidentali che poi fanno pressione sui Governi per rallentare il flusso di armi verso Kiev.

Ma gli Usa hanno qualche ragione su questo punto?

Credo che gli americani abbiano ragione, nel senso che non si capisce bene come gli ucraini e i Paesi che hanno un’amicizia storica per l’Ucraina, che fanno parte della Nato ma sono fisicamente localizzati nell’Est Europa, come la Polonia e i Paesi Baltici, possano accettare il fatto che una nazione che ne invade un’altra, ne distrugge le città con i bombardamenti, rapisce i bambini e ammazza gli abitanti possa essere premiata con delle conquiste territoriali.

Visto che le condizioni dei rapporti sino-americani sono pessime, perché è stato fissato l’incontro? Non mancano i presupposti perché sia fruttuoso?

La visita doveva già esserci ed era stata rinviata dopo il caso del “pallone” cinese. È anche vero che quando si parla di decoupling è impossibile per Ue, Europa e Cina che si tratti di un totale disaccoppiamento: le economia cinese e occidentali sono intrecciatissime in quasi tutti i campi. Compresa quella americana. Bisogna convivere. Con relazioni però che sul piano politico sono pessime. Quando gli americani parlano di decoupling totale, ma anche quando gli stessi cinesi dicono che sono in grado di fare da soli, in realtà fanno affermazioni “mitologiche”. Nessuna delle due economie è in grado di stare senza l’altra.

In cosa i cinesi hanno bisogno degli americani e, viceversa, gli Usa hanno bisogno della Cina?

I cinesi hanno bisogno degli americani perché, al di là dei semiconduttori e delle armi, importano tutta una serie di macchinari di cui hanno bisogno per far funzionare le loro aziende. E gli Stati Uniti rimangono il primo mercato per le aziende cinesi. Basta andare nei supermercati americani per vedere quanti prodotti sono made in China. Non collaboreranno sulle armi, ma sulle magliette, i giocattoli, i piccoli elettrodomestici, sì: è tutta roba cinese anche negli Usa.

Insomma, anche se ai minimi termini hanno bisogno di un accordo entrambi?

I macchinari usati dai cinesi per produrre merce che poi finisce a noi e agli americani sono acquistati da aziende Usa. Il decoupling c’è per le industrie strategiche, ma quello vero, totale, non ci sarà mai.

Almeno il fatto che Usa e Cina si incontrino è una cosa positiva?

È una presa d’atto realistica che una separazione totale delle economie non è possibile o lo è a costi altissimi che non convengono a nessuno.

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