Un accordo commerciale probabile, anche perché Elon Musk e le grandi imprese stanno spingendo in questo senso. Un accordo strategico auspicato da Trump, ma difficile da trovare se non ribaltando le storiche alleanze americane in Asia. E poi ci sono i diritti umani e la libertà religiosa, che non sono nei pensieri del presidente americano, ma di cui la sua amministrazione si dovrà occupare per non scontentare la base evangelica.
I rapporti USA-Cina, spiega Massimo Introvigne, sociologo fondatore del Cesnur e del sito Bitter Winter, sono a una svolta, in un momento di grandi cambiamenti della politica mondiale. Ma le decisioni devono essere ancora prese. Se americani e cinesi dovessero trovare un accordo sulla sovrapproduzione del Dragone, però, a patirne potrebbe essere l’Europa, sui mercati della quale la Cina orienterebbe ancora di più i suoi prodotti.
Trump ha detto che è possibile, per gli USA, raggiungere un accordo con la Cina per scongiurare dazi e ritorsioni commerciali, ma la soluzione del problema non c’è ancora. A che punto sono i rapporti tra i due Paesi?
La situazione mondiale cambia continuamente. Anche il segretario di Stato USA, Marco Rubio, che era dato per un falco non solo anticinese ma anche antirusso, ora sembra invece perfettamente allineato con le posizioni di Trump. Quanto ai rapporti Washington-Pechino, bisogna tenere conto del fattore Musk, che ha dei legami molto forti con la Cina. Anche amicali: sua mamma, per esempio, pubblica un blog in cinese seguitissimo.
Il legame di Musk con la Cina non riguarda solo gli affari?
Ha dei legami di vera amicizia con il mondo che ruota intorno a Xi Jinping, con un rapporto che poi comprende dei do ut des: sulla stampa cinese è apparsa la notizia che è stata bloccata la licenza di Musk per le automobili elettriche autoguidanti, probabilmente un elemento di pressione sull’imprenditore americano perché continui la sua *moral suasion* su Trump per arrivare a un accordo con la Cina.
I contatti in corso autorizzano a pensare che un’intesa tra i due colossi mondiali sia possibile?
In questi giorni la presidenza di turno del Consiglio di sicurezza dell’ONU è affidata alla Cina, quindi il ministro degli Esteri, Wang Yi, è negli Stati Uniti: ha avuto una riunione a New York con una serie di uomini d’affari americani di primo piano, tra cui il capo di Goldman Sachs. Diciamo che c’è un’offensiva sul mondo degli affari americano per fare in modo che Trump non dia seguito alle sue minacce tariffarie, anche se il presidente USA ha dei cattivi ricordi riguardo al suo primo mandato.
Cosa era successo allora?
Strinse degli accordi con la Cina che avrebbero dovuto portare a un riequilibrio della bilancia commerciale, ma poi Pechino non rispettò questi accordi: lo sbilanciamento a favore delle esportazioni cinesi rispetto alle importazioni è sempre peggiorato.
Ma Trump ha in mente solo di riequilibrare i rapporti commerciali?
C’è un problema di più ampia portata, che è quello di un miglioramento delle relazioni strategiche con la Cina. Ma anche qui Trump è imprevedibile e le intenzioni sono molto vaghe: parla molto poco di Taiwan, mentre sostiene di voler riprendere con i cinesi i negoziati per la riduzione delle armi nucleari. Tra l’altro con l’idea di Musk (non è uno scherzo, lo ha detto davvero) di utilizzarle per bombardare Marte per renderlo abitabile dopo un congruo numero di anni, necessari perché venga meno il rischio delle radiazioni nucleari.
Che conseguenze avrebbe un’intesa con Xi Jinping sull’Indo-Pacifico?
L’idea di un appeasement strategico di cui ogni tanto Trump parla, peraltro senza mai citare Taiwan, sicuramente preoccupa molto i vicini della Cina, soprattutto il Giappone e le Filippine, che hanno dei problemi territoriali. E anche un po’ l’India. Non si capisce, però, come sia possibile un’intesa senza affrontare la questione di Taiwan. La situazione, tuttavia, è in rapida evoluzione: con l’amministrazione Biden l’Ucraina era una pietra d’inciampo, ora invece su questo tema Cina e Trump hanno posizioni più o meno analoghe.
La guerra dei dazi, comunque, non è stata ancora dichiarata: Trump ha imposto un 10% in più sui prodotti cinesi, Pechino ha risposto con una percentuale simile su gas, carbone e altro. Scoppierà mai?
Si tratta di piccole cose, non è certo la guerra commerciale che Trump prometteva in campagna elettorale. Credo che l’accordo commerciale con la Cina sia fattibile e la cerchia di uomini d’affari più vicina a Trump lo sostenga fortemente. Per quanto riguarda la partnership strategica, mi sembra una cosa più complicata, anche perché vorrebbe dire che anche in Asia ci dovrebbe essere un ribaltamento di alleanze simile a quello che si sta delineando in Europa. Ma questo isolerebbe gli Stati Uniti, che, per fare degli appeasement con Russia e Cina, si allontanerebbero dai loro alleati tradizionali.
Eventuali nuovi rapporti USA-Cina che effetto potrebbero avere sull’Europa?
Come ha detto Draghi, un miglioramento delle relazioni commerciali tra Stati Uniti e Cina non sarebbe positivo per l’Europa: la diminuzione della pressione degli Stati Uniti, che sanzionavano con dazi e altre misure la sovrapproduzione in Cina, potrebbe orientare questa sovrapproduzione in Europa. L’UE dovrà decidere se, indipendentemente dagli Stati Uniti, intende reagire o lasciare che la Cina continui a invadere i nostri mercati.
Nei colloqui a vari livelli che si stanno tenendo fra americani e cinesi si è parlato anche di immigrazione e di fentanyl, la droga che dalla Cina invade il mercato statunitense. Solo temi di contorno?
Quello del fentanyl è un tema che continua a interessare gli USA, anche se è difficile capire quanto si tratti di attività della criminalità cinese o di attività che occultamente il governo cinese favorisce. Ci sono problemi analoghi anche in Europa e in Italia, con attività illegali i cui fili portano in Cina, che ogni tanto scopre la nostra Guardia di finanza. Sono vecchi dossier su cui credo che la pressione americana non cambierà passando da Biden a Trump. Personalmente sono più curioso di vedere che cosa succede nel campo dei diritti umani, della libertà religiosa e degli uiguri.
Non sembra che Trump stia manifestando un interesse per questo tema. Lo lascerà in disparte?
Gli uiguri (l’etnia di religione islamica che vive in Cina, nda) sono molto preoccupati, perché nella squadra di collaboratori di Rubio ci sarebbe, secondo loro, almeno un soggetto legato alla Cina e che ha espresso posizioni contro di loro. Rubio, comunque, era un grande campione dei diritti umani e della libertà religiosa in Cina. Sono curioso di vedere se, in questo quadro, continuerà la denuncia delle violazioni dei diritti umani e la vicinanza, oltre che agli uiguri, agli attivisti per la democrazia di Hong Kong, al Tibet e a chi patisce violazioni della libertà religiosa.
Perché Trump dovrebbe occuparsi di questo dossier, mentre appare impegnato in altre questioni che sembrano stargli più a cuore?
In campagna elettorale, soprattutto negli incontri con gli evangelici, Trump ha parlato parecchio di libertà religiosa. E nel consiglio di advisors spirituali che ha costituito ci sono esponenti evangelici che possiamo considerare magari discutibili per altri versi, per la loro teologia sovranista, ma ai quali il tema della libertà religiosa in Cina sta sicuramente a cuore. Trump dovrà tenere conto di questo elettorato, anche perché gli Stati Uniti sono sempre sotto qualche elezione e quelle di midterm sono solo tra due anni.
(Paolo Rossetti)
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